Era scoccato il 1° minuto della partita e Reijnders era stato lanciato a rete sul filo del fuorigioco. Un avambraccio galeotto aveva toccato la schiena del giocatore rossonero, un'astuzia da mestieranti, facendogli perdere l'equilibrio. Cadendo, Reijnders era stato colpito dalla palla spiovente, a dimostrazione che il lancio era preciso e lo avrebbe messo solo davanti al portiere. Sacchi non fischiava e andava bene così, perché per mettere una squadra in 10 uomini contro 11 al 2° minuto ci deve essere qualcosa di davvero clamoroso e grave.

Intorno al quarto d'ora della ripresa, tuttavia, il saggio signor Sacchi, diventava re Etelredo lo sconsigliato. Il bianconero Ebuese, infatti, era fra 3 milanisti di cui uno era Adli. Un po' ingenuo, forse, il francese allungava leggermente troppo la gamba toccando solo aria. Ebuese faceva il classico satello in avanti, innaturale per chi viene sgambettato, ma naturalissimo per chi si tuffa. Nessuno chiedeva nulla e lo stesso Sacchi non fischiava. Dopo alcuni, secondi, però, ci ripensava e assegnava il rigore? Perché? Così, tanto per ammazzare la noia di una partita non bella e senza gol?
Forse tutto è derivato dal fatto che la caduta di Reijnders era avvenuta al 2° minuto del match, mentre la caduta di Ebuese è avvenuta dopo un'ora quando licet insanire. Il malcapitato di turno, quindi, è incappato nei classici 5 minuti del fesso. L'espressione indica il momento in cui un innocente viene condannato dal giudice come Pinocchio, proprio per la colpa di... essere innocente. Ok, è capitato al Milan, subire una decisione indecente che, per la sua dinamica, ha reso indecente un intero arbitraggio, peraltro già di livello modesto anche escludendo il rigore.
L'Udinese ha fatto quello che avrebbero fatto gli stessi rossoneri se avessero avuto quel penalty al loro favore ovvero ha preso il maltolto e se lo è portato a casa. 

I discorsi sull'arbitraggio, comunque, devono fermarsi qui. Solo una società che si rispetti, infatti, guadagna rispetto. Il Milan, in realtà, è diventata un'organizzazione retta dai proverbiali dilettanti allo sbaraglio, simili a quelli che si cimentavano a La Corrida, prima in radio e poi in TV. E bisogna dirla senza che nessuno si senta offeso, perché non essere all'altezza in un certo campo, non significa non essere persone perbene né grandi dirigenti in altri campi... in altri campi.

L'Udinese era in piena lotta retrocessione e non aveva mai vinto. A San Siro ha svolto il compitino con il suo 5-3-2 in fase difensiva, che diventava un 4-4-2/4-3-3 in fase di attacco, con 5 uomini che pressavano sulla costruzione dal basso dei rossoneri. Tanto gli era bastato per tenere comunque la partita sullo 0-0 fino al quarto d'ora del secondo tempo. Non c'è bisogno di dire di più sugli avversari.
Alla fine, al netto del rigore, le statistiche pongono le squadre su un piano di tendenziale equilibrio. l'Udinese può dire di aver mancato 2 rigori in movimento, con Pereyra nel p.t. e l'altro con Success all'inizio della ripresa. Può dire anche di aver costretto Maignan agli straordinari nella ripresa su un colpo di testa angolato basso. Il Milan, invece, può vantare 3 rigori in movimento falliti. Florenzi, infatti, si è girato benissimo in area alla fine dei primi 45', ma l'età gli ha tolto la reattività per concludere a botta certa. Nel secondo tempo Reijnders ha svirgolato uno scavetto facile facile sul portiere in uscita, mentre il subentrato Okafor, a uno sputo dalla linea di porta, si è incartato come se aspettasse che Silvestri raccogliesse la palla e la depositasse oltre la linea. Nel recupero, lo stesso Silvestri salvava il risultato con due parate all'incrocio, ma era un merito dell'Udinese averlo in squadra, come era stato merito del Milan avere Maignan poco prima.

Rileggete bene e vedrete che sembra la descrizione di un match fra squadre di valore paragonabile, in cui una delle due si procura qualcosa in più perché il pubblico di casa lo spinge e, nel finale, la squadra in vantaggio si chiude. Tutto bellissimo, se non fosse stato che l'Udinese era in piena lotta retrocessione e non aveva mai vinto. E nonostante tutto l'ha messa su un piano di equilibrio a San Siro in cui tutto poteva succedere e un fischio arbitrale errato poteva diventare decisivo. Non doveva accadere per nessuna ragione al mondo

Il fatto è che il Milan, dal punto di vista tattico, non segue più nessuna logica, per cui, se prima aveva un gioco, ora non riesce più a fare neppure quello.
Non è stato illogico schierare Jovic, anche se in pessime condizioni, ma fargli fare il ruolo di Giroud.
In questa maniera, oltre ad avere Jovic che non rendeva, i rossoneri hanno annullato per un tempo il centravanti francese.
Se prima Pioli aveva l'idea fissa di tenere due centrocampisti o attaccanti larghi, ieri attaccava solo con massicce incursioni dalla fasce. Ok, andavano a riempire l'area anche i massaggiatori, ma con almeno 10 udinesi che difendevano. Alla fine, i cross dalla destra, regolarmente dalla trequarti, e quelli di Leao dalla mancina, spesso dal fondo, finivano in regalo alla difesa friulana. Questa strategia monocorde, ormai prevedibile, dava il tempo ai friulani di marcare chiunque. L'ingresso di Romero, peraltro ossessivamente sulla fascia, non faceva che aggravare le conseguenze di questo onanismo calcistico.
Dopo Milan-Psg chiedi provocatoriamente quale fosse il ruolo di Krunic, ma non per criticare il bosniaco. Il problema è che, chiunque giochi vertice basso, compreso Adli, finisce per ritrovarsi scollato da Musah e Reijnders. Perché i tecnici avversari sanno come creare gabbie sul passaggio che, di fatto, rendono proprio il centrale basso un'unità assediata e facilmente isolabile.
Krunic, peraltro, dopo un brutto inizio, stava facendo un bel finale di prima fase, ma poi è uscito per acciacchi (e non perché ammonito, come si pensava a caldo). Adli ha poi seguito il percorso contrario, iniziando bene, ma andando nel pallone dopo il rigore. Il penalty è stato un furto, ma il ragazzo lo ha somatizzato al punto da aver paura di intervanire. Ogni volta che gli avversari andavano, li inseguiva come un fantasma che teme di toccare una statuetta di Capodimonte e framtumarla.

Nel finale, negli ultimi 10 minuti più recupero, il Milan ha messo lì gli avversari, ma solo perché gli avversari... si sono messi lì. L'occasione di Okafor e le parate all'incrocio di Silvestri sono dovute a quello.
Del resto, ed è forse la cosa più grave anche rispetto a Milan-Juventus, i rossoneri sembrano fare fatica ad accelerare, come se non avessero più brillantezza nei muscoli.
Dopo il derby, avevo avanzato il sospetto che Pioli avesse fatto partite i suoi veloci per creare entusiasmo, ma il filotto di risultati successivo, mi aveva portato a sospendere il giudizio. Una certa attenzione, unitamente alla caratura non eccelsa di alcuni avversari e il rendimento di altri, avevano convinto il sottoscritto a sospendere il giudizio. Ieri, la precarietà della condizione fisica è apparsa lampante. Per non parlare dell'ennesimo giro di problemi fisici, che ormai fa segnare numeri scandalosi.

L'analisi, però, non si conclude con un "Pioli vattinnnnnn!", per usare un'espressione tipica di Barletta. Le colpe di Pioli rimandano alla società che, come abbiano detto, è retta da dilettanti (calcisticamente parlando) allo sbaraglio.

Maldini aveva fatto molti errori, ma aveva fatto anche esperienza e aveva un progetto di continuità, almeno per quel che riguardava i giocatori. Pioli aveva fatto il suo tempo e si doveva cambiare per tessere l'abito ripartendo con un nuovo sarto. Proprietà e società, in realtà, avevano un'idea fissa ovvero mandare via l'ex-capitano, tenendo Pioli per continuità. Forse pensavano davvero che il tecnico di Parma fosse un mago a lungo incompreso, che non crea problemi ma cerca soluzioni (è una delle amenità che sono circolate in estate...). Magari, da veri dilettanti (del calcio, ovviamente) allo sbaraglio, pensavano che un allenatore vale l'altro e, visto che Pioli era a libro paga con metà dei tifosi a favore, ci si poteva contare. Hanno preso la seta nuova che, tuttavia, è stata data al sarto vecchio. L'errore iniziale è stato poi reiterato dopo ogni crollo, confermando sempre questo signore che, ora, sta seguendo le orme di gennaio, quando perse una serie di obiettivi importanti.
E' una società di dilettanti (calcisticamente parlando) allo sbaraglio, una società indecente e che merita arbitraggi indecenti. Perché se Scaroni dichiara pubblicamente che al Milan non interessa vincere lo Scudetto, ma la qualificazione in Champions, con quale stato d'animo un arbitro può entrare in campo e dirigere una gara del Milan?
 Penserà "Tanto a questi, non gliene frega niente di quello che succede!". Sarà più preoccupato delle reazioni degli avversari che di quelle del Milan.

E poi non vi è sembrata una pagliacciata grottesca quella cena alla trattoria fuori porta fra tecnico e giocatori?
Cosa volevano dimostrare? Che il gruppo è compatto? Che è capace di cantare le osteria col tecnico? Il Milan non è una comitiva, ma una squadra professionisitca, composta da giocatori professionisti e allenata da un professionista. Stop! Che cosa mi rappresenta (per usare un'altra espressione pugliese) quella dichiarazione in conferenza stampa in cui Pioli dichiara di avere un gruppo meraviglioso che gli ricorda quello dello Scudetto? Quel gruppo aveva Maldini che girava a Milanello.

Ora, come ho scritto in occasione delle débacle precedenti, nella prossima partita si potrà anche fare risultato. Forse Luìs Enrique e i suoi sottovaluteranno i rossoneri. Forse il Milan vincerà. Forse pareggerà, ma Newcastle e Borussia pareggeranno a loro volta rimandando ogni cosa. Tutto potrà accadere, ma non vorrà dire niente. 
Una serie di 4 risultati negativi, gentlemen, è già un mini-gennaio 2023. Può interrompersi qui, ma c'è stato e, quindi, si ripeterà. A ogni passaggio si perderà qualcosa fino a perdere tutto.

Ma i dilettanti allo sbaraglio avranno dato l'ennesimo calcio al barattolo già per il vicolo. In attesa di trovarsi davanti il muro.