Notti magicheee... inseguendo un goool,
sotto il cielo di un’estate italianaaa…”
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Ma quanto bella era, ed è ancora, questa canzone cantata da Gianna Nannini ed Edoardo Bennato?! Penso che chiunque, dal tifoso più appassionato, a quello che considera il Calcio solo come un elemento chimico, l’abbia sentita e apprezzata almeno una volta nella vita.
Figuriamoci poi in quella calda estate 1990.
L’estate dei Mondiali in Italia. Un evento unico, travolgente e che nel bene o nel male ha regalato emozioni fortissime. Vorrei averle vissute anch’io all’epoca, ma avevo solo 5 anni e purtroppo, lo dico a malincuore, non ricordo nulla di tutto ciò.
Ricordo a malapena mio papà che esultava come se avesse fatto gol in quei momenti, ma di immagini nitide neanche l’ombra. Eppure negli anni successivi, prima con le VHS in compagnia degli amici e poi con i vari filmati su You Tube, ho fatto incetta di tutto quello che non ho potuto assaporare in diretta in quel mese estivo. Solo a vedere i grandi campioni che all’epoca calcavano i mastodontici stadi nuovi o perfettamente ristrutturati, fa venire la pelle d’oca.
E anche se la nazionale italiana non ha trionfato, ancora oggi il ricordo di quei calciatori è sempre bello nitido nella mente di chi ha vissuto in pieno quei momenti e anche per chi, come me, li abbia “scoperti” qualche anno dopo.
Al contrario dei calciatori di quest’epoca (e non me ne vogliano le nuove generazioni di tifosi), secondo me fra venti o trent’anni il ricordo non sarà cosi indelebile. Chi invece potrà mai dimenticare i vari Maldini, Baresi, Donadoni, Ferri, Giannini, Vialli e tutta quella rosa, ma sopratutto Walter Zenga, Roberto Baggio e Salvatore Schillaci. Il primo, purtroppo, protagonista sfortunato in quella maledetta Semifinale contro l’Argentina. Neanche un gol subìto fino a quel momento del torneo e poi… “puf”, il salto nel vuoto e la lunga chioma bionda di Caniggia che lo “crocefigge” in mondovisione con quella spizzata di testa, con la palla che inesorabilmente e lentamente finisce in rete. Se Walterone avesse poi parato almeno uno dei rigori e fossimo andati in finale, come per magia quella sciagurata uscita sarebbe stata dimenticata in un batter d’occhio. Il secondo, Roby Baggio, aveva già fatto vedere da due-tre anni doti non comuni in Italia. Era il fuoriclasse che stava nascendo, il vero n.10 che tutti aspettavano.
 Mancava la ciliegina sulla torta per consacrarsi definitivamente a livello mondiale. Quest’onere è toccato alla Cecoslovacchia, che al minuto 78' del 19 giugno 1990, fece ammirare al mondo il grande talento di questo ragazzo vicentino, subendo una serpentina partita da centrocampo con tanto di finte, controfinte e conclusione perfetta in rete. Il primo gol di Baggio ai Mondiali. Sicuramente il più bello e indimenticabile. Eppure la sua estate era iniziata nel peggiore dei modi, con il popolo fiorentino imbufalito nei suoi confronti (ma sopratutto nei confronti dei proprietari viola) per il traumatico passaggio alla odiata Juventus. Quel gol e quei momenti hanno fatto esultare tutti insieme appassionatamente tifosi viola e bianconeri, almeno fino all’inizio del campionato italiano 1990-91. Ma questa è un’altra storia.
E infine lui, l’eroe quasi per caso, il vero Re Mida di quella rassegna iridata. Tutti i palloni che Totò toccava si tramutavano in gol. Il brutto anatroccolo che diventa un bellissimo cigno. Lui, palermitano doc, cresciuto nel quartiere popolare Cep, che fino ad un anno prima giocava nel Messina in Serie B. La Juve lo acquista nell’estate 1989 e grazie ai suoi 15 gol in 30 presenze si guadagna giustamente il diritto a un posto (come riserva) nella nazionale ai Mondiali. Ma a Totò bastano 3 minuti per far capire a tutti che il vero talismano degli azzurri sarà lui.
Nella prima partita del girone entra al 75°minuto al posto del titolarissimo Carnevale e al 78° grazie ad un perfetto colpo di testa, sull’assist dell’altro titolarissimo Vialli, stende l’Austria. Da lì in poi i gol in totale saranno 6. Uno per ogni partita (tranne la seconda del girone contro gli Usa). Capocannoniere e miglior giocatore del torneo. Avremmo tutti voluto vederlo sollevare al cielo la Coppa, ma nonostante il terzo posto i suoi occhi “spiritati” dopo ogni esultanza resteranno per sempre scolpiti nella memoria di tutti i tifosi italiani e non.
Se i ragazzi di Azeglio Vicini, per un mese, hanno comunque fatto sognare un’intera nazione in quelle notti magiche, lo stesso non si può dire per Brasile e Olanda, due delle grandi favorite per vincere il titolo. La Selecao, dopo aver autorevolmente primeggiato nel girone, si dovettero scontrare agli Ottavi di finale contro i rivali storici dell’Argentina.
La sfida tra i due protagonisti del secondo scudetto napoletano, Careca vs Maradona, si concluse a favore del Pibe de Oro, che grazie ad un suo pregevole assist mise Caniggia (sì, sempre lui) a tu per tu con il portiere Taffarel, trafiggendolo a nove minuti dalla fine e gettando nella disperazione i moltissimi tifosi brasiliani che fino ad allora il Delle Alpi aveva sempre portato loro fortuna.
Quella sera, per le strade di Torino, la Samba cedette il passo al Tango. Lo stesso giorno, un paio di ore dopo, a 143 km di distanza si tenne un altro scontro a dir poco scoppiettante. A Milano, infatti, andò in scena il duello tra la Germania filo interista e l’Olanda filo milanista. Il trio teutonico Brehme-Klinsmann-Matthaus contro il trio dei tulipani Rijkaard-Gullit-Van Basten. Roba da stropicciarsi gli occhi. Erano il fiore all’occhiello del campionato italiano ed era come se fosse un remake del derby della Madonnina. Nessuno di loro voleva sfigurare in “casa propria”, ma il verdetto, per quello che si era visto fino a quel momento del torneo, fu onesto: Germania ai Quarti di finale, Olanda a casa.
Gli orange, freschi vincitori dell’Europeo due anni prima in casa proprio dei tedeschi, in questa rassegna passarono il girone per il rotto della cuffia, con 3 miseri pareggi contro Irlanda, Egitto e Inghilterra, con il due volte pallone d’oro Van Basten a quota zero reti. Decisamente un Mondiale da dimenticare.
La sfida si tinse di nerazzurro, in quanto i marcatori furono Brehme e Klinsmann, sempre puntualissimo all’appuntamento con il gol. Frank Rjikaard si rese invece protagonista di un episodio a dir poco anti-sportivo, in quanto per ben due volte sputò sui riccioli biondi del bomber della Roma Rudi Voeller. Il tedesco, nonostante non reagì a queste gravi provocazioni, venne comunque espulso insieme al rossonero olandese.
Chi sorprese in positivo in quegli Ottavi di finale furono senza dubbio i “leoni d’africa” del Camerun, che sconfissero i favoriti colombiani. Piccola parentesi: gli africani iniziarono il loro Mondiale con il botto (e che botto!) battendo nella partita inaugurale a San Siro nientepopodimeno che i campioni in carica dell’Argentina. Chiusa parentesi. Il sempreverde bomber trentottenne Roger Milla uccellò per ben due volte il portiere pazzoide Renè Higuita. Specialmente il secondo gol fu un vero e proprio harakiri del riccioluto numero uno dei cafeteros, la cui celebrità raggiunse l’apice 5 anni dopo con la sua memorabile parata nella mossa dello “scorpione”.

Nei Quarti di finale la sfida più appetitosa è stata senza dubbio Argentina-Jugoslavia. Due squadroni. L’Albiceleste, capitanata da Dieguito e reduce dalla vittoria ottenuta ai danni degli eterni rivali verdeoro, si è trovata ad affrontare una nazionale che da lì a qualche mese si sarebbe completamente disgregata geograficamente e sportivamente. La guerra dei Balcani, iniziata nella primavera 1991, avrebbe poi “distrutto” una squadra che in quegli anni era destinata a fare grandi cose. In quel mondiale, nonostante la partenza ad handicap patita nel primo match contro i tedeschi, raggranellò due successi consecutivi nel girone contro Colombia ed Emirati Arabi e battendo poi la Spagna negli Ottavi di finale grazie a due prodezze del talentuoso Dragan Stojkovic.
A Firenze, dopo una battaglia di 120 minuti terminata 0-0, con gli argentini graziati in più di una occasione, il sogno degli slavi venne infranto ai calci di rigori. Nonostante l’avesse sbagliato pure sua Maestà Maradona. Tanti applausi comunque a questi ragazzi, cui molti di loro approdarono poi nel campionato italiano. Basti pensare a Savicevic, Stojkovic, Boksic, Katanec, Pancev, Jarni.

E gli inglesi? I three lions, approdati ai Quarti di finale dopo una prodezza di David Platt contro il Belgio all’ultimo minuto supplementare, superarono non senza fatica il sorprendente Camerun, regalandosi la Semifinale contro gli acerrimi nemici della Germania. Al gol di Brehme al 60° su punizione, rispose il bomber Gary Lineker a dieci minuti dal termine, e nei supplementari solo i pali fermarono gli inglesi dalla vittoria. Ai rigori, invece, il destino voltò loro le spalle, premiando i tedeschi che non sbagliarono nessun penalty. Due cose rimarranno indelebili di quell’incontro: le lacrime del crazy Paul Gascoigne e la frase pronunciata dallo stesso Lineker che racchiuse in pieno lo stato d’animo e la frustrazione inglese: “il calcio è un gioco semplice: 22 uomini rincorrono un pallone per 90 minuti e alla fine la Germania vince”.

Si arriva così all’ultimo atto. La rivincita del Mondiale 1986 tra Argentina e Germania. Allo Stadio Olimpico di Roma, l’8 Luglio, andò in scena la più brutta e noiosa finale della storia dei campionati del Mondo finora disputati. Il clima attorno all’Argentina è infernale. Gli italiani, ancora feriti dalla Semifinale persa a Napoli ai rigori, si sono coalizzati per tifare Germania. L’inno nazionale argentino si riusciva a percepire a malapena, subissato da una vagonata di 80.000 persone che fischiavano. Ci ha pensato Maradona a rispondere “a tono” con il suo labiale “Hijos de puta” appositamente fattosi ripreso in mondovisione. L’unica vera emozione avvenne dopo 85 minuti di sbadigli, ovvero quando venne fischiato il discutibile calcio di rigore alla Germania, suscitando le ire dei calciatori sudamericani che accerchiarono con feroci proteste l’arbitro messicano Codesal. Brehme, ancora una volta decisivo, trasformò e la Coppa venne alzata da capitan Mattehus. La vendetta tedesca, a distanza di quattro anni è stata compiuta. Noi italiani, invece, dopo la delusione patita contro l’Argentina ai rigori, ci siamo “accontentati” del terzo posto battendo l’Inghilterra grazie ai gol del duo-meraviglia Baggio e Schillaci. A fine partita, per la foto di rito, sorrisi amari impressi sui volti di giocatori e tifosi per quello che poteva essere e non è stato.

In conclusione, questa rassegna ha permesso a milioni di tifosi di vedere si le partite di calcio nei nuovi stadi realizzati appositamente per l’occasione, come il gioiellino San Siro, l’elefantiaco Delle Alpi, l’astronave del San Nicola di Bari realizzata dall’architetto Renzo Piano ecc... ma è stata anche e sopratutto una splendida occasione per fare ammirare le città ospitanti del Belpaese a moltissima gente sia dal punto di vista culturale e gastronomico.
W l’Italia!