Sfoglio distrattamente notizie e pagine di giornali online, sport, politica, contagi in salita e Green Pass, ovviamente l’immane disastro umanitario di Kabul. 
In mezzo, un video corredato da un titolo che cattura la mia attenzione, Borja Valero giocherà in promozione con il Centro Storico Lebowski.
Dove...? Ma chi sono... ma davvero...?
Guardo il video, una tribuna di quelle che ho visto da sempre girando i campi di provincia dei dilettanti, silenzio tutto intorno e un “capo ultrà” che carica i presenti: “ci sta che vi venga da piangere è difficile.. raga deve calare un silenzio di tomba, perché questa è una roba seria, questo è come siamo realmente ...”.
Poi cantano, tutti insieme. Parole e slogan senza senso, la telecamera gira in mezzo a loro e cattura i volti di ragazzi, ragazze e meno giovani che urlano, cantano, qualcuno ride, la canzone termina, tutto il gruppo scandisce battendo le mani a tempo “non capiamo cosa diciamo.. ma sappiamo cosa vogliamo”.

Questo breve video di presentazione è il preludio a qualcosa di bello, di vero, di grande. In mezzo, confuso tra i volti delle persone che cantano e battono le mani c’è anche il suo. 
Cerco qualcosa di più sulla notizia è trovo un nell’articolo de La Nazione, ce ne sono ovunque, Gazzetta, Corriere, Sky Sport, tanti.

Borja Valero Iglesias è un giocatore elegante, tecnico, non velocissimo ma uno che in serie A potrebbe giocarci ancora, tranquillamente.
Un paio di anni fa è andato via da Firenze suo malgrado, ci è ritornato con entusiasmo nel periodo peggiore possibile. E ora avrebbe solo voluto salutare i tifosi, quelli che lo hanno già eletto a sindaco e che certamente lo voterebbero, se si potesse fare, quelli che lo aspettano alle maratone cittadine e che lo fermano per strada per parlare alla persona semplice che è, che sarà per sempre.
Lui sperava in cuor suo di giocare un’ultima stagione in viola, salutare i suoi tifosi dal campo e non con un messaggio o un post, ma si sa, non è più il calcio dei sentimenti né delle bandiere.
Borja però è un simbolo, ed è più forte di tutto.
È cresciuto a Madrid in un quartiere dove mancava tutto, i valori di questa cooperativa sportiva dilettantistica non possono non essere suoi, questa è una di quelle storie che nascono già scritte, due destini che nella vita, presto o tardi, devono assolutamente incontrarsi.

Questa non è retorica, queste sono le storie che bisognerebbe pubblicare e rilanciare con forza più delle lettere di Lukaku e delle parole di Gigio che ha lasciato un pezzo di cuore al Milan ma che ora ha altre ambizioni.
Non è più tempo per le storie dei Totti o degli Zanetti, quei tempi sono finiti da parecchio, adesso inizi la stagione con una maglia e la finisci segnando alla stessa squadra dove giocavi ad inizio stagione, poi ti fermi e sollevi le braccia per scusarti perché non puoi mancare di rispetto ai tifosi che ti hanno visto vestire la loro maglia sette o otto volte.. non sia mai.
Però Borja no.
Lui avrebbe voluto giocare in serie A con la sua maglia viola, poteva trovare una squadra in B o rientrare in Spagna, poteva accasarsi ovunque ma si è fermato nella sua Firenze e ha lanciato un messaggio forte e chiaro.
Esiste ancora qualcuno che ha cuore, qualcuno che incarna i valori dello sport e che sposa quelli di una piccola società dilettantistica che partecipa alla vita della comunità, rimette in sesto parchetti e piccoli campi di provincia, permette ai bambini e alle bambine di giocare e di avere spazi e opportunità che il Borja bambino non ha avuto.

No, questa non è retorica, è un messaggio forte e chiaro, il calcio... anzi il pallone, morirà quando non ci saranno più i Totti, gli Zanetti e i Borja Valero, sicuro non quando smetteranno di nascere i Messi e i Lukaku.
Grazie Borja!