Cinquantatré giorni, non uno in più, non uno di meno, e sul finire del cinquantatreesimo giorno sono scesi tutti, sono scesi in tanti.
Sto parlando del carro azzurro, quello dove solitamente non c’è mai nessuno, quello che spesso e volentieri genera una diffusa e tiepida indifferenza lungo il percorso verso i grandi risultati e poi scatena reazioni inconsulte se l’appuntamento globale all’apice del percorso termina con un successo.
Le amichevoli non interessano e, complici le convocazioni allargate ai possibili nuovi prospetti e gli avversari non di rango, solitamente hanno seguito e share televisivo piuttosto basso. Le qualificazioni interessano un pochino di più, ma non tanto. Il pubblico, quello vero, massiccio, quello che impara tutto in due giorni, nomi, facce, squadra di appartenenza e soprannomi, quello arriva mediamente alla seconda partita del girone eliminatorio del mondiale ed è già vestito, ha su la maglietta azzurra della Lidl e la bandiera comprata per strada dallo stesso ragazzo indiano che gli ha venduto i fiori per la fidanzata.

Oh, se andiamo in finale e vinciamo si va in piazza a fare casino eh...?
Notti magiche, estate difficile, tamponi, green pass, stadi al trenta per cento, altrove quaranta, se non arrivi a cinquanta la UEFA ti toglie la partita, agli ungheresi non importa, per loro la capienza è quella massima, nessun controllo, senza mascherine, noi veniamo tutti.
A Roma invece molto pochi e mascherati, ma l’inno lo hanno cantato tutti, la telecamera indugia su questo piccolino con il tricolore accennato sulle guance, canta “Fratelli d’Italia” con gli occhi sognanti, papà gli tiene la mano e si vede nel maxischermo, sorridono felici, che bello quando gioca la nazionale, 3-0, che spettacolo, che squadra, che serata!
Una meravigliosa cavalcata, qualche difficoltà in semifinale, il ruggito strozzato dei leoni d’Inghilterra in finale, Gigio Donnarumma che non si rende conto di aver parato il rigore decisivo, si torna a casa con il trofeo per incontrare i presidenti, il grande vecchio al Quirinale e Mario, quello che può tutto anche gareggiare alle Olimpiadi se volesse a Palazzo Chigi. Per lui c’è la numero 10, c’è anche Matteo Berettini reduce da un Wimbledon sontuoso, era in imbarazzo perché lui poi la sua finale l’ha persa ma dai, merita ampiamente di essere qui. Qui e anche sul pullman, quello scoperto che Leo Bonucci ha voluto ad ogni costo, o così o andiamo via! Che vergogna Leo, comportarsi come un mafioso qualunque in epoca di Covid, ma non ce l’hai una coscienza? Assembrare migliaia di persone lungo il percorso per soddisfare la vostra vanità? Ah sì, ma tu sei quello che aveva dato addosso a Kean per la reazione di Cagliari, un razzista, che brutta persona, cosa potevamo aspettarci da te, o da Chiellini che poi giocate nella Juve, voi non lo sapete cosa significano certi valori, voi passate su tutto…
E poi una valanga di “meme”, la regina Elisabetta, le medaglie d’argento tolte dal collo, Giorgione Chiellini in qualunque contesto che tira per la maglia il malcapitato Saka e non solo lui, finirà persino sulla pista della 4x100 di Tokyo per fermare Nethaneel Mitchell-Blakee e permettere a Filippo Tortu di superarlo, il Daily Mail che il giorno dopo quella fantastica rimonta della velocità titola “Not Italy again!” e il cronista inglese di Eurosport che sulla linea di arrivo si lascia sfuggire un “Noooo it’s Italy..” diventato virale.
Un’estate azzurra sportiva fantastica dove tutti sono diventati tifosi della nazionale e appassionati di qualunque tipo di sport olimpico, dal giavellotto al dressage fino al sollevamento del telecomando.

Ma senza perdere la direzione, vorrei mantenere il focus sugli azzurri di Roberto Mancini, quello che ha preso la nazionale devastata dalla notte di San Siro che ci escluse dai mondiali in Russia ed ha creato il gruppo delle polpette di Insigne e della malcelata sbornia di Barella nel cortile di Mattarella per la verità più interessato alle stampelle di Spinazzola pur non ricordandone il nome: “non c’è …con le stampelle...?”
Mi consenta
, anche se non sono Silvio Mao Tse-tung signor presidente, a volte mi fa tenerezza. Dover sempre essere presente, in qualunque contesto, e dover necessariamente imparare qualcosa per dimostrare a tutti di esserci stato, non solo istituzionalmente. Prenda esempio da Mario, ha sentito parlare dell’effetto Draghi? Via su, prenda esempio signor presidente e si alleni, potremmo sentir parlare anche di un effetto Mattarella se si impegna.
Sono passati cinquantatré giorni dalla finale di Wembley dell’undici luglio che raccolse il settantatré per cento di share sulla RAI e il dieci su SKY, oltre venti milioni di tifosi e di appassionati, sia della prima che dell’ultima ora, della maglia azzurra. Cinquantatré giorni dopo lo share per la nazionale è “solo” il trentasei per cento, poco più di sette milioni di tifosi ed appassionati, sicuramente non distratti dalle ultime avvisaglie d’estate con anticicloni annessi che invitano a serate in spiaggia, certamente molti avranno preferito una serata all’aperto che consente ancora di sedersi ai tavolini esterni senza la necessità di esporre l’agognato Green Pass, ma era estate ed era bello anche a luglio, anzi di più. E molti di più erano in vacanza rispetto a ieri e con la voglia di passare la serata divertendosi e all’aperto.
No, non è quello, è l’appeal della competizione che manca, questo passaggio obbligato verso la gloria che potrebbe non arrivare mai, non importa come costruisci il successo, è importante il risultato finale, la mia maglietta del Lidl e la bandiera che mi ha venduto il ragazzo cresciuto a Jakarta, quel giorno Mister Mancini non tema, io ci sarò, a piedi o forse sporto per metà dal finestrino dell’auto di un mio amico e sventolerò il tricolore.

Ieri sera, poco prima che iniziasse la partita con la Bulgaria, ho visto un Tweet dell’account ufficiale della nazionale di calcio, si chiama @Azzurri. Lo riporto in forma testuale ma risulta più o meno così:
Nazionale Italiana @Azzurri
#WCQ
Gli 11 #Azzurri scelti dal Ct Mancini per #Italia VS #Bulgaria
Oggi, ore 20.45
Stadio #Franchi - #Firenze
Televisione In diretta su #Rai1
#Qatar2022 #ItaBul #ItaliaBulgaria
#Azzurri #VivoAzzurro
E sotto il testo un’immagine con la formazione scelta dal CT, con Florenzi per Di Lorenzo e Acerbi al posto di Chiellini rispetto alla squadra che era scesa in campo a Wembley la sera della finale.
E poi, i commenti.
Ma ancora Immobile? Perché Zaniolo non gioca, io voglio vedere Kean, insieme a Zaniolo, basta con Immobile. Bonucci? Ancora lui e non Bastoni…? E Acerbi? Ma perché Florenzi??
E ancora, tutti quelli che sono venuti dopo. Gente che scrive che “giocano meglio loro AL CALCETTO..” oppure “la prossima partita vorrei rivedere la nazionale degli europei grazie” .
Ma il tifoso si sa può dire (quasi) tutto, è nella sua indole ed è ammesso, ci mancherebbe. E vale sia per quello comune che per il tifoso noto o semi-noto, ho letto un commento di un capo servizio di Milano Finanza (occhio che per chi non lo sapesse certe testate, coi tempi che corrono, contano nel Calcio più di una “rosea” qualsiasi...), espresso ovviamente a titolo personale, che ha espresso letteralmente il seguente concetto:
La Nazionale ha un serio problema di attaccante centrale o prima punta. Del resto, i club di serie A, salvo qualche rara eccezione, continuano a cercare attaccanti stranieri: il nome riempie la bocca non la rete
E a ruota, sempre come opinione personale e non come giornalista del Sole 24 Ore di stanza a Londra, un suo collega o amico ha aggiunto:
La sensazione è che dopo exploit di #Euro2020, la #Nazionale sia già spompata. La continuità è sempre stato il problema di @vivoazzurro. Mai avuto cicli, come la Spagna, ma solo vittorie isolate, separate da decenni di galleggiamento.
Amen.
E sul primo concetto potrei anche essere d’accordo, fosse per me davvero forzerei i club della nostra massima serie a valorizzare i giovani cresciuti nei vivai smettendola di far arrivare calciatori mediocri dal sud America o sconosciuti dall’est, ieri il cronista RAI ad ogni bulgaro impronunciabile che entrava in campo sottolineava le presenze accumulate nella nostra Lega Pro, o le quattro partite a Bologna del carneade di turno. Ovviamente io sono rimasto colpito dall’ingresso di Chochev che, dopo un paio di buone stagioni nel Palermo pre-bancarotta, approdò GRATIS al “mio” Pescara del presidente appassionato di prestiti e di svincolati, e risultò in rosa per l’intera stagione senza giocare nemmeno un minuto. Ecco, vederlo sgambettare, ma soprattutto scivolare con eccessiva foga sul campo del Franchi un pochino lo ammetto mi ha infastidito. Sul serio ai nostri campionati servono Chochev o Frederik Sørensen, attualmente in forza alla Ternana ma anche lui visto a Pescara la scorsa stagione e assolutamente, totalmente e definitivamente bollito?

Senza divagare, sul concetto di base sono fondamentalmente d’accordo, lo ribadisco. Il campionato esprime poche punte centrali di valore perché le squadre vanno a caccia dei Lukaku e dei Giroud, servono esperienza e qualità per vincere, per farlo prima di subito. C’è persino ancora posto per Ibra, che in verità come professionista stimo e ritengo utilissimo al gruppo, i ragazzi e le speranze passano stagioni in serie B e in Lega Pro, in nazionale arrivano già “grandi” e ovviamente Immobile è sempre l’imputato numero uno, pazienza se segna trenta gol a stagione, quello è un alibi che, anche se gioca da schifo, vale solo per CR7, Ciro che viene da Torre Annunziata non se lo può permettere, deve migliorare nella tecnica di base, non sa dialogare con questa nuova nazionale tecnica, dicono. Se poi la sponda per il gol di Chiesa, novello fenomeno nazionale, la fa lui è probabilmente casuale e non voluta, forse voleva tirare. Ma qui manca di nuovo la visione a trecentosessanta gradi sulla questione, la nazionale è un gruppo prima ancora che una squadra, questo gruppo ha vinto gli europei senza vincere tutte le partite, è impossibile farlo.
Nel suo ciclo, la Spagna che il secondo tifoso-giornalista menziona nel suo commento, vinse con noi ai rigori nei quarti del loro primo europeo vincente senza averci battuto sul campo, perse con la Svizzera nella prima partita del girone del vittorioso mondiale sudafricano, pareggiò con noi (soffrendo) e con il Portogallo (poi battuto ai rigori) nell’ultimo successo continentale della sua storia, e del suo ciclo.
Si è persino ironizzato sulla mancanza di supplementari e rigori ieri, come se l’europeo lo avessimo vinto solo per una casualità legata a pareggi durati centoventi minuti e una freddezza sospinta dal fato lontano undici metri dal successo.
Come sempre, troppo critici con i nostri ragazzi, tanti, tutti.
Nessuno vince sempre, nemmeno i più grandi di sempre lo hanno fatto, e certe vittorie si costruiscono anche con le serate meno brillanti che non è comunque il caso di ieri, se escludiamo la fase conclusiva.
Un primo tempo di calcio propositivo e bello da vedere, tantissimo fraseggio di prima, di qualità, e gioco dominato per tutta la gara, una sola azione dei bulgari in novanta minuti nella quale, suo malgrado, Florenzi è inciampato perdendo il passo sull’avversario lanciato nel suo contropiede fatto in due (basta Florenzi, basta per carità, è generoso ma non sa né crossare e né difendere, ci sarà un motivo per cui nessuno mai lo riscatta, dicono...). Un’ occasione, un tiro solo, un punto. Tanta manovra degli azzurri che non hanno sfondato, bastava un miracolo in meno del loro portiere e avremmo vinto, anche ieri, bastava solo che istintivamente non alzasse in maniera innaturale un braccio sull’ennesimo tentativo di Chiesa.

Noi italiani però dobbiamo andare in Qatar come primi qualificati e possibilmente anche vincere il mondiale senza prendere neanche un gol, inammissibile dover anche solo pensare allo spauracchio dei playoff, adesso arriveremo traballanti alla sfida di domenica a Basilea, ma tutto questo oggi è solo un fastidioso intermezzo prima di Juve Napoli del prossimo undici settembre o di Juve Milan del diciannove, magari anche dell’attesissimo nuovo esordio di CR7 nel teatro dei sogni.
Forse solo la final four di Nations League di ottobre potrebbe ricreare un pochino di interesse e partecipazione intorno al bellissimo gruppo di Mancini, c’è un trofeo distante solo due partite da vincere, ma fino ad allora e forse solo fino al novembre del 2022 nel primo inverno mondiale, meglio restare giù dal carro azzurro che non ha una punta centrale.

Sapete, in un viaggio non è importante il traguardo ma il percorso, nel calcio ormai sembra lo sia solo il successo finale, mi spiace Mister Mancini.