Ci sono voluti 20 anni di calcio postbellico per rimediare alla triste messa all'ala, classico provvedimento, di un giocatore infortunato.
Pure il mio Milan glorioso ha goduto di questo vantaggio nella sua prima Coppa Campioni, quando Pivatelli, con entrata truculenta mise fuori combattimento Mario Coluna, detto "O monstro sagrado", rendendo così abbondandentemente meno mostruoso il Benfica battuto a Wembley. Questo ovviamente non inficia il fatto che comunque quella sia stata una grande impresa, ma personalmente l'ho sempre considerata, proprio per questa ragione un poco meno godibile, seppur storica, della successiva ottenuta dallo stesso allenatore con meriti decisamente superiori.
Il fatto di essere di una certa fede calcistica penso che dipenda da una sorta di imprinting di natura e origine davvero misteriosa che comunque mi ha fatto sempre vedere una partita come uno scontro, meglio battaglia, anche senza esclusione di colpi, purché in lealtà sportiva, di due squadre e non di una battaglia di una squadra, la mia, contro un'altra. Capisco che questo escluda i forti sentimenti, a volte eccessi dei tifosi accaniti assolutamente giustificabili ed anzi indispensabili aspetti del calcio non solo come fenomeno sportivo, sociale e pure politico, ma di godibile sfogo per meglio  incanalare in modo meno cruento,  tensioni e frustrazioni che la vita troppo spesso ingiusta impone.

Escludendo comunque considerazioni di natura filosofica, ci sono voluti ben 75 anni in una quasi agonica successione di allargamenti al riguardo e pure una pandemia a livello globale per portare e modificare le granitiche e quasi dogmatiche regole del calcio agli attuali tre slot, sperando che non si faccia marcia indietro in virtù di rigurgiti puristi che nello stesso modo hanno per tempi altrettanto lunghi pressoché vietato l'introduzione della tecnologia, quasi che questa dal mondo del calcio sia vista con vero atteggiamento luddista. Vietando l'anticipata avanzata di tecnologie abbondantemente sviluppate che hanno reso sicuramente più obiettive e democraticamente leggibili certe situazioni.
Mi sembra che si sia  sempre voluta dare una valenza demiurgica se non addirittura sacerdotale e sacrale di chi solo può alla figura arbitrale con tutte le dietrologie applicabili al riguardo. Ancora oggi certe decisioni rimangono nei misteri orfici di un sistema chiuso e decisamente conservatore. Nel senso che l'arbitrarieta' dell'arbitro, mi si scusi l'allitterazione, per me ancora spesso sfugge ai limiti della gestione e del più corretto funzionamento della partita. Dare una possibilità di intervento seppur regolata ad un allenatore non mi sembra sia una richiesta eretica. E quindi mi sento di affermare che anche l'espulsione di un giocatore per somma di ammonizioni, ad esempio, ma forse anche per ragioni diverse come cerco di spiegare in seguito, a mio avviso dovrebbe consentire una sostituzione, perché la successione dei due cartellini troppo spesso segue regole e valutazioni totalmente arbitrarie. Anche due cartellini di colore giallognolo danno un cartellino rosso e questa è una eventualità  che mi sembra si presenti troppo spesso. E pure ovviamente uno giallognolo e uno giallo. Magari si potrebbe risolvere con un cartellino arancione, prima di passare al rosso? Meglio sarebbe, ti ammonisco, ti ammonisco  di nuovo e poi se proprio vuoi fare il cattivo, ti butto fuori. Oppure di do un arancione per un fallo grave e se lo ripeti anche meno grave ti do il rosso. Più graduale e più equo, magari. Una piccola modifica sartoriale al taschino dell'arbitro risolverebbe meglio la questione.

A parte l'ironia, vengo ai tre motivi per i quali riterrei giusto sostituire un espulso.
Il primo è che l'espulsione è un gesto rivolto ad un giocatore della squadra di regola non voluto, a meno che non ci siano motivi omicidi estranei alla partita, come ha tristemente sperimentato il Milan nella finale intercontinentale del 69, sia dalla squadra e sia dell'allenatore. È quindi una sanzione ad un singolo che colpisce un collettivo, e quindi, iniqua, a mio avviso.
La seconda è che è ancora poco democratica, perché non dà alcuna possibilità all'allenatore di, ad esempio, pena la esclusione di uno degli slot, finalmente raggiunti dopo tempi biblici, di pareggiare una situazione di parità di forze.
La terza perché, può succedere a maggior ragione, che un gesto folle di un suo giocatore, proprio perché è folle, e pure la giustizia ordinaria prevede pene diverse in tali casi,  e quindi impedisca all'allenatore di tentare di ripristinare una parità  numerica con le dovute regole.

Il calcio è un gioco che si fa in 11 contro 11. È nella intrinseca natura del gioco. Nel basket si esce dopo 5 falli, nella pallanuoto ci sono esplusioni temporanee. In nessun sport si riduce senza un minimo di appello una squadra rispetto un altra. Sul campo di gioco bene o male si deve essere pari pena la snaturazione del senso della contesa. Chiaro, sono sport diversi, forse esempi inapplicabili, non me ne sono venuti in mente altri, ma dove comunque si presuppone sempre che ci sia una parità  di intenti e di possibilità per realizzarli, salvo studiare correttivi che pero' non ne falsino il necessario  equilibrio.
Basta citare la storica testata di Zidane, sicuramente astutamente provocata, condannabile finché si vuole, ma che ha ridotto la potenzialità obiettiva della Francia addirittura in una finale mondiale. Gesto sleale, ma fino a che punto intenzionalmente provocato da altrettanto comportamento non rispettoso, come oggi si vuole persino scritto sulle maglie, respect? E quindi non ugualmente leale? 

Una provocazione, questa mia può darsi. Ma ritengo davvero ingiusto che in un gioco intrinsecamente collettivo si debba lottare di principio e di regola in inferiorità numerica senza applicare un minimo di correttivo ad una situazione molto frequente nel calcio moderno.