Quella manciata di persone che ancora dedica qualche minuto a leggere le cose che scrivo penso che ormai lo abbia capito, mi piacciono le storie, mi piace immaginarle, mi piace soprattutto tratteggiare i personaggi che creano queste storie. Parte dei  pensieri che seguono sono arrivati la scorsa domenica, dopo gli anticipi del sabato e la giornata di serie B, prima che il Verona decidesse di dare il benservito a Di Francesco il che mi ha generato delle altre idee e un pochino, anche se solo temporaneamente, scombussolato i piani perché c’era un altro personaggio da raccontare con una storia che a brevissimo perderà la sua attualità e finirà suo malgrado in panchina, ma solo nella memoria di chi segue il calcio perché quella a bordo campo ormai non l’ha più e, penso, non la avrà a lungo.

Le premesse per questa nuova piccola divagazione invece, a mio modesto avviso hanno una scadenza un po’ più lunga e credo proprio ci siano ancora. Questa piccola storia parte da una città che lega origini e vite dei suoi interpreti, sembrerebbe proprio che mi sia appassionato alle sorti degli allenatori, alla loro costante precarietà.
Quando pensi ad un particolare luogo potrebbero esserci molteplici spunti, pensieri o ricordi che possono tornarci in mente, oppure nessuno. Livorno evoca immediatamente in me il ricordo di “Ovosodo” un film di Paolo Virzì dal sapore dolceamaro che uscì nelle sale nel 1997, a quel tempo non ero nemmeno mai passato da lì e ammetto che la storia di Piero, soprannominato Ovosodo per via del quartiere dove viveva, mi aveva divertito, ma allo stesso tempo anche fatto riflettere sulla realtà di città come quella, in particolare mi avevano colpito i personaggi e i racconti di Piero agli altri operai più anziani e meno istruiti all’interno della “fabbrica” (in realtà la raffineria ENI). Da lì in poi ho spesso identificato, in maniera molto romantica in verità, i livornesi con quel crocchio di operai. Umili, simpatici e divertenti, in quel film tutto era un po’ precario e dannatamente malinconico ma anche un po’ romantico appunto.

Oggi per me, ma immagino per molti altri, Livorno è una città come tante che in maniera molto banale associo solo alle partenze in traghetto per le isole e che sono state anche l’unico motivo per transitarvi. Eppure, Livorno è una città con una storia importante sviluppata nei secoli intorno al suo porto, uno dei più importanti del Mediterraneo già a partire dal XIII secolo, quando insieme al porto Pisano successivamente interrato, formava il grande scalo marittimo della Repubblica di Pisa e dove poteva capitare di sentir parlare in olandese camminando lungo un canale di questa città che accoglieva gente da ogni dove, come ad esempio gli ebrei sefarditi fuggiti dall’inquisizione. A loro, secondo le ricostruzioni storiche, si deve il carattere e la mentalità del livornese sempre pronto a ridere e scherzare su tutto utilizzando smodatamente allusioni, perifrasi ma soprattutto antifrasi, ovvero esprimersi con termini di significato opposto a ciò che si pensa, per ironia o per eufemismo.

La strana coppia di Terni
Ed è proprio a Livorno che nel 1921 fu fondato il Partito Comunista Italiano, ne prendo spunto per la prima delle mie due storie legate a questo luogo, quella dell’attuale mister della Ternana, Cristiano Lucarelli cresciuto nel quartiere chiamato Sciangai, ai tempi insieme a Corea, uno dei più difficili della città, nomi che sanno di Asia e di oriente però scritti così, scorrettamente, alla toscana e che devono il proprio nome solo a causa dei piccolissimi appartamenti, quattro per ogni piano, presenti nelle grandi case popolari che li costituivano.
Cristiano è molto probabilmente uno degli esempi più lampanti di calciatore che non abbia mai fatto mistero del proprio credo politico, quello che mostrò Che Guevara sotto la maglia della nazionale Under 21 e che rifiutò il contratto del Torino per tornare a giocare nella sua città traendone poi il libro Tenetevi il miliardo e, per ritornare sulla mentalità livornese, fu con questo spirito che poi un giorno disse, riferito ai soldi ai quali rinunciò, “Una spesa per me, un regalo. Ci sono giocatori che si fanno la Ferrari, lo yacht. Ecco io con questi soldi mi ci sono comprato la maglia del Livorno. Tutto lì.”
Ora, alla luce di quanto detto finora sembrerebbe anche abbastanza semplice capire perché Livorno non sia stata molto tenera con Stefano Bandecchi, anche lui livornese e attuale presidente di Lucarelli il quale fu respinto con veemenza per il suo passato tra MSI e Forza Italia da slogan inequivocabili della tifoseria livornese (Bandecchi attento...a Livorno fischia ancora il vento!!!). Teoricamente, e per le stesse premesse, anche Terni avrebbe dovuto respingerlo e invece è diventato uno degli uomini più rispettati della città, ma non è questa la storia da raccontare, la storia è quella del concittadino che Bandecchi ha scelto per la sua Ternana e che sotto la guida di questa strana coppia, che è già di per se una antifrasi, è diventata numeri alla mano la miglior squadra di sempre della serie C, forte di novantacinque gol realizzati in campionato valsi ben novanta punti e quattordici vittorie lontano dal Liberati.

A fine campionato il distacco sulla seconda era di ben ventidue punti!
La serie C non è un campionato semplicissimo, qualche tempo fa un collega blogger di questa piattaforma parlando del “nostro” Pescara lo ha definito, facendomi sorridere, un campionato rozzo, fisico, dove occorre umiltà e fame, voglia di combattere, perché la C è un campionato anche falloso e "ignorante". Ecco, le premesse per una squadra che ha polverizzato le avversarie in quello che, all’interno dell’inferno appena descritto, è probabilmente il girone più difficile erano sicuramente quelle di giocare una serie B di assoluto livello, non sempre il salto di categoria significa un immediato ritorno nella serie inferiore come invece ormai avviene sempre più spesso quando il salto lo si fa dalla B nella massima serie.
Eppure, nonostante gli “innesti di categoria” e le mirabolanti premesse alimentate da una clamorosa vittoria a Bologna contro una squadra di serie A, segnando addirittura cinque gol in novanta minuti, la Ternana sta clamorosamente mancando l’appuntamento con il campionato cadetto, o meglio, stanno mancando soprattutto i risultati.
Sconfitta in casa con il Brescia di Inzaghi alla prima, sconfitta di misura a Reggio Calabria alla seconda e crollo verticale in casa alla terza con il Pisa, un colpo ancora più duro per i livornesi Bandecchi e Lucarelli, colpo in realtà molto ben assorbito dal presidente che a fine gara è andato nello spogliatoio pisano a congratularsi.
Mi domando sempre fino a che punto una squadra che ha stradominato la Lega Pro debba necessariamente essere stravolta o “rinforzata” per affrontare la categoria superiore, soprattutto se questi rinforzi alla fine si rivelano essere vere e proprie zavorre, lo richiede la piazza, è consuetudine. Ma non credo sia questo il punto adesso, allo stato attuale immagino che il rischio più grande che la Ternana possa correre sia un eventuale esonero del tecnico, magari sull’onda emotiva di un crescente malumore dei tifosi, di solito va così e l’allenatore paga per tutti, l’ho anticipato… è appena successo a Di Francesco, squadra modesta e allenatore allontanato senza nemmeno dargli il tempo di cambiarne assetto e mentalità dopo due stagioni passate sotto la guida di uno che aveva idee diametralmente opposte.
Sabato, dopo la terza sconfitta di fila, Cristiano Lucarelli si è preso tutte le responsabilità del caso aggiungendo di non essere però preoccupato e di essere serenissimo.

Risorgeremo? Sì
E questa è la prima delle certezze che ho
. Se, come spero e credo, il buon Bandecchi riuscirà a mantenere la barra dritta e non disarcionare il suo concittadino, Cristiano rimetterà le cose a posto e darà dignità al campionato neroverde in questa categoria superiore dopo la grande galoppata della scorsa stagione.
Dopo la sconfitta alla prima in casa con il Brescia, che è oggettivamente una delle candidate alla vittoria finale, è stato molto duro non con la squadra quanto con i tifosi diventati tutti più esperti di lui giocando al fantacalcio, la sua risposta in merito è stata netta e perentoria: “I miei calciatori non li butto nel cesso, li difenderò fino alla fine”.
Lo so Cristiano, non mi aspetto niente di più, niente di meno. Sei un uomo di campo e sicuramente un buon tecnico, forza e coraggio!

Di “corto muso” a Torino
Il filo della storia passa anche dal quartiere Coteto. Intorno a strade che negli anni Cinquanta erano in terra battuta e contornate solo di cascine iniziarono a sorgere case e palazzine. Questa parte della storia riguarda un personaggio che è certamente molto più noto del suo concittadino Lucarelli, con un compito probabilmente ancora più gravoso che salvare la Ternana, fatte ovviamente le debite proporzioni perché nessuno meglio di me può sapere quanto possa valere per un tifoso delle fere una salvezza in serie B, non puoi ovviamente paragonarla per il resto del mondo ad una Champions, ma vale. Vale tantissimo.
Lui è Massimiliano Allegri ed inizierei, seguendo appunto il filo della storia, dal suo rapporto con l’antifrasi livornese:
"Questa città mi ha insegnato a non patire le differenze,
chi non ha nulla ragiona come se fosse ricco sfondato.
Io andavo male a scuola e ambivo a fare il preside.
Non ci prendiamo sul serio, siamo difficili da capire.
Cani che abbaiano molto e mordono poco.

Io mordo educatamente".

Io mordo, educatamente… beh, io lo trovo semplicemente meraviglioso, frasi vere tratte da un’intervista a Repubblica del 2015.
Stagioni per lui bellissime, vincenti. Il Milan poi la Juve, tanti scudetti ma niente Champions, Cristiano “lo esonera” perché pauroso e Andrea lo mette da parte, sperimenta e poi lo richiama nel bel mezzo della tempesta perfetta: una stagione fallimentare, i giocatori migliori invecchiati, i giovani non ancora maturi e lo strappo improvviso del top player che sbatte la porta e se ne va.
E lui è lì, tranquillo e…apparentemente sereno, almeno per quanto possa vedere e capire io che ne sento solo dichiarazioni ed interviste.
Pareggio a Udine alla prima, in vantaggio di due reti e gravi responsabilità del povero Szczesny, poi sconfitta in casa con l’Empoli, chi non ha mai giocato non può sapere che tipo di contraccolpo possa essere l’addio improvviso di un giocatore che i compagni ritengono fondamentale, soprattutto emotivamente, indipendentemente dal fatto che, in quel momento storico, in campo incida tanto o poco. Prima di Napoli il buon Allegri si trova a dover rinunciare a parecchie pedine tra le quali uno dei giocatori più in forma del momento, e non solo nella sua Juve, Federico Chiesa. Eppure, dichiara: faremo una grande partita.
E invece seconda sconfitta in tre partite, un solo punto in classifica che dice Juve con gli stessi punti di Cagliari e Spezia e davanti solo a Verona e Salernitana che hanno sempre perso.
A Napoli la Juve disastrata di Massimiliano è rimasta in vantaggio per quasi un’ora e poi, di nuovo, Szczesny ci ha messo del suo. Uno a uno e a cinque dalla fine una sfortunata deviazione di Kean (di nuovo, solo chi non ha giocato può non capire che quella palla è sbucata all’improvviso e il metterci la testa è stato spontaneo quanto inevitabile...) ha fatto il resto. Episodi.
Dopodiché si è saputo che Spalletti lo ha cercato per salutarlo, ma Allegri lo ha evitato almeno fino alla porta che dà sulla sala stampa dove il livornese ha tirato fuori tutto il malessere che ha accumulato in questo terribile inizio di stagione, no non sembra completamente sereno. Ma di tempo non ce n’è e allora si deve preparare la trasferta in Svezia e il mister, sollecitato sui gravi errori che stanno caratterizzando questo inizio di stagione, non ha dubbi: “la qualità maggiore di Szczesny è l’affidabilità, tre errori di fila, se me lo avessero detto avrei risposto voi siete matti. È un portiere di valore assoluto e domani lo dimostrerà”.

Come Lucarelli prima, Max non butta nel cesso i suoi giocatori (semi-cit.)

E a Malmö la squadra ha fatto la partita che doveva fare, lontanissima dal sembrare una corazzata invincibile, ha comunque portato a casa una vittoria che fa sicuramente morale, certo non su un campo impossibile ma tutte le partite diventano difficili se arrivano nel momento sbagliato, mi domando: la Juve che ha giocato con l’Empoli avrebbe vinto tre a zero l’altra sera? Non c’è la controprova, non c’è quasi mai, ma io credo proprio di no.
E non credo nemmeno che, a differenza magari di Lucarelli, Allegri possa avere il benché minimo dubbio di rischiare un esonero e non terminare la stagione, i suoi sono problemi differenti perché nonostante le premesse e la situazione da post cataclisma sportivo, qualcuno (tanti) si aspettano da lui che vinca, possibilmente presto. Nel post-partita in Svezia ha ricordato una cosa importante “bisognerebbe sempre distinguere il risultato dalla prestazione" ma qui entrano in gioco le aspettative dei tifosi che con lui non sono mai stati teneri, nemmeno quando ha vinto.

E questa è la seconda delle certezze che ho. Allegri tirerà fuori questa squadra da dove è “precipitata” ma senza darle un gioco spumeggiante e spettacolare, per chi deve sempre vincere il tempo per queste cose non c’è, Sarri non lo aveva capito quando è arrivato, probabilmente nemmeno chi lo aveva assunto. Max tirerà fuori dei giocatori forti e sicuri dei propri mezzi, rimetterà in campo una squadra che potrà anche sembrare brutta, sporca e cattiva ma che alla fine sarà nuovamente vincente.
Anche di corto muso, ma vincente.

La rimonta dei livornesi
Ho trovato un artista livornese che si chiama Giusy Anzovino, ha raccolto una serie di detti e proverbi livornesi fatti di mare, di libeccio, di ponci(*) in un piccolo libro:  il vero fiore all’occhiello di questa città siamo noi livornesi: gente bella, tenace, talvolta un po’ testarda, ma con delle straordinarie doti morali, in barba a chi dice che siamo sfacciati, sboccati, dispettosi e anche rognosi… Sarà anche un po’ vero, ma questo perché al posto dei fronzoli e del falso perbenismo scegliamo la schiettezza e la sincerità. Se ti diciamo una cosa è quella… e tu sai che è proprio vera!
Cristiano, è quasi sempre in tuta, ogni tanto gli scappa una parolina anche in conferenza stampa e se lo avessi visto in Ovosodo dentro la fabbrica di Piero a raccontare le storie non mi sarei sorpreso, nel mio immaginario è un personaggio molto più livornese di Massimiliano che invece ha assunto una discreta eleganza, è sempre in giacca e cravatta e si contiene, se non lo insegui per tirargliele fuori. Lo avrei visto meno a suo agio dentro il film di Virzì ma la sua origine livornese viene fuori costantemente nelle sue interviste e nel suo modo di esprimersi.
Il primo ha detto che la Ternana risorgerà, l’altro che l’obiettivo è entrare nelle prime otto di Champions, io li aspetto entrambi, se dicono una cosa è quella, ora perdono ma vinceranno non so se è una antifrasi da livornese ma so che arriveranno.

 

(*) deriva da punch come la bevanda inglese fatta con Tè, zucchero, acquavite, limone e cannella, il ponce livornese prevede il caffè al poso del tè e del liquore al posto dell’acquavite, solitamente il Rumme che è a sua volta una variante del Rum.