Derox, ti ho visto un po’ giù questa settimana. Ti va se andiamo fuori a cena?” “Va bene mister”. Tra bicchieri di Lambrusco, affettati (coppa sopratutto) e gnocco fritto, la serata è passata piacevolissima. Mi raccontava, ti lasciava parlare, scherzava, dava consigli. Abbiamo parlato per il 10% di calcio e il restante 90% di altri svariati argomenti. Mi sono sentito come un figlio che doveva sfogarsi con il proprio padre. Me l’avevano descritto esattamente come l’ho vissuto io. Una persona a modo. In campo non urla, sembra quasi che non ci sia. Ma ognuno di noi, in squadra, sa che lui in quel momento capisce cosa stai provando. SA TRASMETTERTI SERENITA’ IN PARTITA E NEGLI ALLENAMENTI. Il suo modulo di gioco mi piace. Le sue squadre non sono caterpillar o una catena di montaggio che deve imparare il meccanismo perfetto. Predilige un gioco sugli esterni, ma anche al centro sa come far rendere la sua squadra. Mi ha spiegato dell’intuizione che ha avuto nel spostare Pirlo come play. Un genio assoluto, anzi due. Lui, Carletto Ancelotti in panchina, e Andrea in campo. Grazie di tutto, mister. Ma ora vorrei fare esperienza. Sento di aver bisogno di qualcosa di più “strong”.

Ed eccomi qua. Il tecnico leccese in centro e noi compagni in cerchio. Le parole chiave del suo primo discorso che mi sono entrate in testa come aghi sono LAVORO e SACRIFICIO.
In allenamento volevo tirare un attimo il fiato e mi ha fulminato con lo sguardo dall’altra parte del campo. Fisicamente ci “distruggeva”. Però, ragazzi, in partita volavi che era un piacere. Giocavamo in undici, ed è solo perché è obbligato a vestirsi in giacca e cravatta, sennò è come averlo in campo. Non smette di incitare, di richiamare, di martellare. Quando si dice “essere tra l’incudine e il martello”. Conte è il martello e tu sei l’incudine. Batte continuamente, forte e chiaro. Ma i concetti e le motivazioni che mi ha trasmesso si sono ben radicate nella mia testa. Non guarda in faccia nessuno. Corri, stai zitto, ti dai da fare? Giochi. Altrimenti quella è la porta. O cambi squadra. I cali di concentrazione gli fanno venire i brividi alti così.
Negli spogliatoi i muri ancora tremavano tra primo e secondo tempo. Capisce perfettamente le situazioni in partita. D’altronde con lui si visionava una miriade di dvd. Sapevi tutto degli avversari. Non lascia nulla, ma proprio nulla al caso.

Dopo un anno con lui mi sento una macchina da guerra. Grazie mister, ma vorrei tornare a divertirmi di più. Sotto gli ordini di Maurizio Sarri, capisci subito che ci sarà da divertirsi. Come sa farti giocare lui è un piacere. Qualsiasi ruolo tu faccia, sarai sempre partecipe del gioco. Devi CORRERE, PRESSARE e IMPORRE il proprio gioco. Se sei un attaccante o un falso nueve, il cartellino in partita lo timbrerai sempre. Come faceva lui quando lavorava in banca. Se tutti i palloni che ho toccato in partita fossero soldi, sarei dieci volte più miliardario di zio Paperone. E’ ossessionato dal POSSESSO PALLA. Il suo gioco (in verticale) è come una poesia di Leopardi. La impari a memoria e non te la dimentichi più. Uno, due tocchi. Al terzo si infuriava e imprecava da buon toscanaccio. E allora via, a sfogarsi con le sue immancabili sigarette. “Mister me ne da una?” “Si, ma se non mi fai doppietta domenica te le scordi fino a fine campionato”.

Sono come un menù di ristorante. Carletto Ancelotti è l’antipasto, dal gusto piacevole che comincia a prendere confidenza con l’appetito. Quando la fame entra a pieno ritmo ecco che il primo e il secondo piatto si possono associare ad Antonio Conte. Sostanziosi e stomaco che si riempie. Infine un buon dolce è come il gioco di Maurizio Sarri, da gustare con estremo piacere.

Questi tre allenatori, che fantasiosamente ho avuto, hanno caratteristiche che, se sommate tutte insieme, risultano importanti per far si che un giocatore possa rendere al massimo dalla testa ai piedi.