Se c’è una nuova stella nel firmamento nerazzurro, che sta irraggiando con la sua luminosità tutto il campionato italiano, quella è senz’altro la stella di Marcus Thuram. Astro transalpino proveniente dal Borussia Mönchengladbach, che l’Inter cercava già da un po’ e che, nonostante le molte pretendenti, pare abbia scelto Milano-sponda nerazzurra, anche in virtù dei consigli del padre.

Un padre d’arte
Le qualità di Marcus le stiamo conoscendo adesso, ma il suo cognome ci è familiarissimo, suo padre è stato un grandissimo campione degli anni novanta e duemila, protagonista del calcio italiano. Non a caso, Marcus è nato a Parma, una delle squadre in cui ha militato colui che gli diede i natali.
Suo padre è Lilian Thuram, stella di Parma, Juve, oltre che di Barcellona, campione del mondo e campione d’Europa con la sua Francia.

Ruddy Lilian Thuram-Ulien nasce a Pointe-à-Pitre il 1º gennaio del 1972. Fu il primo bambino dell’isola a venire alla luce in quell’anno, la buona stella s’era proprio adagiata sul tetto di casa della famiglia Thuram. A dire il vero, non esattamente una casa come le altre, non esattamente una famiglia come le altre.

Pointe-à-Pitre è un comune francese di 17mila abitanti, situato nel dipartimento d'oltremare della Guadalupa. Lì, dove finisce Route du Rhum (la più importante tra le regate transatlantiche), dove il mare è un dipinto dai colori cristallini e "dove il cielo è veramente azzurro", inizia la vita e si svolge l’infanzia d’un francese d’oltremare, che difenderà (in senso stretto e in senso lato) la bandiera della sua nazione, diventandone un pilastro. 

La sua infanzia nel paradiso delle Antille non è stata paradisiaca. Guadalupa è una meraviglia naturale, la prima cosa che si vede quando ci si sveglia la mattina è lo splendido paesaggio caraibico. Ma Lilian cresce in una casa appoggiata su un camion, con quattro fratelli e una madre che si fa in quattro per mandare avanti la famiglia, dopo che il padre ha tagliato la corda quando ancora i pargoli hanno la bocca sporca di latte ... quando c’era (il latte). Un’infanzia, la sua, difficile, dura come ogni giornata da portare avanti, povera, ma non per questo disagiata, non infelice. Tutto sommato, si trova bene, ha parecchi amici, fa le cose che fanno i bambini di tutto il mondo, prima di tutto, giocare a pallone. E correre, gli piace correre sì, più che calciare.

Quando ha soli otto anni, Christiane, la madre, vola in Francia, a fare le pulizie nelle case dei vip del rinomato quartiere del 16° arrondissement, per mettere da parte il denaro necessario a far emigrare tutta la famiglia. Nel 1981 Thuram, a nove anni, arriva in Francia, a Bois Colombe (vicino Parigi), dove rimane per un solo anno. Lilian è un bambino gracile, magrissimo, tanto che i suoi amici di lì cominciano a chiamarlo “jambes d’allumettes” (gambe di fiammifero)… proprio lui, quella Furia - cavallo nero del west che galopperà sui campi di calcio come fossero praterie infinite, in una falcata splendida, elegante, poderosa. Proprio lui, gambe di fiammifero.

Ma non è il solo soprannome che riceve in Francia. In classe qualche compagno lo chiama “sale noir”, sporco negro: fino ad allora non aveva mai pensato a se stesso come a un ragazzino nero e quella violenza proprio non la capisce, la subisce, gli entra dentro, segnandolo a vita; una vita che non a caso, da campione di calcio planetario, dedicherà alla lotta al razzismo.

Eppure, prima che per il calcio, il suo cuore aveva iniziato a pulsare per l’atletica. Ha otto anni quando riceve dalla Francia, in regalo da sua madre, una canottiera blu da maratoneta. In quel momento pensa che la corsa sarebbe diventata la sua specialità preferita, salvo ricredersi quando a Fontainbleu (il paese che accoglie la famiglia quando Lilian ha 10 anni) ruzzola in un campo di patate, nel corso di una corsa scolastica, fra le risatine ironiche dei compagni. Archiviata senza troppi rimpianti la parentesi atletica, Thuram decide quindi di dedicarsi al calcio, cominciando a giocare nella squadra del suo quartiere di Fontainebleu, formata in gran parte da portoghesi: si chiama Portugais, ma tutti là la chiamano “Juventus”, perché la giovane formazione indossa maglie bianconere. Quando si dice il destino … 
Lilian è un ragazzo con la testa sulle spalle, più maturo della sua età (adolescente, ha già superato più d’un ostacolo dell’esistenza, a cominciare dalla mancanza del padre e dalle conseguenti responsabilità), a scuola va bene, vuole a tutti i costi dare un futuro migliore alla sua famiglia.

E a Fontainebleu scopre la vocazione. Non per il calcio, no. Per il sacerdozio. Già in Guadalupa aveva visto all’opera i preti, identificati sull’isola come le figure capaci d’instradare le persone lungo il giusto cammino e in Francia comincia a frequentare la chiesa, meditando anche l’entrata in seminario. Nel frattempo, le sue gesta nella formazione dei "portoghesi" non passano inosservate agli occhi dei talent scout del Fontainebleu, che decidono di portarlo al loro centro di formazione. 
E così, comincia il cammino. Non di fede, no! Il cammino nel calcio. 
A sedici anni Lilian Thuram passa ai cadetti nazionali del Melun, squadra dell’omonima città (citata nel  De bello Gallico di Cesare, con il nome di Melodunum), capoluogo del dipartimento di Senna e Marna nella regione dell’Île-de-France.

Vi rimane per un anno, prima del rientro nella squadra che lo aveva lanciato. 
Nel 1998, poi, durante un torneo fra squadre giovanili, il Monaco nota quel giovane difensore di colore, nettamente sopra la media.

E così Lilian firma il contratto con la formazione del Principato, dove trova un allenatore che sarà anche una sorta di guida spirituale: Arsene Wenger. Il futuro tecnico dell’Arsenal aveva già avuto a che fare con formazioni juniores ed era abituato a trattare con i giovani. Sotto la sua ala protettrice Lilian matura definitivamente, in campo e fuori. Il passaggio dalla provincia a una delle società più importanti di Francia non cambia il carattere del ragazzo della Guadalupa, un ragazzo a tutto tondo che continua a mostrare interesse per lo studio (si iscrive alla facoltà di Scienze Economiche), per la lettura, la storia dell’arte, la musica classica e il jazz. Come se non bastasse, per via di problemi alla vista, Lilian indossa, fuori dal campo, un paio di occhialini rotondi (in partita usa le lenti a contatto), che gli conferiscono una certa aria da intellettuale.

Esordisce a 19 anni nella massima divisione francese, il il 24 maggio del 1991, nell’ultima partita di campionato contro il Tolone (1-1).
Rimane al Monaco per cinque stagioni (dal 1991 al 1996), durante le quali si ritrova come allenatore anche quel Jean Tigana che era stato l’idolo del giovane Lilian, ai tempi in cui il futuro difensore (centrale o destro) si destreggiava come centrocampista (anche nel Monaco, in qualche occasione, gioca a centrocampo). Con i monegaschi totalizza 193 gare e 11 reti, vincendo 1 Coppa di Francia nella stagione 1990-1991 (1-0 in finale contro l’Olympique di Marsiglia) e perdendo, l’anno dopo, la finale di Coppa delle Coppe, peraltro arbitrata dall'italiano Pietro D'Elia, contro il Werder Brema (2-0).
Inoltre, è con la maglia biancorossa che segna il suo unico gol in carriera in UEFA Champions League, in una vittoria per 4-1 contro lo Spartak Mosca, nella stagione ‘93-‘94.

Thuram comincia a far parlare seriamente di sè. Si cominciano a scomodare paragoni importanti, si parla del nuovo Marius Tresor (grandissimo difensore francese degli anni ‘50). 

Il Ct della Nazionale francese, Aimé Jacquet, non rimane insensibile di fronte alle gesta del caraibico e lo fa esordire con la maglia dei galletti il 17 agosto del 1994, nell'amichevole casalinga (a Bordeaux) contro la Repubblica Ceca, vinta per 3 reti a 2.

Seguono poi altri due splendidi anni nel Principato e la partecipazione agli europei d’Inghilterra del 1996. 
La Francia che si presenta a quel torneo è un manifesto dell'integrazione razziale e multietnica, con 15 dei 22 giocatori della selezione nati altrove o comunque discendenti da altri popoli. Thuram esordisce all'Europeo a Newcastle, nella prima gara della fase a gironi, vinta per 1-0 contro la Romania. In seguito gioca le successive quattro gare disputate dalla Francia, eliminata in semifinale dalla Repubblica Ceca, ai calci di rigore (0-0 dts). Thuram gioca un ottimo europeo, quella che sta nascendo è la migliore Francia della storia e lui ne sarà tra i protagonisti.

Si comincia a parlare con insistenza dell’approdo di Thuram in Italia, a quel tempo ancora terra promessa dei migliori calciatori al mondo. La Fiorentina sembra a un passo dall’assicurarselo, il francese si incontra anche con Giancarlo Antognoni, ma l’affare salta misteriosamente. Il contatto successivo è con la Juventus, ma nell’estate del 1996 è il Parma ad aggiudicarsi il talento della Guadalupa (acquistato per 10,5 miliardi di lire), che sceglie la città ducale anche per la tranquillità della provincia che ben si coniuga con una sensibilità spiccata come la sua.

E comunque quello è il Parma di Callisto Tanzi, una delle sette sorelle italiane, che comincia ad affermarsi anche in Europa.
Con Ancelotti in panchina, Lilian esordisce in Serie A il 7 settembre del 1996, contro il Napoli, alla prima giornata di campionato, affiancando nell'occasione l'argentino Néstor Sensini al centro della difesa (partita vinta dai parmensi 3-0).

In quella sua prima stagione s’impone come titolare e conquista subito i tifosi e gli addetti ai lavori, tanto da essere insignito del Guerin d’oro (premio del Guerin sportivo). Il 2 maggio, poi, realizza il suo primo e unico gol con la società emiliana in campionato, quello del momentaneo 1-0 in Parma-Cagliari, finita 3-2.
I gialloblù arrivano secondi alle spalle della Juventus, al termine di una lotta appassionante nella quale si distinguono le difese delle contendenti, formate da due delle migliori coppie del mondo: Ferrara-Montero, sulla sponda bianconera, Thuram-Cannavaro per i parmigiani.
Quell’anno Lilian esordisce anche in coppa UEFA (Parma - Vitória Guimarãe 2-1).

Intanto, nel 1997 la sua premiere femme, Sandra, dà alla luce il suo primo figlio, Marcus. Nasce a Parma, lo chiamano così in onore del politico black giamaicano (eroe nazionale) Garvey, che si batté per i diritti dei neri e contro le discriminazioni razziali. 
L’anno dopo (stagione ‘97-‘98) un altro esordio in gialloblù, in UEFA Champions League, quando il 13 agosto disputa il play-off contro il Widzew Łódź: 3-1 in casa dei polacchi, grazie alla tripletta di un altro padre d’arte, Enrico Chiesa. 
L'annata si rivela comunque sfortunata per gli emiliani, che si classificano quinti in campionato e vengono eliminati nella fase a gironi di Champions. 

Ma dal punto di vista individuale, per Thuram è un'altra annata di alto livello è quello è l’anno del Mondiale di Francia.
Ai mondiali del ‘98 "le jour de gloire est arrivé": Thuram e i suoi compagni galletti si laureano campioni del mondo. Gioca un mondiale da favola, culminato nella doppietta realizzata contro la Croazia, in semifinale (2-1, il risultato). Il 12 luglio, poi, la Francia batte il Brasile (2-0) e si laurea campione del mondo per la prima volta nella sua storia; e Thuram viene insignito del Pallone di bronzo del campionato mondiale, come terzo miglior giocatore del torneo, e riceve la Legion d'onore e la nomina di Chevalier (Cavaliere).
Ed ecco che, come nelle più classiche delle storie miserabili, si fa vivo il padre. Joseph Lother Thuram rilascia un’intervista in cui si dice orgoglioso del figlio, il quale però così lo liquida: "Ci ha voltato le spalle che eravamo ragazzini, ora indossa la mia maglia e si sente un eroe perché si considera mio padre".

Un’estate travagliata, quella post- mondiale, anche per delle sue dichiarazioni che attestano una certa voglia di platee migliori: “Ho voglia di provare altre emozioni: giocare, per esempio, davanti a 80.000 spettatori. Per non avere rimpianti a fine carriera”. Il Parma non cede, ma i tifosi se la legano al dito, fischiandolo alla prima uscita della squadra.
È soltanto un dissidio momentaneo, perché Lilian mantiene altissimo il livello di rendimento e continua ad essere un uomo squadra, perfettamente integrato coi compagni. Una volta vince una scommessa in partitella d’allenamento con Crespo, il quale, oltre a pagare la cena, è costretto a pulire tutto lo spogliatoio e a fargli il bucato per una settimana. 

Insomma, anche se le basi per un cambio di casacca sono gettate e tutti pensano all’Inter (anche per quel riferimento agli 80mila spettatori), rimane al Parma ancora 3 anni, totalizzando in tutto, in 5 stagioni, 1 solo gol e 227 presenze e vincendo 1 Coppa Uefa, 1 Coppa Italia e 1 Supercoppa italiana. Anni in cui forma, con Buffon e Cannavaro, una delle difese più forti della storia.

Nel frattempo, nel 2000, consegue con la sua Nazionale il double mondiale/europeo. Quella formidabile Francia vince infatti anche l’Europeo in Belgio e Paesi bassi, battendo in finale l’Italia, grazie al pareggio di Wiltord, al quarto minuto di recupero, e grazie al golden gol- beffa di Trezeguet al 103’, che sigla il 2-1 finale... e chi se lo scorda!

Nel 2001 nasce il suo secondogenito, Khéphren (anche lui calciatore professionista, oggi centrocampista del Nizza e della Nazionale), chiamato come il faraone che ha dato il volto alla grande sfinge di Giza: “Perché in molti pensano ancora che la storia africana inizi con la schiavitù - dice - dimenticandosi che la civiltà egizia, per dirne una, è stata in tutto e per tutto nera e africana”. 

Nel 2001 il passaggio alla Juventus, per 63,9 miliardi di lire, cifra monstre per un difensore, la più alta pagata fino ad allora.
Esordisce alla prima giornata del campionato 2001-2002, nella partita vittoriosa per 4-0 contro il Venezia. Quell’anno vince lo scudetto.

In bianconero vince complessivamente 2 scudetti (l'altro nella stagione 2002/2003), più quello revocato per calciopoli (2004/2005), e 2 Supercoppe italiane. Gioca a Torino dal 2001 al 2006, totalizzando 205 presenze e segnando 1 gol. Con Capello alla guida, è stato anche vice capitano della Juventus.

In quegli anni, in Nazionale, disputa: il deludente Mondiale di Giappone e Korea del 2002, dove la sua Francia esce al primo turno; una Confederations Cup, nel 2003, in Francia, vincendola da assoluto protagonista; l’Europeo del 2004, in Portogallo, dove la Francia viene eliminata ai quarti dalla sorprendente Grecia, poi vincitrice; e (dopo che aveva annunciato il suo ritiro dalla Nazionale nello stesso 2004) i mondiali del 2006, in Germania, dove perde in finale contro l’Italia.

Questi ultimi mondiali sono per lui importanti anche dal punto di vista individuale: nella seconda partita della fase a gironi, contro la Corea del Sud, raggiunge le 116 presenze con la maglia dei Blues, eguagliando il record di presenze di Desailly; nella successiva sfida, contro il Togo, supera definitivamente Desailly e diviene il recordman di presenze della Nazionale francese, prima di essere superato dal portiere Hugo Lloris (oggi primatista assoluto, con 145 partite disputate).

Nel 2006, dopo il terremoto di Calciopoli, decide di lasciare la Juventus, per evitare di giocare in Serie B. E va al Barcellona, per 5 milioni di euro (insieme al compagno della Juventus, il neo campione del mondo Gianluca Zambrotta). 
Debutta in maglia blaugrana il 19 settembre del 2006, al Camp Nou, per la seconda giornata di campionato, contro l'Osasuna: partita vinta dai padroni di casa per 3-0.

Intanto, nel 2007, inizia una relazione con Karine Le Marchand, conduttrice televisiva francese. La relazione durerà fino al 2013 e finirà con una denuncia per violenza domestica, poi ritirata. (Nell’agosto 2022 sposerà la giornalista Kareen Guiock).
Con il club spagnolo Thuram rimane per soli due anni, fino al 2008, vincendo 1 Supercoppa di Spagna, ma senza giocare con continuità, dato che Rijkaard gli preferisce spesso Puyol e Márquez. Gioca in totale 58 partite.

Nel 2008 gli Europei di Austria e Svizzera: per il difensore francese si tratta del quarto Europeo, primato condiviso con Lothar Matthäus, Peter Schmeichel, Aron Winter, Edwin van der Sar, Alessandro Del Piero, Olof Mellberg, Iker Casillas e Gianluigi Buffon. Nel corso del torneo è titolare per le prime due partite contro Romania (0-0) e Olanda (1-4). Nella gara contro i rumeni diventa il primo giocatore presente in 15 partite della fase finale dell'Europeo. La gara contro L’Olanda, invece, è la sua ultima in Nazionale, con la cui maglia ha giocato per  ben 14 anni, totalizzando 142 presenze e quei due gol nella semifinale mondiale del ‘98.

Inoltre, è attualmente l’unico l'unico giocatore sempre schierato nelle qualificazioni della Francia agli Europei.
Quella stessa estate del 2008 il suo cuore fa le bizze. Lui è in procinto di passare al Psg, ma gli viene diagnosticata una patologia cardiaca. Si teme sia la stessa malformazione che anni prima aveva ucciso suo fratello, giocatore di basket. Gli esami rivelano per fortuna un problema diverso, di minore entità, ma Thuram, ormai trentaseienne, non vuole rischiare e dice addio al calcio.

Nel 2010 diventa ambasciatore UNICEF.

Da sempre impegnato nelle battaglie contro il razzismo e a favore dei diritti civili, Thuram è autore di quattro libri, il più recente dei quali è “Il Pensiero Bianco: Come Viene Costruito il Pregiudizio Razziale e Come Superarlo" (titolo originale: La pensée blanche); le altre tre pubblicazioni sono delle graphic novels.
Recentemente ha postato su Instagram una foto dei suoi due figli, in viaggio per la convocazione in Nazionale... proprio un padre d'arte.