Oggi mi sono ritagliato del tempo e sono entrato nel Bar virtuale di VxL perché vorrei davvero chiederti scusa Beatrice, non solo a te ma a tutti i ragazzi, le ragazze, gli uomini e le donne che con te, come te, sono arrivati a Tokyo per le Paralimpiadi.
Mi rivolgo a te, e mi perdonerai se mi prendo questa libertà di parlarti come se fossimo amici di vecchia data, che in fondo è anche un po’ vero per tutti noi che ti abbiamo sempre e solo visto in TV o su un giornale, ma davvero immagino e credo che il tuo viso sia ormai noto e familiare a moltissime persone nel nostro paese e, perché no, magari anche fuori dai nostri confini.

Negli anni sei diventata un esempio per molti, spesso invitata in trasmissioni o intervistata, inizialmente per raccontare la tua storia, positiva, forte, incredibile. Poi sei diventata, forse tuo malgrado, un fenomeno mediatico ma soprattutto, non tuo malgrado stavolta, sportivo.
Quindi ora ti vorrei utilizzare, o meglio vorrei usare la tua popolarità, come tramite per provare ad esprimere il mio rammarico e per tentare di far arrivare le mie personali scuse, ma soprattutto il mio apprezzamento, a te e a tutti gli altri atleti, che come te, hanno gareggiato a Tokyo nelle ultime due settimane, senza clamore, senza la visibilità, in verità sempre troppo poca anche per loro, che è stata concessa da TV e giornali a chi in Giappone ci è andato a fine luglio.
Lo so, te lo anticipo prima che tu, o quei pochi che leggeranno queste righe possano pensarlo, getto la maschera: sono un ipocrita! Può anche essere che molti altri possano condividere questa sensazione, ma io parlo per me.

Mi domandavo quanto possa valere la tua medaglia d’oro rispetto a quella, per esempio, di Tamberi? Di più, o di meno...? O vale esattamente come la tua? Secondo me vale di più, mi perdonerà Gimbo ed è sicuro che io stia sbagliando, d’altro canto oggigiorno sbagliare ed entrare in un campo minato è così semplice. Però ribadisco che a mio parere vale di più, non ho dubbi in merito, oppure per il pensiero comune dovrei dire che sono uguali…?
Gimbo ha dimostrato una forza di volontà enorme, ha superato la delusione terribile di perdere la possibilità di gareggiare in una Olimpiade a pochi giorni dalla partenza, si è operato e pian piano ha attraversato il buio interiore arrivato con l’infortunio e ricostruito forza, elasticità e certezze, fino allo splendido, meraviglioso abbraccio con Barshime, fino a quella bellissima immagine di sport e di amicizia culminata con lo scambio delle medaglie sul podio.
Tutto davvero molto bello, così come tutte le altre storie di atleti poco o per nulla noti al grande pubblico, e visto che ti sto scrivendo a cuore aperto, ammetterò anche che prima dell’oro nei cento metri non conoscevo nemmeno Marcell Jacobs. Oggi mi chiedo quanti nel nostro paese non lo conoscano o non ne abbiano almeno sentito parlare una volta, magari al TG?

Bene, ma torno rapidamente ai sacrifici di Gimbo, alla sua storia e alla sua medaglia, e tu invece? Non avevi un brutto infortunio come il suo da recuperare, o forse sì, ma…chi lo sapeva? Non ti sei davvero fatta mancare nulla, probabilmente nessuno era a conoscenza dell’infortunio patito e della conseguente infezione da stafilococco che poteva costarti l’amputazione di un braccio. Hai detto, in un’intervista dopo la vittoria della medaglia d’oro qualche giorno fa, “era una cosa mia e della mia famiglia. E poi non volevo si dicesse che cercavo un alibi, nel caso di sconfitta”.
Sono senza parole, davvero, non riesco nemmeno ad immaginare la paura ed il coraggio che possa avere una ragazza di ventiquattro anni alla quale si prospetta un’amputazione con esiti probabilmente anche fatali, come tu stessa ricordi nell’intervista:
“se l’infezione è arrivata all’osso dobbiamo amputare l’arto” mi è crollato il mondo addosso. Basta amputazioni! Non mi è rimasto più molto da tagliare…”.
La paura e il coraggio dicevo, il coraggio di affrontare tutto questo, le operazioni, le cure, il coraggio di ironizzare su queste cose!
Sì, non ho davvero dubbi, mi perdonerà Gimbo, lo faranno Marcell, Vito Dell’Aquila, Lucilla Boari e Luigi Busà e con loro tutti gli altri che sono rientrati da Tokyo con una medaglia, e anche chi non lo ha fatto ma ha partecipato ad un’Olimpiade che spero di poter definire “normale” senza urtare la suscettibilità di nessuno. Le medaglie di Bebe, di Carlotta Gilli, Assunta Legnante e Oney Tapia, queste medaglie secondo me valgono di più, probabilmente sarebbe corretto dire che valgono uguale ma oggi sto davvero cercando essere uscire dall’ipocrisia che ho comunque già ammesso.
L’unica piccola similitudine che posso trovare tra te Bebe e, per esempio, Marcell Jacobs vincitore dei 100 è che entrambi siete volti noti e sopravviverete mediaticamente alle settimane delle Olimpiadi, ma questo vale solo per voi, per quelli che diventano dei personaggi, con sostanziali ed evidenti differenze.
Gli altri pian piano verranno dimenticati, sia che abbiano vinto una medaglia alle Olimpiadi, sia che lo abbiano fatto alle Paralimpiadi. Ai primi, cercando di abbracciare delle figure poco note, ho già dedicato un pensiero circa un mese fa proprio in questo Bar virtuale, ma anche a voi che state gareggiando ora vorrei poter esprimere tutta la mia ammirazione.
Vorrei esprimerla, ad esempio, a Carlotta Gilli, che non vede praticamente più nulla ma che sembra nata in acqua e in questa Paralimpiade ha collezionato ben cinque medaglie, due d’oro, due d’argento ed una di bronzo!
Ad Assunta Legnante, che nel 2004 era stata dichiarata dal CONI non idonea per le Olimpiadi di Atene a causa di un glaucoma congenito che nel 2012 l’ha poi resa definitivamente cieca senza però impedirle di diventare una leggenda dello sport paralimpico con due ori nel lancio del peso a Rio e Londra ed un fresco argento nella sua nuova sfida del disco a Tokyo dove affronterà anche la finale del peso a caccia del terzo oro in tre olimpiadi.
Oppure a Francesca Porcellato che a 50 anni è ancora carica e competitiva ed in sella alla sua Handbike ha conquistato un argento, la sua quattordicesima medaglia conseguita competendo in tre sport differenti nel corso di ormai parecchie paralimpiadi.

Troppe storie sto dimenticando tra le 43 medaglie conquistate finora, ma anche tra tutti quelli che non porteranno a casa nessun successo se non quello di essere, ampiamente e coraggiosamente andati oltre i propri limiti ed i piccoli e grandi pregiudizi che accompagnano le competizioni di atleti non vedenti, amputati o con qualunque altro tipo di ostacolo che possa avergli impedito di partecipare all’altra Olimpiade, quella “normale”.
E allora, dando una rapida occhiata agli ascolti TV di questi giorni è abbastanza facile rilevare che a fronte di circa due-tre milioni di spettatori che in media hanno visto le gare delle Olimpiadi, le vostre le ha guardate una media di sole duecentomila persone ed io, lo confesso, non ne ho vista nemmeno una, nemmeno le tue Bebe.
E nell’ambito di questa analisi mi chiedo anche come mai la RAI non abbia pensato di replicare un successo televisivo unico come il “Circolo degli anelli” come contorno alle vostre competizioni, probabilmente il tempo per le vostre storie la sera lo avrei trovato, così come spesso l’ho trovato per seguire quelle degli atleti olimpici sconosciuti e delle loro famiglie.

Bebe, ti rivolgo un pensiero sincero e le mie scuse, perché continuo a pensare che le vostre medaglie valgano più di quelle Olimpiche e, mi ripeto, sicuramente sbaglio perché probabilmente a voi per primi non farebbe piacere sentirvi dire questa cosa. Perché non posso immaginare cosa possa significare indossare una protesi ed impugnare un fioretto, perché non so cosa potrebbe succedermi se dovessi indossare una maschera ed entrare nella gabbia del lancio del peso al buio o comunque entrare in acqua e nuotare senza vedere la corsia ma basandomi solo sul mio istinto, sul mio equilibrio e il mio feeling con l’acqua, perché come ho già detto non ho trovato un solo momento per seguire una sola delle vostre gare e, benché in cuor mio me ne rammarichi, in fondo so di essere un ipocrita.
Perché nonostante ammiri davvero tanto il vostro coraggio e la vostra voglia di sentirvi vivi, come poi succede a tanti come me, alla fine trovo il tempo per guardare anche cose che forse non meriterebbero di essere viste, come ad esempio il calcio dei baciatori di maglie e non una gara di qualcuno che sta compiendo un piccolo miracolo.
Perdonami Bebe, ed estendi se puoi queste scuse agli altri atleti paralimpici, non seguo le vostre gare ma vi ammiro sinceramente!