Caro Cristiano, ti scrivo.

Caro Cristiano, ti scrivo questa lettera che non leggerai mai, è solo una in più tra le decine di migliaia che tanti come me ti hanno scritto in forma diversa, come messaggio, post, tweet, in qualunque forma possibile, da ogni parte del globo.

Non mi conosci come non conosci tutti gli altri che, dopo la tua frettolosa fuga dello scorso venerdì, in qualche modo hanno voluto esprimere un parere, un pensiero o un’emozione, che fosse gioia o delusione, tristezza o rabbia.

Sai, io mi ricordo di te da tanto. Certi dettagli, cose perlopiù inutili e futili le ho acquisite con il tempo dopo che sei diventato un marchio globale, uno dei più importanti del pianeta soprattutto nell’ambito sportivo perché a quel punto la tua vita, anche quella privata, era diventata di pubblico dominio. Io però sempre stato interessato solo allo sportivo, al calciatore. La prima immagine che ho di te sul campo è con la stessa maglia rossa che hai deciso di rimettere qualche giorno fa, anche se quella sera all’Olimpico vestivate la seconda maglia bianca.

Era il 1° aprile del 2008, quarti di finale di Champions, Scholes mise una palla in mezzo ad un’area affollata praticamente alla cieca, tu entrasti da fuori inquadratura con un terzo tempo davvero impressionante, quasi da giocatore di basket, uno strapotere fisico incredibile. Un colpo di testa pieno, forte come se avessi calciato di piede, imparabile. Lo guardai parecchie volte da ogni possibile inquadratura, quello stacco imperioso mi aveva tramortito più di quanto probabilmente impattò su Cassetti che fu letteralmente sovrastato.
Quell’anno avete vinto la Champions e, come spesso accade, come figura simbolo di quella squadra vincente hai vinto il tuo primo pallone d’oro. Allora non eri ancora il più forte, o uno dei più forti, non eri ancora diventato CR7 perché hai sempre saputo, nella tua fredda, lucida determinazione, che per essere il top dovevi giocare con i migliori.
E allora lasciasti quella gloriosa maglia rossa e con lei il suo mentore che ti aveva scoperto in Portogallo credendo fortemente in te, lanciandoti sul grande palcoscenico mondiale come una giovane promessa trasformatasi poi in certezza, perché tu avevi davanti agli occhi un solo ed unico obiettivo, diventare il più forte, diventare il numero uno, il più grande di tutti.
Senza voltarti indietro hai salutato tutti, hai chiuso la valigia, sei partito per Madrid. E sei diventato il più grande di questi tempi, anzi, uno dei più grandi insieme al tuo rivale di sempre, Leo Messi.
Quel giorno di luglio del 2009 i tifosi dello United provarono le stesse emozioni che oggi provano i sostenitori della Juventus e già allora le reazioni furono controverse, qualcuno pensò subito all’enorme quantità di denaro che Sir Alex Ferguson avrebbe avuto a disposizione per sistemare la squadra, qualcuno si sentì tradito, altri guardarono direttamente oltre. Tra tanti commenti penso sia interessante ricordare quello di Andy Mitten che al tempo era redattore della rivista dei Red Devils, la UNITED WE STAND:

"History will remember him very well in terms of his contribution as a footballer - he'll also be seen as petulant, egotistical and stubborn but he's been a wonderful player.

Tredici anni fa eri già un giocatore meraviglioso ma dell’uomo Cristiano si pensava che fosse petulante, egoista e testardo. Sei sorpreso? Si...? No?
No, lo sai anche tu, queste "qualità" fanno parte del tuo bagaglio personale, fanno parte del tuo segreto, della tua forza.
Perché a te, Cristiano, dei tuoi “tifosi” non è mai interessato molto e forse è più giusto così che baciare la maglia o piangere. I tifosi ti servono, lo sai perfettamente perché senza di loro niente magliette, scarpe, occhiali, mutande, sponsor. E allora ti fermi, sorridi, foto, selfie, autografi. E poi via, dritto per la tua strada.
Il Real sì, ti ha permesso di diventare il numero uno, forse l’uno e mezzo perché Leo non ha mai avuto il tuo fisico, la tua determinazione, la tua potenza, ma ha il genio. Lui danza con la palla, non me ne avere a male, per me come calciatore sei sicuramente un grandissimo, è universalmente riconosciuto, ma lui alla palla ha davvero sempre dato del tu, più di te.
Tuttavia, altri quattro Palloni d’Oro, altrettante Champions League. E quando Raul lasciò il Real tu lasciasti il numero nove per riprendere il tuo sette creando nel 2013 il famosissimo marchio CR7.
E di nuovo, magliette, scarpe, occhiali, mutande, sponsor.
Sai Cristiano, il giorno che hanno cominciato a circolare le voci di un tuo addio al Real, con possibile destinazione Juve, sono rimasto sorpreso, colpito, non sono Juventino ma in qualche modo mi fece piacere sapere che saresti approdato nella nostra massima serie.

Ho una mia idea molto semplice in proposito, se ne è parlato, ci sono stati articoli e storie su questo. Quando hai incrociato la Juve in Champions nell’aprile del 2018 hai lasciato il segno, lo hai fatto a tuo modo. Un gol immediato, di rapina, tecnica e velocità, e poi quella meravigliosa rovesciata che valse una standing ovation dello Stadium, quel momento, quel lungo interminabile applauso a scena aperta ti colpì, si vedeva nel tuo sguardo, solitamente concentrato e feroce, per un attimo scoperto, vulnerabile, umano.
Mi correggo, oggi credo che colpì di più il tuo smisurato ego, la tua enorme voglia di sentirti acclamato, adorato come ormai non eri più per molti a Madrid, come non eri più, ad esempio, per il tuo presidente. La Juve una settimana dopo venne a Madrid, senza il suo miglior giocatore espulso nella gara d’andata, e giocò una partita coraggiosa, gagliarda. La eliminasti tu con un rigore nel recupero la famosa sera del bidone della spazzatura di Buffon ma quella sera pensasti “questi hanno le palle, con questi posso vincere ancora…!”

Tu però non lo sai cosa davvero ha significato per i tifosi della Juve, per i tifosi di tutte le avversarie, il tuo arrivo a Torino. Tanti hanno sbeffeggiato la Juventus per questa operazione impossibile, spaventosamente onerosa per un club italiano. Per te erano dettagli, il tuo contratto milionario, la villa in collina e le bisarche che trasferirono il tuo clamoroso parco auto sulle colline del capoluogo piemontese.
​E il tuo ego è stato appagato di nuovo, dal folle amore per il calcio di questo incredibile paese, non solo dai tifosi bianconeri, da tutti, perché ovunque gli appassionati sono andati allo stadio a vedere la Juve, a vedere Ronaldo! Applausi, quasi in ogni stadio ma soprattutto allo Stadium e l’apoteosi la sera della pazzesca rimonta all’Atletico, tre gol, tutti tuoi. Quella sera, dopo la partita, sei andato a cena in un ristorante in città e tutta la sala si è alzata in piedi ad applaudirti. Il punto più alto della tua esperienza bianconera, quella sera il tuo ego è esploso.
E forse è vero, la squadra non era alla tua altezza, non era minimamente all’altezza del tuo ego e delle tue aspettative.

Caro Cristiano, a Torino non è arrivato il ragazzo che giocava nello United ma il marchio globale che è nato a Madrid, il campione che ha vinto quattro Champions giocando con una squadra di fenomeni, molti con un ego smisurato (penso, per esempio a Sergio Ramos) tutti con la consapevolezza di essere forti, fortissimi, fuori e dentro il campo. A Torino tu hai però cancellato quello che di buono Allegri aveva costruito con la sua Juve, lui era venuto al Bernabeu nella stagione precedente a far giocare una squadra in campo quasi senza stelle fino ad un solo passo dalla vostra incredibile eliminazione, poi sei arrivato tu. Quello che deve sempre essere nell’undici iniziale, quello che non vuole mai uscire, neanche per la standing ovation, quello che vuole tutte le palle, sempre.
E nonostante tutto potevate anche farcela perché, per il modestissimo parere di questo appassionato, ad Amsterdam vi ha fregato un palo di Douglas Costa sul finire della partita d’andata, e la settimana dopo poteva essere un’altra storia. L’Ajax giocò molto bene a tratti, ma potevate passare, potevate arrivare in fondo. C’è poco da dire, il tuo gesto verso Allegri a fine gara quella sera parlava chiaro, il suo esonero lo hai deciso tu, probabilmente hai contribuito anche in quello di Sarri mentre Pirlo non era pronto, non dovevi dire niente. Ma troppa, troppa approssimazione per uno come te, troppi anni senza vincere la Champions, senza un pallone d’oro senza che il tuo ego potesse essere appagato, con l’aggravante di uno Stadium desolatamente vuoto.
E poi la Juve ti ha mandato un segnale forte, fortissimo. E ti ha fatto ritrovare seduto in panchina quel mister “fifone”, quello che aveva vanificato con il suo atteggiamento pauroso il miracolo che avevate, avevi, compiuto con l’Atletico.
Nel mezzo, oltre 100 gol in bianconero, nessuno può dire che il tu il tuo non l’abbia fatto, sempre sugli scudi, la solita media di trenta gol a stagione qualcuno anche clamoroso come l’imperioso stacco di Marassi con la Samp che mi riportò indietro di anni, a quel famoso terzo tempo dell’Olimpico nel 2008.

Sai Cristiano, io però sono un appassionato, un amante del calcio e delle emozioni che possono derivare da una vittoria, a volte anche da una sconfitta. Non posso permettermi di calcolare fino a che punto il tuo acquisto possa aver impattato sulle finanze della Juve, non lo so fare. Probabilmente non hai mai avuto alle tue spalle una squadra del livello che speravi tu ma il campionato italiano non è la premier e nessuna squadra, nemmeno la Juve, ha la forza economica di City o Chelsea e nemmeno di Real, Barca, e PSG.  Qui però c’è tantissima passione, chiedi a Mourinho cosa significa vivere il calcio qui, in piazze come Roma o Napoli, per esempio, perché tu…no, tu non lo sai.
Rivedo alcune scene di quando sei arrivato, ricordo Giorgio Chiellini e Gigi Buffon che ti abbracciano con vigore, con affetto. Due bambini felici, oh…il più forte è qui con noi ora!! Però tu eri li fermo, le braccia lungo il corpo, troppa confidenza, troppo vicini. Magari poi negli anni ti sei un po’ lasciato andare, magari la pazzia di Pinsoglio un pochino ti ha colpito e ti ha ammorbidito ma sempre poco, sei sempre stato concentrato sul tuo obbiettivo. Vincere, vincere, solo vincere. Tu, prima di Voi.
Perché la Champions vinta a Torino avrebbe avuto un sapore diverso, più forte ed intenso. Non la vincono mai la Champions qui, in Italia lo sanno tutti, se la vinco è merito mio, di CR7. Mi hanno preso per vincere la Champions e io l’ho vinta, ed è arrivato anche il sesto pallone d’oro, sono il più forte di tutti!
Invece il terreno ha iniziato a franarti sotto i piedi, Leo ha pianto e poi si è accasato a Parigi nel “Dream Team” del Qatariota, Lukaku ha lasciato questa “povera” serie A rinforzando i campioni d’Europa del Chelsea e tu ti sei ritrovato nella stessa squadra dello scorso anno, troppo debole e per di più con il mister fifone che, ironia della sorte, non ha avuto nessuna remora, nessuna paura a spedirti in panchina alla prima. A me...? Voi non sapete chi sono io!

Io sono Cristiano Ronaldo dos Santos Aveiro, il mondo intero mi conosce come CR7. Io non posso fare la riserva di nessuno, nonostante i miei 36 anni io sono ancora il numero uno, forse l’uno e mezzo perché Leo c’è ancora. Jorge, trovami una squadra perché io qui non gioco più, lo dico al fifone domani, vado al campo e glielo dico, io qui non ci voglio più stare!
E poi le voci, Ronaldo al City, forse al PSG. Di sicuro c’è solo che sei andato alla Continassa a salutare tutti, ha svuotato l’armadietto, ti sei ripreso la brillantina che ti permette di andare in campo sempre pettinatissimo con il tuo ricciolo sulla fronte e sei andato via, aereo privato e in due ore eri in Portogallo, per quanto ne possono sapere quelli come me senza uno straccio di accordo con nessuno, bastava lasciare quel centro pieno di giocatori modesti.
Ai tifosi non è dato sapere la verità, in questo caso credo che nemmeno chi lavora nelle redazioni sportive sapesse molto, ad un certo punto sono iniziate a circolare le dichiarazioni di Guardiola, lui non ti avrebbe preso. Ma siamo seri Cristiano, Pep escluse uno con un ego anche più grande del tuo come Ibra perché gli rovinava il tiki taka del suo Barcellona vincente, poteva mai mettere in un ingranaggio rodatissimo come il suo City uno come te e crearsi un problema da solo?
Quindi è uscita una dichiarazione di Solskjaer, “se Cristiano vuole noi ci siamo”. E in men che non si dica sei tornato “a casa”, questo dicono e pensano a Manchester sponda Red Devils e sono già pronti ad esaltare il tuo ego e tu le speranze di riportare la Champions a Manchester con una squadra finalmente alla tua altezza: Pogba, Cavani, Rashford, Sancho… e Maguire (rido, scusami ma lo sto visualizzando con la maglia dei leoni mentre si toglie l’argento dal collo, lui e altri campioni che giocheranno con te).

Che dire Cristiano, lo sportivo ti augura buon viaggio, all’uomo però vorrei anche suggerire, nel salutare i tifosi dello United durante l’obbligatoria presentazione in pompa magna, di trovare il tempo di avvisarli: non è tornato Ronaldo, è arrivato il marchio CR7 e non ha portato un'anima. Quella è nel grosso camion delle auto, insieme alle magliette, alle scarpe, agli occhiali, alle mutande e agli sponsor, d’altronde nemmeno il PSG ha acquistato quella di Leo che è rimasta a Barcellona con le sue lacrime, o il Chelsea quella di Lukaku che sarà interista per sempre.
È importante che sappiano che sei lì solo per la Champions con annesso, possibilmente, un bel pallone d’oro, forse è giusto così e dovremmo tutti farcene una ragione, qualche volta tuttavia sarebbe importante che anche tu ricordassi che, ancora oggi, dopo tanti anni, quando si dice “Ronaldo” molti si affrettano a sottolineare… il fenomeno!