In questo, purtroppo, maledetto periodo di Co-vid, ci siamo “ingozzati” di libri, film, serie tv di qualsiasi genere, svariate app di intrattenimento, partite storiche di qualsiasi sport ecc. Ognuno, a modo suo, cercava di farsi emozionare da qualcosa che lo tenesse occupato. Alzi la mano chi, come me, cresciuto a pane e calciatori anni ‘90/prima metà anni 2000, non ha sentito battere forte il cuore quando si sintonizzava su Instagram o guardava su YouTube le dirette di “Casa Vieri” o quelle con Fabio Cannavaro, in collegamento con i vari calciatori che hanno giocato in quegli anni. Essere partecipi in prima linea insieme a loro, credo fermamente che abbia suscitato a quelli della nostra generazione emozioni indescrivibili. Ripensare a come li abbiamo idolatrati, osannati, criticati, imprecati ecc. e poi vederli raccontare tra loro annedoti mai svelati fino ad ora o ripercorrendo tappe delle loro carriere, con una semplicità e una naturalezza incredibile e anche inaspettata a noi “comuni mortali”, beh credo che ora abbiamo capito perché il calcio di quegli anni resterà sempre il migliore di tutti i tempi. Altro che interviste preimpostate, basate su classiche domande, di cui sapevamo già le risposte praticamente. Alla faccia dei giornalisti e delle testate giornalistiche, che avrebbero pagato oro per strappare una mezza dichiarazione fuori dalle righe. Vedere il 46enne Bobo nazionale che indossando semplici t-shirt da casalingo, sistematicamente davanti al pc continuava a togliersi e mettersi gli occhiali, bere dalla sua bottiglia di acqua o sorseggiando una tisana, raccontarsi e facendo raccontare a ruota libera i suoi ex compagni-amici di un tempo tra un mare di risate e una complicità da far invidia, non ha prezzo. E il bello è che si possono rivederle ogni volta che si vuole. In queste dirette è tornato prepotentemente alla ribalta il buon Nicola Ventola, finito troppo presto nel dimenticatoio, nonostante era considerato una promessa del calcio fine anni 90. Gli infortuni lo hanno martoriato per gran parte della carriera, ma grazie al suo amico Bobo, ha mostrato in queste serate una simpatia travolgente di cui tanti di noi non erano al corrente.
Nei loro dialoghi venivano sistematicamente rispolverati annedoti su Taribo West, di cui ancora oggi nessuno conosce l’età. Sicuramente noi, figli degli anni ‘90, abbiamo tutti impresso in testa l’inequivocabile gesto “malandrino” del difensore marocchino Rachid Neqrouz, che fece nei confronti di Pippo Inzaghi in quel Bari-Juventus dell’Ottobre 1997. E allora cosa c'è di più bello di una sana chiacchierata tra i due grandi amici, Pippo e Bobo appunto, per svelare le emozioni che ha suscitato in Pippo durante quel match. A loro piace anche ricordare l’inferno che hanno vissuto in serie B e C, agli albori delle loro carriere, con difensori che urlavano nelle orecchie o che li maltrattavano in qualsiasi modo. E giù risate. La simpatia e le risate di Vieri, così naturali, grasse e spontanee, fanno bene al cuore. E ti inducono a ridere in automatico senza neanche sforzarsi. Poi quando vedi che tra loro parlano con naturalezza, inevitabilmente il pensiero dello spettatore ritorna indietro nel tempo a quando questi campioni si affrontavano a viso aperto in campo e magari se ne dicevano di tutti i colori. Come per esempio la diretta tra Totti e Del Piero, con il Pupone che spiega a Pinturicchio il famoso gesto delle quattro dita e a casa. Il tutto condito da una sana stima reciproca solidificata negli anni e un rispetto indissolubile tra loro. Vieri che parla con Hernan Crespo, altro grandissimo centravanti di quegli anni e pensi alla grande accoppiata che hanno formato nell’Inter.
Io, per esempio, da juventino, quando vedo l’attaccante argentino dovrei odiarlo, perché contro i bianconeri ha sempre segnato valanghe di gol. Invece, nonostante siano passati parecchi anni, nutro un grandissimo rispetto per questo bomber, perché ha saputo emozionare come pochi con i suoi tantissimi gol di ogni genere. Poi vedi la diretta con Paolo Maldini, e resti allibito davanti alla sua disarmante umiltà quando dice che è il “giocatore più perdente della storia” snocciolando tutte le finali perse, invece di vantarsi di tutti i trofei che ha vinto. Capisci che la parola “campione” (in tutti i sensi) non può essere attribuita a chiunque. Anche Fabio Cannavaro, in diretta dalla Cina, ha saputo far emozionare noi calciofili di fine millennio con i suoi collegamenti. Mi piace ricordarne tre. Il primo, quello con Marcello Lippi, il ct Campione del Mondo 2006. Vedere il mister viareggino che si racconta e svela annedoti mai sentiti prima con semplicità come se stesse parlando con un vecchio amico senza che ci siano telecamere, ha suscitato, almeno in me, piacevolissime sensazioni. Il secondo collegamento che mi ha emozionato è stato quello con Alessandro Nesta. Ragazzi, che coppia di difensori che avevamo! Dovevamo vincere tutto con loro due in difesa. Tutti gli Europei e i Mondiali erano alla nostra portata. Li senti parlare tra loro e percepisci un misto di malinconia e rimpianto perché ti rendi conto che appartenevano a una generazione difficile da ritrovare nel calcio di oggi.
Il terzo, ma non meno importante collegamento, è più soft, ma che ha suscitato in me risate da lacrime agli occhi. Ecco apparire il buon Tino Asprilla. Quando pensi a lui, la prima cosa che viene in mente è la capriola. Questo colombiano che al suo primo anno in serie A, 1992-93, ad ogni gol si capovolgeva con una leggerezza incredibile. I suoi memorabili aneddoti su quando se la svignava dai ritiri per fare festini con ragazze o mentre a tavola faceva scherzi ai compagni sotto il truce sguardo di Alberto Malesani, il tutto condito da una risata contagiosa mentre si racconta con Cannavaro, ti farebbe stare ore davanti allo schermo. I collegamenti fatti tra queste leggende del calcio sono stati tanti, è vero, anche se sarebbe stato bello averne avuti ancora altri da gustare. Penso a Roby Baggio, un mito assoluto, che però non è proprio un social-man. Penso a Luca Vialli, il bomber del primo scudetto lippiano. Penso a Van Basten, leggenda, il cui ritiro a soli 31 anni è ancora considerato uno dei più grandi “lutti calcistici” di tutti i tempi. Ce ne sarebbero a iosa. Fosse per me intervisterei anche tutte le riserve di quegli anni, perché comunque facevano parte di quel grande spettacolo e hanno saputo anche magari per pochi anni o pochi minuti farsi apprezzare e ricordare.
Ma come si suol dire, chi si accontenta gode, e io ho goduto. Grazie ragazzi!