"Tutti gli allenatori del Presidente De Laurentiis" sembra il titolo di un film hollywoodiano, è una lunga Aurelio’s list, di grandi firme, storie a lieto fine, glaciali addii ed esoneri tumultuosi.

Se dovessimo sceglierne la colonna sonora, non potremmo che ingaggiare il grande Nicola Piovani e chiedergli di comporre qualcosa in stile A casa tutti bene; del resto, dal 2004 il Napoli è come una grande famiglia, di successo, ma dagli equilibri fragili. E con un assoluto pater familias.  Assoluto in ogni senso.

Una casa in cui adesso non va per niente bene e in cui, sotto la coltre di una unione familiare forzata, cova il disagio crescente di figli, figliol prodighi e figliastri.

La panchina di Rudi Garcia scricchiola, la sensazione è che da quelle parti a nuttata non sia ancora passata. Anzi, è notte fonda.

C’è stato un incontro, tra l’allenatore francese e il patrón, c’è la riflessione, forse ci sarà l’esonero. Anzi no, Conte ha detto no e per ora Rudy resta lì. Forse. 

Aurelio De Laurentiis sta comunque valutando la posizione del francese, profittando di questo “benedetto” periodo di sosta dei campionati, per gli impegni delle Nazionali. 

Il clima che si respira a Napoli non è buono e quando le acque sono agitate spesso la rottura diventa traumatica, specialmente se avviene a stagione in corso e dopo così poco tempo. L'ambiente non è riuscito a stringere il francese in un abbraccio, il Presidente pretende risultati migliori e più continui, i giocatori sembrano a volte indispettiti dalla gestione dell'allenatore. Che già di per sé, essendo una sola figura, diventa più facile da sostituire.

Quel che è certo è che il livello di allerta in casa Garcia è passato a defcon 1.

ADL ha già schierato tutti i suoi armamenti, il siluramento sembra alle porte.

Anche perché stiamo parlando di uno dei Presidenti meno diplomatici che ci siano in circolazione, perciò è obiettivamente complicato presumere una descalation del conflitto, appena esploso, con l’allenatore. Nonostante la conferma obbligata. Forse. 

Per Aurelio De Laurentiis non si tratta del primo momento di tensione con un tecnico. Tutt’altro. Tra litigate, risse sfiorate, frecciate ed esoneri anche illustri, la sua storia ai piedi del Vesuvio è una versione in salsa calcistica de Il mio miglior nemico.

Con alcuni è invece andata bene, molto bene. Ma non col primo. Non è andata affatto bene col suo Primo cavaliere di ventura.  

 

VENTURA (ad Aurelio non piace caldo)

Già il suo primo allenatore, di quello che allora si chiamava Napoli Soccer, non fece una gran bella fine. Gianpiero Ventura fu esonerato infatti alla 19esima giornata, all'inizio del girone di ritorno della stagione 2004-05, dopo un pareggio sbiadito al San Paolo contro la Fermana (sic!). Nel tempo i due non si sono scambiati parole troppo dolci. "Il De Laurentiis che ho conosciuto io non sapeva nulla di calcio, non aveva mai visto una partita", disse Ventura sei anni fa.La replica del Presidente fu qualcosa di molto simile alla vendetta che si consuma come un piatto freddo, giungendo nel momento in cui l'Italia non si qualificò ai Mondiali: “È un bravo allenatore, ma anche io lo cambiai dopo poche settimane". Appunto, fredda, freddissima. A qualcuno non piace caldo, piace così. 

 

REJA (mission molto possible)

È allora che ADL si affida a Edy Reja, che poi mantiene nell’anno successivo (stagione 2005/2006), e poi oltre, con una sola mission: la promozione in Serie B.  Il Napoli appare sin da subito come la squadra da battere e in effetti il club azzurro parte benissimo, facendo subito il vuoto dietro di sé. Inizialmente gli resiste solo la Sangiovannese (sic!), ma a metà novembre i toscani vengono sconfitti al San Paolo. Il Napoli si sente già in Serie B e tra dicembre e febbraio rallenta il suo cammino. Ma in serie B ci va.  Va forte pure in Coppa Italia: in agosto elimina tre squadre di categoria superiore (Pescara, Regginae Piacenza), la sua corsa si ferma solo nel turno successivo, disputato tra dicembre e gennaio, nel doppio confronto contro la Roma. L’anno dopo (stagione 2006/2007) è l’anno della promozione in serie A (grazie al secondo posto) e Reja (assieme al direttore sportivo PierPaolo Marino) viene osannato come il profeta della definitiva risalita.  Eppure, anche i rapporti con Reja hanno vissuto importanti picchi verso il basso. Nella stagione successiva (2007/2008), dopo il ritorno degli ottavi di finale di Coppa Italia contro la Lazio - e l'eliminazione del Napoli - i due quasi vengono alle mani al termine della partita.  È, quello, il Napoli di Hamšík e Lavezzi, è il Napoli che a Udine coglie la maggior vittoria esterna in Serie A della propria storia, eguagliando la cinquina di Modena del 24 novembre 1929. Ma evidentemente a De Laurentiis non basta, troppo intermittente il cammino della squadra per i suoi gusti. Non è contento dell’allenatore, che comunque conquista l’ottavo posto in campionato, staccando un biglietto per l’Intertoto. Reja comunque resta al suo posto, perché tutto sommato tra i due c’è rispetto e dalla parte del tecnico ci sono solo bilanci positivi e missioni compiute. La stagione 2008/2009 comincia con Edy Reja ancora sulla panchina dei partenopei. Il Napoli, attraverso l’Intertoto, accede ai preliminari di Coppa UEFA e poi al tabellone principale, dal quale viene eliminato al primo turno, ad opera del Benfica; mentre in campionato inizia bene, ma poi impatta con un girone di ritorno disastroso. Quanto basta perché aumenti l’acredine del Presidente nei confronti del mister. Fino a quando, a Marzo, ADL non lo solleva dall'incarico, affidando la panchina a Roberto Donadoni. Reja resta comunque il più longevo tra gli allenatori dell’era De Laurentiis. E, nonostante le divergenze e le “provocazioni continue del patrón”, tra i due nel tempo il rapporto si mantiene buono, merito anche del carattere mite del mister.

 

DONADONI (niente vacanze di Natale)

Donadoni era rimasto fermo dopo il licenziamento dalla Nazionale.  L'ex c.t., nove mesi dopo gli Europei, persi ai quarti, accetta la proposta di guidare il Napoli. Donadoni a Napoli è come un frate francescano in un rave di giovani scalmanati, è la quiete dentro La tempesta perfetta di passione e calore che tutte le domeniche (si fa per dire) si abbatte sul San Paolo. E siccome i due opposti si attraggono, è una cosa che forse può funzionare. O forse no.  Viene ingaggiato sul finire della stagione 2008/2009. In quell'ultima parte di quella stagione mette insieme undici punti in altrettante gare: pochino, ma la colpa è attribuita alla precedente gestione. Donadoni viene confermato anche per la stagione successiva. E in quella successiva, (2009/2010), tuttavia, la sua media rimane di un punto a partita. Questo per il Presidente non è un rendimento all'altezza: così, dopo sette punti in sette partite, durante la sosta di ottobre, lo esonera.

 

MAZZARRI (grande, grosso Mazzarri) 

Per il dopo Donadoni, Aurelio De Laurentiis sceglie Walter Mazzarri. Col tecnico livornese le cose vanno alla grande. Comincia l’era dei tre tenori: Cavani, Lavezzi e Hamsik. L’anno successivo (stagione 2010/2011) il Napoli si classifica terzo in campionato e accede alla Champions League. È il miglior campionato del Napoli dell'era post-Maradona, caratterizzato da diversi record: il record di punti in Serie A con i tre punti per vittoria (70), il record di vittorie complessive (21), viene poi eguagliato il risultato del campionato 1989-1990 (che assegnò il secondo scudetto partenopeo, quando il torneo era costituito da 18 squadre), nonché il record assoluto di vittorie esterne (9). Insomma, Mazzarri è over the top.  Nella stagione successiva (2011/2012) conquista la Coppa Italia (2-0 in finale contro la Juve), riportando un trofeo a Napoli dopo ventidue anni. I due si separano dopo splendidi 4 anni. In questi giorni si parla di un suo possibile ritorno, come traghettatore. Della serie, A volte ritornano? 

BENITEZ (qua la mano) 

La pesante eredità di Walter Mazzarri viene affidata a una grande firma del calcio internazionale: Rafa Benitez. Lo spagnolo, dal pizzetto mefistofelico, la panza di Aldo Fabrizi e la competenza di un professore del calcio, resta sulla panchina partenopea per due stagioni (dal 2013 al 2015). Due stagioni in cui il Napoli, guidato dal Pipita Higuaín, conferma la sua presenza in  Champions, vince una Coppa Italia (maggio 2014: finale contro la Fiorentina) e una Supercoppa italiana (nello stesso 2014, quando a Doha, i napoletani s’impongono sulla Juventus per 6-5 ai tiri di rigore, dopo l'1-1 dei tempi regolamentari e il 2-2 dei supplementari); oltre a raggiungere una semifinale di Europa League (è il Maggio del 2015 e vengono eliminati dal Dnipro). Un cammino molto positivo, un rapporto, quello tra lo spagnolo e ADL che si chiude consensualmente con una stretta di mano. 

 

SARRI (gioco al potere) 

Nel giugno del 2015, la società affida la propria panchina a Maurizio Sarri: il tecnico proviene dall'Empoli, che ha prima condotto alla promozione e quindi alla salvezza.  E a Napoli nasce il Sarrismo, movimento di pensiero calcistico che propugna la realizzazione del bene ultimo (il gol) attraverso l’esplorazione di un infinito fatto di passaggi in orizzontale, velocità e propensione offensiva. Napoli è in visibilio per la splendida macchina che è la squadra di Maurizio Sarri. De Laurentiis lo adora e spera che sia, forse, arrivato il momento del tanto agognato scudetto. Lo scudetto viene però sognato il primo anno, in cui arriva secondo e sfiorato nella stagione 2017/2018, colpa di una Camera d’albergo, anzi di tutto un intero albergo: quello di Firenze, dove la squadra, la sera prima di giocare contro la Fiorentina (aprile 2018), guarda la partita della Juve (in quel momento è corsa a due) e assiste, impotente, alla vittoria dei bianconeri a San Siro contro l’Inter, subendone, a detta di Sarri, un forte contraccolpo psicologico (anche per il modo discutibile in cui la Juve ottiene la vittoria), che causa il tracollo dell’indomani (3-0 per i viola, con tripletta - pensate un po’- di Giovanni Simeone) e l’allungo definitivo dei bianconeri. L’esperienza di Sarri finisce qui, con due secondi posti, un terzo posto e un addio che a Napoli hanno rimpianto per parecchio tempo … neanche tanto, in realtà.

 

ANCELOTTI (00 e basta)

Nel 2018 viene ingaggiato niente poco di meno che Carlo Ancelotti, presentato con tanto di foto al fianco del presidente in versione agenti speciali. Napoli cammina Tre metri sopra il cielo, l’entusiasmo è alle stelle, l’ottimismo anche. Si è convinti che Ancelotti rappresenterà quel centimetro in più che consentirà ai partenopei di vincere finalmente lo scudetto. Ma le cose non vanno così: è l’ennesimo secondo posto.  Ancelotti viene riconfermato, ma l’anno dopo le cose precipitano, colpa anche di un ritiro punitivo disposto dal Presidente, per l’andamento negativo in campionato. Il 10 dicembre del 2019 la squadra batte per 4-0 il Genk nella fase a gironi della Champions League e conquista il secondo posto nel girone, alle spalle del Liverpool, che vale la qualificazione agli ottavi di finale del torneo. Ancelotti esce dal San Paolo tra gli applausi della gente e non ci metterà più piede. De Laurentiis lo esonera. E chiama un suo allievo. 

 

GATTUSO (Ringhio kong vs Godzilla)

Rino Gattuso è chiamato a risollevare le sorti della squadra, dopo la debacle ancelottiana.  Si passa così dal calmo Carletto al focoso Ringhio.  Durante la sua prima mezza stagione, il tecnico calabrese vince una Coppa Italia, battendo in finale la Juventus ai calci di rigore (4-2), dopo lo 0-0 dei tempi regolamentari.  Insomma, sembra la scelta giusta, ma a nessuno sfugge la difficile convivenza di due caratteri molto forti, di due giganti della personalità. Quando un allenatore sanguigno si ritrova a lavorare con un Presidente con la cazzimma, la collisione prima o poi arriva. E arriva l’anno dopo. Il rapporto si comincia a logorare irrimediabilmente. I partenopei terminano il girone di andata al sesto posto, a gennaio perdono la Supercoppa italiana (battuti dalla Juventus per 2 reti a 0) e non vanno oltre i sedicesimi di finale di Europa League (eliminati dal Granada, che non è certo il Real Madrid) e, nonostante un buon girone di ritorno, si attestano come Quinto elemento della classifica finale, mancando l’obiettivo della qualificazione in Champions. Questo cammino altalenante e i caratteri forti deteriorano il rapporto tra i due.“Non si respira una bella aria. Negli ultimi giorni sono stato deluso dal suo comportamento", dichiara senza mezzi termini l’allenatore, per stigmatizzare il fatto che ADL abbia contattato altri allenatori.  ADL smentisce e contrattacca, richiamando Gattuso a migliori risultati.  L'addio al termine della stagione è quasi obbligato. E arriva, con un mare di acredine e porte sbattute in faccia. 

 

SPALLETTI (niente scuse per il ritardo)

Quindi, è la volta di Luciano Spalletti, è la volta della storia. Una storia, recentissima, che conosciamo tutti e che rimarrà per sempre impressa negli annali del calcio e nella memoria di tutti i napoletani.  È lo scudetto! Il terzo, dopo più di trent’anni.  È un Napoli spettacolare, stellare, che fa impazzire di gioia tutti, che ispira nuove rime e “riscrive” vecchie canzoni, che si staglia sugli striscioni e le bandiere dei Quartieri Spagnoli e riporta la città A spasso nel tempo, quando c’era Maradona e gli azzurri vincevano scudetti e coppe. Eppure, anche con Luciano la storia s’interrompe, con qualche straccio che vola e qualche pec di troppo.  Dopo soli due anni, Spalletti lascia Napoli, che non canta, piange.

 

GARCIA

Piange e storce il muso, all’annuncio dell’ingaggio di Rudy Garcia.  Il resto è presente. Un presente fatto di risultati negativi, calciatori scudettati scontenti e un sodalizio non dissimile a quei matrimoni che si rompono già durante i Viaggi di nozze. 

Aspettando il prossimo matrimonio … che sia all’italiana.