Mi sono imbattuto in un libro di calcio, intitolato La partita perfetta. Viene citata una classificazione dei giocatori di Osvaldo Soriano, scrittore argentino che ha scritto molto sul calcio. Si defiscono tre categorie di giocatori.
Quelli che vedono gli spazi liberi che tutti possono vedere.
Quelli che vedono spazi che si potevano vedere con una maggiore attenzione e quindi sono spazi creati sorprendentemente e infine quelli che nessuno può vedere perché non ci sono, sono cioè impossibili. 
I giocatori del terzo tipo sono in buona sostanza dei geni.
La considerazione che ne fanno gli autori che sono due filosofi professionisti che parlano di calcio, è che i giocatori geni, in quanto apertori di spazi impossibili, possono essere solo gli attaccanti o i centrocampisti offensivi, trequartista che dir si voglia e non certo i difensori che gli spazi al contrario li chiudono. Vengono citati esempi e anche definizioni che lascio a chi voglia leggere questo interessante libro che offre molti spunti di meditazione.
In un ottica difensivista, di breriana memoria, che mantiene la sua validità fino all'arrivo del "totaalvoetbal" di Rinus Michels, a cui Brera con ostinazione non si è mai voluto piegare, attaccare e occupare gli spazi disponibili usando il pressing è ora quello che si definisce come calcio europeo".

In primo luogo, proprio come argomento diciamo così filosofico, non vedo perché chiudere uno spazio debba essere considerato con valenza inferiore ad aprirlo. In natura non si fa certo distinzione tra azione e reazione. Viene citato il famoso gol di Maradona, ovviamente genio contro l'Inghilterra e il suo famoso slalom. Il genio risiede non certo nel facile passaggio a Valdano che lo affianca e come forse la difesa si aspetta, ma nel proseguire la sua azione con appunto la creazione di uno spazio impossibile che gli permette di depositare in rete.
La differenza tra il genio di Diego e gli innumerevoli tentativi simili di pur bravi attaccanti, che si infrangono nella difesa, sta proprio che la scelta finale del genio sta nella valutazione in pochissimi istanti che la creazione di quello spazio impossibile conduce inevitabilmente al gol.
Ma allora anche la chiusura di un difensore quando tutti gridano al gol non è altrettanto geniale e pure impossibile? Azione e reazione. Anche qui il genio esiste nel difensore in azione contraria.
Una considerazione di tipo antropologico rilevata nel libro è che il calcio olandese, cioè l'occupazione costante da parte di tutti i giocatori degli spazi (attaccanti compresi), sembra trovare un corrispettivo storico e di sviluppo, della stessa cultura olandese, nella sua continua lotta tesa a strappare spazi ad una natura che gli spazi non li ha mai consentiti. Interessante.
Ma allora mi viene in mente che l'atteggiamento difensivo del cosiddetto gioco alla italiana nasce dalla pratica militare romana di erezione di castrum difensivi ogni volta che la legione si fermava in un luogo, oppure, data la particolare orografia del nostro Paese, di costruzioni di innumerevoli castelli e mura difensivi tutto comunque per proteggere uno spazio inviolabile. E l'abilità mostruosa degli ingegneri romani era davvero geniale, perché comunque doveva adattarsi alla situazione ambientale sempre diversa.
Questo discorso della creazione e della occupazione dello spazio mi sembra che annulli il concetto di differenziazione tra calcio offensivo e difensivo. E quindi intendere il pressing come un fine e non un mezzo sia una distorsione un poco maniacale che induceva Sacchi e togliersi dai piedi un genio come Van Basten, perché appunto non partecipava a questo pressing.
Per cui si vince se copri con astuzia e intelligenza gli spazi lasciati scoperti o creati dai geni o il genio che hai in squadra. E questo, poiché la partita di calcio è una battaglia ricorda molto gli insegnamenti di Sun Tsu nella sua "Arte della Guerra", testo base di formazione militare in ogni accademia che si rispetti.
Quindi se occupo degli spazi che il nemico mi lascia difendendo di più o di meno, che differenza fa?
Annibale a Canne inflisse una delle più storiche e sanguinose sconfitte con astuzia, costringendo i cavalieri romani a combattere a piedi, cosa che non sapevano fare, e facendo tener duro con strenua difesa l'avanzata del potentissimo schieramento della legione. Sacchi parla tanto e sempre di pressing pressing pressing ma senza quella formidabile difesa che aveva, hai voglia ad occupare spazi e quindi la necessità di chiuderli. Esistono allora modi differenti di occupare spazi secondo le caratteristiche del secondo e terzo tipo di giocatore. Alla fine non conta tanto se difendi o attacchi, importante è averli.
E questo forse spiega perché Rocco, molto più vincente e molto meno celebrato di Michels, alla fine ha sempre adottato un calcio molto più offensivo di quanto si pensasse, schernendosi furbescamente rispetto alle celebrazioni difensive breriane. Batte' Michels con una perfetta partita di reazione sugli spazi che i suoi lanceri gli lasciarono occupare.