Il Gup Marco Picco ha deciso di rinviare il processo, o meglio la prima udienza, al 10 maggio prossimo. Ci sono molti fatti da valutare, come la richiesta di portare la sede del dibattito a Milano o Roma, sedi più indicate per il dibattito, secondo i legali della Juventus. Inoltre ci sono anche le richieste dei piccoli azionisti per potersi avvalere della costituzione di parte civile per ottenere il rimborso dei danni subiti in questa situazione, nella quale il titolo azionario ha subito molte ricadute. 

Quindi la partita si allunga nei tempi, con l'impressione per alcuni che si dilateranno ancora di più, stante la lungaggine dei processi in Italia, e non solo. Già qualcuno mugugna, perché pensava che sarebbero arrivate indicazioni utili per il processo sportivo, che sembra molto legato alle vicende di quello ordinario. Sappiamo che il 19 aprile prossimo si avrà l'udienza presso il Collegio di Garanzia del Coni, con incognite annesse. Ma se il processo sportivo pone le sue basi sull'andamento di quello ordinario, rischia di dilatare  i suoi  tempi, con il rischio che questo campionato arrivi alla fine senza una classifica certa e con eventuali strascichi di ogni tipo. 

Ma la fretta di giudicare della "Giustizia Sportiva" si è scontrata con le esigenze di un calcio più moderno, dotato di strumenti legislativi nuovi, impensabili al tempo di Calciopoli. Le società sportive professionistiche sono aziende a tutti gli effetti e muovono miliardi di euro, quindi non possono sottostare solo alla potestà spesso iniqua di tribunali corporativi, dove non c'è da giudicare la squalifica di una o due giornate per un fallo di gioco, ma l'esistenza stessa della società, con annesso futuro per mercati e maestranze, non dimenticando che vi lavorano dei professionisti, con lauti stipendi ed esigenze tutelari non di poco conto. 

Pensare che bastasse una penalizzazione di quindici punti comminata molto superficialmente per fare vedere che un tribunale esiste, e che persegue obiettivi finora poco chiari, e di natura clientelare, è stato un comportamento del quale molti dovranno rendere conto. C'è poi da considerare che questo processo comincia a perdere pezzi importanti del suo "corpo" investigativo; le fughe di Santoriello oggi e di Sandulli qualche tempo prima vogliono forse fare comprendere che se qualcuno pensava di "vincere facile", ora ne ha meno certezza. 

Sandulli, membro del tribunale sportivo del Coni, aveva espresso opinioni personali poco edificanti e troppo di parte per non dovere fare un passo indietro. Ma almeno lui lo ha fatto immediatamente, senza dovere aspettare che altri glielo chiedessero. Diverso il passo fatto da Santoriello, PM dell'indagine Prisma, e pare il maggiore protagonista dell'impulso a procedere contro la Juventus. Dopo tutto quello che aveva detto con annesso odio e rammarico di non avere in passato potuto procedere contro chi definiva che "arrubava", lo avrebbero dovuto obbligare all'atto dovuto qualche tempo prima. E l'abbandonare la nave ora che tutto può cominciare è una resa e un lasciare la "patata" bollente nelle mani dei suoi colleghi Bendoni e Gianoglio.
Ed ora si dovrà vedere che cosa faranno i due PM rimasti: avranno la voglia e l'impeto di Santoriello? Oppure accomoderanno l'uscita da questa assurda vicenda, ridimensionando il lavoro del collega, ma soprattutto certificando che tutta la vicenda in realtà è tutta una montatura mal riuscita? E la FIGC, non presentandosi al processo come parte lesa, ha forse voluto mandare un messaggio all'altra corte federale? Perché non è detto che la vicenda, nata per fare il pelo ed il contropelo alla Juventus, non si tramuti in un bagno di sangue per Gravina e compagni.
E allora se vorranno evitare risarcimenti milionari, dovranno mandare via molti soggetti che oggi inquinano la federazione con amicizie sospette ed intrighi poco chiari. E tra coloro che potranno richiedere risarcimenti ci sono anche i piccoli azionisti, che vogliono vederci chiaro e capire chi ha la colpa di avere danneggiato la corsa del titolo azionario, con voci e indagini che sembrano poco chiare e di opaca certezza del diritto. 

Il campionato sta rapidamente volgendo alla sua conclusione, e l'incertezza creata da quel "pazzo" meno quindici potrebbe diventare un boomerang per chi pensava di avere fatto qualche piacere a qualcuno.
Il Napoli ha quasi sicuramente (il quasi è un regalo ai partenopei, per scaramanzia) vinto il campionato, ma così rimane comunque una macchia, perché quest'anno la Juventus, senza la penalizzazione dei quindici punti, i due rubati dal VAR con la Salernitana e ci mettiamo un indotto negativo di altri dieci punti, creati dalla situazione di difficoltà nata dalla vicenda, potrebbe oggi essere a stretto contatto del Napoli. Se non a pari punti! In ogni caso, questo campionato è stato falsato, danneggiando anche le altre squadre in corsa per l'Europa, che ancora oggi non sanno su cosa possono competere e meno ancora avviare la programmazione degli acquisti futuri! 

E leggo di articoli di giornalisti che si lamentano della lentezza dei processi ordinari, come se anche qui ci fosse il metodo napoletano. "facimmo 'mpressa", facciamo presto. Ma il presto e raffazzonato non distingue un paese che basa sul diritto e la certezza della pena la sua coesistenza sociale. Quello che la Costituzione sancisce, vale per ogni soggetto giuridico, sia ordinario che corporativo, e la violazione dei minimi diritti garantiti ad ogni imputato, è un fatto non concesso a nessuno che si metta nei panni di giudice, sia pure per una sanzione stradale. E qui, se guardiamo bene, di fatti gravi di legge, non se ne intravedono. Forse all'inizio qualcuno pensava di pescare bene nel torbido, ma alla fine si ritrova con la classica scarpa vecchia, senza alcuna prova certa e nemmeno plausibile. 

Persino l'Agenzia delle Entrate non ha preteso di presentarsi al processo, e questo vuol dire due cose.
La prima, che non appaiono violazioni fiscali, semmai maggiori tributi pagati.
Secondo che rischierebbe una brutta figura, in quanto non si capisce dove la Juventus abbia frodato il fisco, anzi, si troverebbe unica nel suo genere ad essere condannata non per evasione fiscale, ma per  troppi versamenti all'erario. E in un paese dove l'evasione fiscale è uno sport che ha più praticanti del calcio, sarebbe un paradosso esagerato!
In questo paese sappiamo come finiscono i processi. Abbiamo assistito a Presidenti di Consiglio farsi le leggi ad personam, e tutti contenti. Un Parlamento pronto a giurare con la maggioranza dei suoi membri che una certa "signorina" era la nipote di un rispettabile capo di stato estero, seppure di nazionalità diversa. Pensate a quello che accade in Israele, dove una situazione analoga rischia di mettere il paese intero a fiamme e fuoco. Ed allora, perché invece di accanirsi su di una società come la Juventus, non cerchiamo gli evasori fiscali, e mettiamo dentro qualche politico corrotto, perché se un politico lo sorprendi a rubare è colpa del giudice, perché è "politicizzato", se invece fai un processo farsa alla Juventus, i giudici diventano eroi, seppure sembrino sì, proprio loro politicizzati, anzi "tifosizzati", e scusate il neologismo.

Alla fine, voglio dire la frase che non piace mai a nessuno: l'avevo detto! E sui miei blog precedenti avevo prospettato, persino nei momenti più pessimistici, che a mio avviso non c'era nulla. E le ultime vicende lo confermano. Sappiamo che per condannare un qualsiasi soggetto, ci deve essere una legge, ed il giudice deve obbedire alla legge, può interpretarla, ma sempre deve esistere. Qui abbiamo visto accuse di reati inventati di sana pianta, aggiustati con alchimie e ragionamenti incomprensibili, e soprattutto una disparità di giudizio sconcertante.
La giustizia sportiva sembra abbia voluto creare una nuova norma dal nulla, ma le leggi non le può fare il giudice, semmai gli organi preposti a tale compito. 
Vedremo, soprattutto se cade qualche testa: evviva Robespierre!