La magia, quell’incredibile incantesimo che trafigge come uno strale chi come me è appassionato di calcio, comincia quando imbocchi il tunnel con il motto del club, sulla parete di sinistra qui c’era scritto in grande “we are Leeds”.

È una di quelle immagini che hai visto scorrere tante volte in TV, nel tunnel un operatore della televisione si aggira in mezzo ai calciatori in attesa di fare il loro ingresso in campo, gli ex compagni si abbracciano e si scambiano un saluto, chi comunque si conosce anche solo per fama scambia con gli avversari cenni d’intesa e di stima, auguri più o meno sinceri.

E poi piccole scaramanzie, tensione e sudore, o anche solo freddo, dipende dalla stagione.

La Premier è ormai per ogni appassionato il campionato più bello di tutti, gli storici club e gli iconici stadi, che siano vecchi o recenti, rifatti sulle ceneri degli esistenti o ancora con le storiche strutture mantenute nei main stand, trasmettono tutto intorno allo stadio un’aura di passione e di calcio “vero” che siano immersi nei quartieri urbani e popolari delle grandi città dove sono nati i club, così come in quelle piccole dove spesso sorgono nella prima periferia cittadina.

Quando ci arriviamo noi in quel tunnel la TV non c’è, in realtà non c’è davvero nessuno ad aspettarci, il pavimento di formica grigia riecheggia al calpestio dei tacchetti, e davanti a noi il contorno del serpentone che delimita il tunnel ti abbaglia con la luce verde del “hallowed turf” che arriva dall’esterno, credo che quello sia il momento esatto in cui la magia viene sublimata, il momento in cui quella luce ti illumina e scalda il cuore e pian piano passi dalla penombra al campo, quando alzi gli occhi e tutto intorno vedi i quattro lati dello stadio, imponenti come all’Emirates o anche solo discreti nella loro piccola meraviglia come a Nottingham. Chi è nato guardando il calcio e lo respira sin da piccolo in quel preciso istante perde la parola e passa in quello stato di semi incoscienza che tante volte da bambino ha provato davanti ad una bella vetrina decorata o alle luci di Natale.

No, non si può spiegare quell’istante, chi lo conosce e lo ha vissuto anche solo una volta sa di cosa parlo, per gli altri potrà sembrare un’esagerazione e forse lo è ma per me e per tutti quelli come me, resta “la magia”.

La prima volta che sono andato a giocare in Inghilterra non la scorderò mai, da lì a poco avrebbero abbattuto il “The Boleyn ground” lo storico stadio di Upton Park dove allora giocava il glorioso West Ham. Il business reclamava spazi differenti, più posti per il pubblico ed attività commerciali e allora, complici gli imminenti giochi olimpici ed uno stadio “in zona” che sarebbe rimasto altrimenti inutilizzato quel fantastico e storico stadio è stato abbattuto per lasciar posto ad un condominio con gli “Hammers” costretti a traslocare nel nuovo stadio olimpico che tutto è tranne che uno stadio inglese per il calcio, almeno per come lo immaginiamo noi amanti ed appassionati, una delle operazioni meno apprezzate nella storia di qualunque club inglese. E se mi è concesso davvero essere onesto fino in fondo, e pur mio malgrado comprendendo senza però accettarne le ragioni, faccio ancora fatica a non pensare alle demolizioni di Highbury e di White Hart Lane come a degli enormi scempi. Si sarà già capito, sono un inguaribile romantico e per me il calcio dovrebbe stare lontano dal business ed essere solamente cullato dalla passione di chi lo ama altrimenti è inutile parlare e discutere del Fair Play finanziario o puntare il dito sulla Superlega, sulla Uefa e sugli emiri di PSG e City.

Fortunatamente certi ricordi nessuno li potrà mai scalfire ne tantomeno cancellare e, nella mia memoria, resterà per sempre il tragitto dalla fermata di Upton della District Line trascinando il mio trolley, e poi il momento in cui sono entrato nello spogliatoio dove, appesa in uno degli armadietti, c’era una maglia con il mio nome e ancora quello in cui ho attraversato il tunnel magico e, sulle note di I’m forever Blowing Bubbles, in un viaggio attraverso spazio e tempo iniziato quando ero bambino sono stato catapultato sul prato del The Boylen. Ecco, io partite ufficiali ne ho giocate parecchie centinaia, sempre da dilettante per carità, ma l’emozione di quel momento mi è rimasta addosso e non è mai passata, anche ora che sono passati dieci anni da quando l’ho vissuta.

I’m forever blowing bubbles

Pretty bubbles in the air

They fly so high, nearly reach the sky,

Then like my dreams they fade and die.

E invece no, il mio sogno non è svanito e nemmeno morto, è sempre vivo dentro di me ed ho cercato di rinnovarlo ogni anno grazie ad un’associazione benefica di Edimburgo che purtroppo oggi non esiste più.

Celtic Park, Wigan, Emirates, Nottingham Forest, Southampton, West Bromwich, Crystal Palace e, sempre grazie a loro, anche Marassi. Sarebbe dovuto seguire il St. James’ Park a Newcastle e invece, il Covid, il lockdown, hanno spazzato via tutto. Anni pesanti e terribili dove abbiamo perso tantissimo, alcuni di noi anche più di altri, cose che la vita riserva a tutti, ne fanno parte, momenti brutti e dolorosi, ma presto o tardi anche momenti di leggerezza e bei ricordi che possano aiutare a lenire il resto.

Credo davvero di essere nato per giocare, parlare e vivere di calcio, va da sé che come tutti devo anche guadagnarmi da vivere, ma come tantissimi altri come me in Italia, nel Regno Unito, o in qualunque altro paese dove questo sport spopola, la passione per il calcio è una spinta continua ed irresistibile che non posso e non voglio fermare pertanto, quando non lavoro o mi occupo della famiglia, guardo le partite di qualunque categoria e livello ma soprattutto vado regolarmente ad allenarmi ed a giocare e non mi è sembrato vero leggere dell’opportunità di giocare ad Elland Road in una bella e vivace cittadina recentemente riscoperta da tantissimi visitatori della Gran Bretagna.

Elland Roads, il Leeds United, la casa fino a poco tempo fa del “loco” Bielsa, uno di quegli stadi che avremmo voluto assolutamente visitare, uno di quei prati da calpestare, senza alcun dubbio.

E allora, grazie ad Andrea de “Il calcio Inglese” che ha reso realizzabile, di nuovo, questo bellissimo sogno, ho cercato immediatamente di comporre un gruppo di amici e compagni di squadra che condividesse con me, come al solito, il viaggio, i ricordi, le emozioni. A Selhurst Park nel 2019 eravamo ben 13 sui 15 totali in campo con la maglia azzurra a giocarci una spettacolare e combattuta Inghilterra- Italia, indimenticabile il momento in cui sulle note dell’inno di Mameli ci siamo messi a cantare con i ragazzi inglesi che ci osservavano stralunati, ma cosa ne possono sapere loro di quello che sente un appassionato italiano quando si liberano nell’aria le note di “Fratelli d’Italia”?

Purtroppo, il poco preavviso e tanti piccoli o grandi problemi personali così come gli infortuni patiti da alcuni di noi in stagione ha ridotto la pattuglia a soli sei elementi, sei appassionati che avevano comunque una grandissima voglia di esserci, di nuovo! Ed è stato bello e forse anche un po’ strano arrivare a Manchester su un volo pieno di tifosi dei Reds, in transito da Parigi, delusi da una finale in un certo senso persa ancora prima di entrare allo stadio per colpa di un servizio d’ordine francese sul quale è necessario stendere un velo pietoso, e poi viaggiare verso Leeds in treno attraverso la verde e rigogliosa campagna inglese, passeggiare per il centro di questa cittadina davvero graziosa e infine alla volta dello stadio dove siamo arrivati percorrendo a piedi gli ultimi metri discendendo una collina che domina lo stadio dall’alto (grazie anche per questa bellissima intuizione Andrea) e, una volta radunati tutti i partecipanti, siamo finalmente entrati nello spogliatoio dove abbiamo preso possesso dei nostri completi.

Pochi minuti e ci siamo ritrovati nel tunnel delle meraviglie, questa volta era quello con scritto “we are Leeds” dove, come sempre, la magia si è ripetuta.

Di nuovo.

 

Questo piccolo racconto è dedicato a Simon Farnan e a tutti i dipendenti di Football Aid che a causa del Covid hanno perso il lavoro e la possibilità di trasformare in realtà i nostri piccoli sogni, e ad Andrea Pettinello de "Il calcio Inglese" che sta cercando di crearne di nuove.