Era l’11 aprile e “Lisbona scintillava nell'azzurro di una brezza atlantica”, mentre i nerazzurri battevano l’imbattibile Benfica. Poi ci fu il ritorno e l’impresa fu completa, l’Inter era in semifinale...
Sostiene Inzaghi che c’è un Inter “al di sopra delle percezioni comuni”. Che non è in crisi, che è vincente quando c’è da esserlo e c’è da esserlo, sostiene Inzaghi, nelle notti magiche della Champions League.
Sostiene Inzaghi che bisogna “smetterla di frequentare il passato” recente, anche se quel passato si chiama Antonio Conte ed è un passato di vittorie. È lui il presente. E lui in Champions vince, Conte no. 
Sostiene Inzaghi che “bisogna sempre seguire le ragioni del cuore” e ieri i suoi hanno buttato il cuore oltre l’ostacolo, eliminando la squadra di Lisbona. 

A Lisbona sosteneva Pereira che “una teoria interessante è quella della confederazione delle anime”. Simone e i suoi lo sono, hanno dimostrato di esserlo, una confederazione, anzi no, una comunione, anzi no, un’anima sola. Una squadra!  Che oggi è in semifinale di Champions League. E scusate se è poco. 

Sostiene Inzaghi che “l'opinione pubblica è un trucco” e forse sarà anche vero, di certo essa è fallace perché un miliardo di volte nel giro di poche settimane lo ha dato per perdente, per esonerato, per fallito. Ma un perdente, esonerando, fallito non si gioca la semifinale di Champions League, non sarà che avrà ragione lui?
Sostiene Inzaghi che “non c'è niente di cui vergognarsi a questo mondo, se non si è rubato e se non si è disonorato il padre e la madre”.  Eh no, forse qualcos’altro di cui vergognarsi c’è, caro Simone, se in campionato sì collezionano figuracce; tuttavia, basta scusarsi, coi fatti ancor meglio che con le parole. Facciamo così: Benfica asfaltato e scuse accettate.
Sostiene Inzaghi che la sua squadra non ha nessun “io egemone”, ma tanti leaders e un allenatore. Come dargli torto? Barella, Brozo, Lautaro, persino Handanovic dalla panchina: a loro gli onori di cronache da Champions, a Simone gli oneri dell’allenatore, che sta zitto e pedala. E va in semifinale … Spiaze, gufi e detrattori. Spiaze! 

“È dura la vita dei giornalisti”, sostiene Inzaghi, specie se devono fare avanti e indietro con le loro opinioni e celebrare di sera ciò che massacrano di giorno. Penelopi della carta stampata, meditate … mediate. E sì, il calcio è davvero strano: questo non lo sostiene Inzaghi e nemmeno Pereira, lo sostengo io, che guardo tutte le partite dell’Inter, minuto per minuto, e non riesco a spiegarmi questo “gianobifrontismo”.  Ma in fondo, che importanza ha? Forse il calcio ci piace proprio per questo, perché è una scienza inesatta; e la pazza Inter forse ci fa impazzire per questo, perché di questa scienza inesatta Essa ne è un premio Nobel.  Siamo in semifinale e che semifinale! Il derby nel derby, l’Europa ai piedi del Duomo, di scena alla Scala, ferma all’aeroporto della Malpensa ad aspettare la coincidenza delle coincidenze (Milano-Milano andata e ritorno).

“La filosofia sembra che si occupi solo della verità ma forse dice solo fantasie”: questo lo sostiene Pereira. Il campo invece dice solo verità e questo lo sostiene Inzaghi, che pure adora la fantasia e i calciatori fantasiosi alla Martinez. Che non fa filosofia, quando c’è da far gol lui fa gol. E accede le luci a San Siro. Luci ch’erano spente da 13 anni, quando l’ultima semifinale donava gli ultimi accecanti bagliori agli occhi luccicanti di nerazzurro. Perciò, ne ha torto Inzaghi, se sostiene che qui “non si fa cronaca, si fa la storia”? Il calcio è un grande romanzo popolare, ciclico come la storia del mondo. Tredici anni son passati dall’ultima semifinale, 20 da quella semifinale. Erano Milan e Inter, l’una di fronte all’altra a contendersi quelle che un tempo chiamavamo Coppa dalle grandi orecchie. Afferriamola, prendiamola per quelle sue grandi orecchie e portiamocela a casa, in fondo che volete che siano 3 partite? Corsi e ricorsi, sostiene Vico  … magari questa volta a tinte un po’ diverse.

Intanto Inzaghi ci porta lì, tra le prime 4, “al crepuscolo d’un sogno” ed è merito suo e non di una rosa che si presume superiore alle altre italiane. È una vulgata, ormai, che si abbarbica sulle spalle di Simone come una bisaccia invisibile eppur pesante.  Vabbè, staremmo qui a sostenere teorie opposte, a dissertare all’infinito sulla rosa messa a disposizione dell’ex Inzaghino, il quale, e questo è un fatto, quando perde è colpa sua, quando vince è merito della società … meglio tornare a concentrarsi sulla storia, sui sogni, sulle alchimie del pallone e sul fatto che l’Inter si giocherà Istanbul.  

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