Ho qualche ricordo un pochino sbiadito di quando Roberto Mancini iniziò la sua carriera da allenatore, una cosa che mi è rimasta impressa però sono queste enormi sciarpe di lana con i colori della società che indossava in panchina, attitudine che non so se avesse mutuato da Mihajlovic o se è avvenuto il contrario. Sono passati quasi vent’anni da allora, oggi il commissario tecnico, nella elegante divisa disegnata da Armani per la nazionale, sorride ed è la cosa più bella che potesse fare per i suoi ragazzi.

La bellezza di questa nazionale è tutta lì, nei momenti che precedono l’inizio dei supplementari e soprattutto gli istanti prima dei rigori. In piedi, leggermente piegato in avanti a creare un ipotetico guscio con il suo staff ed i suoi ragazzi, Mancini parla con calma accompagnandosi con leggeri gesti della mano e l’indice sollevato ad indicare il numero uno, probabilmente inteso come ultimo. Non ci è dato sapere cosa stesse dicendo, tuttavia diverse sequenze televisive mostrano Daniele De Rossi, un duro, uno spesso molto serio, sorridere. Una, più volte.
Arriva da questa parte una meravigliosa unità di intenti, un’armonia in un bellissimo gruppo di amici che guida ragazzi più o meno giovani in un’avventura che non è solo calcio, non è solamente sport. Lo penso fermamente e lo ripeto quando posso, sbaglia chi pensa che sia solo un gioco. C’è tanta di quella vita in una squadra di calcio, in un gruppo, in quello che comunemente si chiama “lo spogliatoio” riferendosi al luogo in senso materiale dove chi non sa di calcio pensa si vada ad indossare maglietta e pantaloncini e dove invece nascono le favole e le storie che appassionano migliaia di sportivi, di tifosi e anche chi ogni tanto si lascia trasportare da una passione che non gli appartiene quasi mai.
E questa armonia, questa unità di intenti e questa serenità si vede più che mai nello spettacolare pezzo di teatro che mette in scena il nostro capitano davanti agli arbitri e ad un frastornato Jordi Alba. E come è successo ai nostri amici francesi dopo essere stati eliminati dalla Svizzera con qualche buontempone che ha iniziato una raccolta firme per ripetere la partita a causa di una presunta irregolarità sull’ultimo rigore, anche in Spagna hanno dedicato del tempo ad analizzare questo episodio, qualcuno attribuendogli un’enfasi esagerata e significati che non aveva, i più in realtà traendone l’essenza. Un Giorgio Chiellini a fine carriera e totalmente appagato da un bellissimo percorso sportivo ed un europeo giocato a buon livello da questa nuova nazionale, assolutamente consapevole che proprio oggi si è superato uno scoglio davvero impegnativo con passione più che con merito, e un Jordi Alba per contro che sa di aver fatto molto più del massimo per arrivare ad un traguardo che fino a poche ore prima nessuno gli accreditava ma che dopo questa partita sarebbe sembrato ai più assolutamente meritato. La gioia vera e spontanea del nostro capitano rovesciata come una furia sul piccolo pari grado spagnolo che non sa come contenerla e pare anche un pochino infastidito. Lo sente Jordi, sente il soffio del vento di Londra che sposta la palla di uno strepitoso Dani Olmo e la fa volare nel cielo sopra Wembley. Non è il capitano azzurro a dargli tanto fastidio quanto quella sensazione di occasione persa, lo sa già.

Ma a noi però, a noi che siamo qui lungo lo stivale a guardare questa piccola commedia dell’arte resta un sorriso più che accennato, qualcuno ride proprio nel vederlo sollevare lo spagnolo come fosse un bimbo. È affetto, Jordi non lo sa ma Giorgio è sincero in queste esternazioni, forse… non lo sanno in tanti anche qui da noi ma questo è un discorso al quale arriveremo in seguito.
E ancora, si vede nello sguardo di un bambinone troppo cresciuto, lo sguardo di quel Gigio Donnarumma che ha solo ventidue anni ma che ormai è un veterano del nostro calcio, uno sguardo tranquillo che infonde sicurezza, lo stesso sguardo che nelle interviste dopo la partita è leggermente umido, c’è un pizzico di emozione che non esce mai completamente ma che da comunque l’idea che dietro quel ragazzone ci sono anche delle emozioni e non solo un interesse economico come tanti probabilmente ormai credono a seguito della sua traumatica rottura con il club che lo ha cresciuto e lanciato. Gigio ha 22 anni, è un uomo, ma è anche un ragazzo e oggi conta solo la maglia gialla con lo scudetto tricolore e le quattro stelle, il resto no, adesso non conta niente.
E poi ci sono le storie di Luis Enrique, di Alvaro Morata e di Alice Campello.
Perché sì, alla fine abbiamo vinto. Dopo una partita che la Spagna ha dominato in lungo e in largo sul piano del gioco, cancellando l’idea di calcio che Mancini ha trasmesso ai nostri ragazzi negli ultimi due anni, grazie all’intuizione di un bravissimo tecnico e prima ancora grande uomo. Lucho ha la serenità interiore di chi è già passato attraverso le fiamme dell’inferno ed è tornato per dare al mondo la parte migliore di sé, la parte che è rimasta, non serve ripetere all’infinito il perché e scavare così tanto in un dolore intimo aggiungendo le foto come hanno fatti in tanti, in troppi. Nel suo simpatico italiano che sa di Asturie parla alla nostra TV nazionale con uno spirito che deve suscitare ammirazione e rispetto, parla di due belle squadre che hanno giocato una grande partita, la più bella vista finora, parla di calcio e di passione e risponde meravigliosamente all’imbeccata sul cambio che ha escluso Morata riconoscendo a Bonucci e Chiellini di aver imbrigliato un centravanti come Lukaku. Non si attribuisce un merito che palesemente è sotto gli occhi di tutti, ci dice solamente che lui è lì per questo e il suo lavoro lo fa maledettamente bene, ha davvero ricostruito una bella squadra Luis Enrique, come “il Mancio” anche lui ha rimesso la chiesa al centro del villaggio con buona pace di chi storceva il naso dopo i deludenti pareggi con Polonia e Svezia dimenticandosi quanto difficile possa essere giocare a calcio contro qualcuno che davvero non lo vuole fare come i nostri amici del nord Europa..
E allora tra le cose che più apprezzo c’è il suo fraterno abbraccio a De Rossi prima della partita, le sue battutine e i risolini con Chiesa ad inizio supplementare come se fossero ad una partita tra amici, ci sono i suoi complimenti alla nostra squadra, l’augurio di vederci trionfare in finale senza dimenticare di scusarsi con l’eventuale altra finalista, c’è il suo sorriso gentile e sincero seppur velato di una delusione più che comprensibile. C’è una persona, un uomo, uno sportivo per il quale nutro una grande stima.
E poi c’è la delusione di Alvaro Morata che capisce la necessità della squadra e resta un’ora seduto a vedere i suoi compagni imbrigliare la nazionale migliore vista finora all’europeo, poi si alza e fa venire il mal di testa ai suoi attempati amici delle partitelle di Vinovo, uno-due con Dani Olmo e tocco leggero a battere il gigione nazionale. Se potessi dedicarti una canzone caro Alvaro ti farei ascoltare l’inflazionata La leva Calcistica della classe ‘68 di De Gregori, oggi Nino sei tu, per nostra fortuna e per il tuo dispiacere. Tuo e di Alice, che dall’inizio di questo europeo ha dapprima dovuto leggere e sentire minacce dei tifosi iberici perché, come a volte ti succede, sotto porta non sei sempre puntuale. E poi le è toccato ricordarsi che l’ignoranza è un male che non ha bandiere, confini, né nazionalità precise. Minacce di morte dalla Spagna, offese e auguri di ogni male per sé ed i figli da idioti nostrani. Guai ad accostare queste menti sconnesse al calcio, al meraviglioso spettacolo che abbiamo vissuto ieri e a quanto attiene a questo meraviglioso sport. Quelle sono malattie, frustrazioni e disagi che vanno oltre qualunque cosa e che, come mi è già capitato di ricordare, sono purtroppo amplificate dai nuovi mezzi di comunicazione ai quali proprio tutti hanno accesso, brutture alle quali dobbiamo tutti ribellarci e fare in modo che non siano ne tollerate né possibili.
Alvaro ed Alice hanno già una condanna e la relativa pena da espiare, lui sarà per sempre quello che ha eliminato la Spagna da Euro 2020 e lei dovrà convivere con la sua frustrazione, ma sono giovani sanno che fa parte del gioco e non è un dramma, passerà soprattutto perché questa Spagna ha un futuro luminoso e penso che Morata ne farà parte. Il resto no, quello non si può e non si deve accettare!

E adesso, tornando a noi, ci sono tre giorni che ci separano da un ultimo meraviglioso atto di questa festa.
Ancora non sappiamo se domenica a Wembley troveremo la squadra delle belle favole e dei biscotti fatti in casa, quella Danimarca che conquistò le simpatie di tutti vincendo un europeo dove erano arrivati in costume da bagno, la stessa nazionale che ha brillantemente superato il trauma dell’incidente occorso ad Eriksen e ha costruito intorno a quella drammatica giornata un percorso fantastico, la stessa nazionale che ci estromise dall’europeo in Portogallo con uno sputo ed un pareggio tanto difficile da ottenere nella misura quanto letale e difficile da digerire per il paese di Machiavelli, come i loro giornali e quelli svedesi si premurarono di ribadire quando il biscotto iniziò a prendere forma.
O se troveremo la perfida Albione, la squadra finora capace di non subire nemmeno una rete e che ha risvegliato gli entusiasmi di un popolo che da sempre vive di calcio e di rugby e che da ormai troppi anni aspetta di festeggiare un trofeo pallonaro importante dopo il discusso mondiale casalingo del ’66.
It's coming home It's coming home It's coming Football's coming home (we'll go getting bad results)
Conosco tante brave persone oltremanica, colleghi che sono diventati amici e altri conosciuti per caso in circostanze che descriverò in prossimi racconti, sportivi ed appassionati come il mio amico Andy che tifa l’Aston Villa e mi scriveva messaggi di supporto seguendo i tragici risultati del mio Pescara e che ieri sera era a Wembley con la nostra maglietta addosso. Da persone come lui ho percepito grande stima per la nostra nazionale e il meraviglioso percorso svolto finora, tuttavia ho anche letto da altri molte brutte cose a seguito delle presunte simulazioni contro il Belgio o relative alla nostra proverbiale attitudine difensiva, qualcuno in tono più ironico molti altri aggressivi e inaccettabili.
Facce diverse di una stessa medaglia. Chi insulta Chiellini e Bonucci in italiano perché juventini, chi in inglese perché “vecchi” e troppo difensivisti, chi Immobile in fiammingo per le sceneggiate, chi insulta Morata in spagnolo per il gol mancato o in italiano per quello fatto, chi sempre in italiano con insulti della peggior specie, la presentatrice belga perché spezza gli spaghetti.  
E se Eefje Depoortere gli spaghetti poi li ha riattaccati dimostrando una superiorità interiore ed un non comune senso dell’umorismo, tutte queste persone non riusciranno a spezzare l’incantesimo. Quello di ieri è davvero un meraviglioso spot per il calcio, gli azzurri hanno vinto, la Roja ha perso ma hanno vinto anche loro. I rigori mandano la nostra nazionale in finale ma la Spagna ha oscurato il nostro brillante cammino fino a qui mostrando un bel calcio e grande personalità per una squadra così giovane, a noi per una volta dopo tanto tempo non resta che godere della capacità di resistere a qualcuno che si è mostrato più forte, fa parte del nostro carattere e del nostro DNA, siamo quelli visti con il Belgio e la Svizzera ma anche quelli di ieri che soffrono con il coltello tra i denti e sanno far male alla prima occasione. Avessimo anche perso non saremmo entrati nell’albo d’oro dell’europeo, e ancora non ci siamo in verità, ma nel cuore di chi ha visto la partita resteranno la sofferenza sportiva e la gioia finale sull’usuale saltello di Jorginho. È un po' come guardare indietro e ripensare ad Italia ’90 o ad Usa ’94, non siamo nell’albo d’oro ma i ragazzi del 2021 sul pullman cantano “Notti magiche” e allo stesso modo milioni di Italiani ancora oggi amano il divin Codino per le grandi emozioni del mondiale americano, nonostante tutto.

E’ stata una bella serata di calcio, di emozioni sportive forti e di grandi persone che abbiamo visto nelle loro vesti calcistiche ma che sono uomini prima ancora che allenatori o calciatori, il calcio delle nazionali a mio modestissimo avviso non è minimamente paragonabile a quello dei club e delle Champions, ognuno è libero poi di attribuirgli valori differenti ma è la storia a fare le classifiche di queste emozioni e vedere ragazzi di squadre diverse mettere la maglia numero 4 e dedicare la vittoria allo sfortunato Spinazzola non ha davvero prezzo.

Olèèè, olèèè olè olè… Spinaaaa, Spinaaaa…

Bene, la serata di ieri è già parte del passato e verrà sicuramente ricordata negli anni a venire come un’altra notte magica nonostante il tentativo dei tifosi inglesi presenti a Wembley di farci ascoltare ancora una volta il loro tormentone che sa di viatico ad una finale tanto desiderata quanto attesa, molto probabilmente però anche loro oggi avranno nella testa quest’altra canzone che faceva così:
Festa, ma che bella, ma che bella, questa festa Ma che bella, ma che bella, questa festa Questa festa, questa festa insieme a te