Faccio come gli opinionisti più bravi, iniziando con elencare le certezze: "amo il Milan", ho "fiducia totale nell'operato di Maldini" e "Pioli mi piace", come allenatore e come si propone fuori dal rettangolo di gioco. Eppure, dopo oltre duecento articoli a distribuire ottimismo e fiducia a tutti i fratelli e le sorelle milaniste, che scelgono di leggermi, mi sono ampiamente stufato di vedere esaltare un progetto, ad ampio respiro, fin troppo approssimativo.

Lo slogan di moda è: SOSTENIBILITA'. Le certezze? Un Campione di 40 anni e la teorica costruzione di uno stadio di proprietà, condiviso con l'Inter, di cui non si è ancora posata la prima pietra e cosa poi non così trascurabile, il progetto definitivo fra i due presentati, non è ancora stato approvato. Quando sarà pronto, forse nel 2027? Solo allora ci saranno le risorse per allestire una squadra competitiva. Fino a quel giorno l'obiettivo sportivo, che poi è quello che interessa maggiormente a chi ha il Milan nel cuore, sarà il raggiungimento della qualificazione Champions e delle relative entrate economiche. Pretendere di più consapevoli di non essere competitivi, almeno con altri tre o quattro avversari, sarebbe effettivamente eccessivo, siano i tifosi o i giocatori stessi a cullare illusioni di scudetto, anche perchè non è certamente una cosa che aumenta i costi. Che poi in Champions la squadra sia poco competitiva per una manifestazione così seguita e affascinante, sarà irrilevante, certo meno di attrarre sponsor, di riempire San Siro e le casse.

Puntare sui giovani, scoprire nuovi talenti, ridurre il monte ingaggi ed essere un modello. Abbiamo abbracciato con entusiasmo e con la passione tipica e fin troppo cieca dei tifosi, la "rivoluzione calcistica americana" proposta dal Fondo Finanziario proprietario del Milan. Ci siamo allineati dietro i pifferai magici e complici risultati sportivi più che positivi, di cui avevamo perso ogni traccia, ci siamo convinti che non ci sia poi una così grande differenza fra avere Campioni affermati, ma troppo costosi e giovani talentuosi, con tanta voglia di correre e sacrificarsi per la squadra. Che sia chiaro, ero pronto ad "esplodere" da tempo e il risultato di Udine non interferisce minimamente su queste considerazioni. Non è questione di classifica o di punti fatti, tanto più che a due giornate dalla conclusione del girone di andata, con 39 punti, raggiungere i 43 punti dello scorso anno è ancora ampiamente possibile.

Mi indispone proprio il fatto che la proprietà si senta forte di questi risultati e si nasconda dietro l'immagine di Paolo Maldini per giustificare ogni rifiuto ad immettere quel denaro necessario per migliorare e rinforzare la squadra come dovrebbe, se anche i risultati sportivi avessero la stessa importanza di quelli economici. Per dar forza a questo mio malumore devo obbligatoriamente fare un passo indietro. Tornare al Milan di "Silvio", quando dopo tante vittorie abbiamo accettato ogni scelta, seppur consapevoli di aver finito un ciclo meraviglioso. Una resa voluta, ma fin troppo sbagliata.
Il passo successivo è stata la cessione ai cinesi, dai contorni fin troppo nebulosi, dove alla mancanza di soldi è stata contrapposta la campagna acquisti più dispendiosa dell'ultimo decennio, mistero dell'Alta Finanza. L'arrivo del Fondo Americano è stato il passaggio successivo, prima con Gazidis e Leonardo e giocatori come Paquetà e Higuain, poi Gazidis e Maldini, all'insegna del risparmio, dei giovani, di stadio e immobili.
Dieci anni passati a sostenere la Squadra, i Dirigenti e anche Proprietà viste raramente a Milano. Difendendo anche l'indifendibile o le scelte più incomprensibili. Contenti. non solo della perdita di giocatori importanti, ma specialmente di quelle risorse economiche a cui ci si dovrebbe affidare per concretizzare la risalita, viceversa ridimensionando ogni aspirazione sportiva. Complici nel ridimensionare una Squadra che è di diritto del Mondo e nella Storia del Calcio. La peggiore delle soluzioni,  Complice la pandemia e problemi ben più gravi, ci siamo affezionati a questi ragazzi, fra prestiti ed occasioni, consapevoli dei loro limiti, ma incolpevoli del fatto di non poter competere per vincere. Anche sognare diventa impossibile, non certo per aggiungere l'ottava Coppa alle sette in bella mostra nel Museo Societario, ma neppure per poter aggiungere la seconda stella sulla maglia, che per quanto vicinissima, appare irraggiungibile...

Allora facciamo chiarezza, la sostenibilità per una società che ambisce a vincere, transita obbligatoriamente dall'incremento delle entrate per poter avere uscite adeguate alle aspirazioni. Se sei il Milan il paragone va fatto con le Società che hanno bacini di tifosi, brand e potenziali sponsor, similari, non certo all'Atalanta splendida realtà del calcio italiano, ma che ha vinto poco o nulla, oltretutto vendendo tutti i "gioielli di famiglia", veri o presunti. In due anni il Fondo Elliott ha proposto la solita filosofia tanto cara ai governanti Europei: "lacrime e sudore". Rispettivamente a tifosi e giocatori, riuscendo nonostante il covid ad avviarsi al pareggio di bilancio. BRAVISSIMI, se San Siro si riempie, alzando anche i prezzi, senza dover comprare giocatori forti, sarà difficile vedere la squadra rinforzata nei ruoli dove necessita. Ormai sono usuali i termini, occasione o opportunità. Entrambe significano, non spendere e se le cose vanno sufficientemente bene, perchè aggravare i bilanci se sono tutti contenti. Noi tifosi non abbiamo certo la presunzione di chiedere di fare debiti insostenibili, ma come ci sono i mutui per comprarsi la casa, così si possono fare investimenti ammortizzabili in più anni, tanto più che avremo uno stadio e una squadra fin troppo giovane, o sbaglio?

Ha ragione Robysan che commenta spesso i miei articoli in modo preciso e dettagliato. 
Ci stanno raccontando la fiaba, un'azione programmatica di facciata che è "farlocca", che si affida a prestiti, ad un paio di calciatori poi riscattati, ma anche a fin troppi tentativi rilevatisi inutili. Il tutto mentre il Fondo Elliott si prende il tempo necessario per attuare una vendita che possa garantire il guadagno più alto. Se credono così tanto nei giovani dovrebbero avere almeno la "decenza" di allestire una squadra primavera in grado di  primeggiare nel suo campionato e da cui attingere rinforzi per la prima squadra, non viceversa una che arranca nelle zone basse della classifica nonostante le inaspettate vittorie contro Juventus e Sampdoria.

Milan non è solo una squadra è molto di più, tenerlo lontano dalla aspirazioni di vertice, galleggiare per vincere il trofeo dei Bilanci in ordine è un danno fin troppo grande fatto a milioni di tifosi. Quelli che trepidano, che si emozionano, che aumentano il valore economico della Società a prescindere da quale giocatore ne veste la maglia. Anche noi saremo venduti al migliore offerente, contribuendo alle ricchezze di un Fondo Economico Americano che osanniamo perché paga regolarmente gli stipendi, ma scherziamo?
In due anni, Maldini, Pioli e la squadra hanno dato il massimo, ben più di ogni più rosea aspettativa, complici anche situazioni inaspettate delle avversarie di turno. Sulle ali di un ritrovato entusiasmo abbiamo accettato ogni soluzione, a prescindere se fosse giusta o sbagliata. Tutto "miele che cola" per una proprietà in "bambagia" ben protetta da Gazidis, che purtroppo complice la gravissima malattia, è giusto lasciare tranquillo e Paolo Maldini, cuore, storia e immagine, di quel Milan che vorremmo rivedere. Lui si garante delle nostre aspettative, ma privo di risorse e di poteri. La conclusione è che San Siro è passato da fischiare Seedorf, Montolivo, Abate, Bonera, Gilardino, Suso e molti altri, a sostenere una squadra composta da giocatori, bravi e volonterosi, ma che in anni passati non avrebbero potuto indossare questa meglia, tranne poche eccezioni e il giudizio resta duplice anche per l'allenatore, che stimo e apprezzo.

L'assefuazione generale a questo stato di fatto porta a trovare sempre responsabili ben distanti dalle leve di comando. Oggi sono gli infortuni e lo staff tecnico, ieri il mercato di Maldini e Massara, domani probabilmente l'allenatore o l'età di Ibra.
Allora lancio un appello, un granello di sabbia su una spiaggia immensa, come feci quando presi posizione contro Ralf Rangnich o a favore di Boban che aveva capito fin troppo bene che senza "miracoli" avremmo vivacchiato a centro classifica, ma in modo sostenibile. PROTESTARE CONTRO LA PROPRIETA'. Oggi ha più forza e significato che nel recente passato, poichè dimostrerebbe che il Popolo Rossonero non si accontenta di ambire a posizioni di prestigio, ma viceversa VUOLE COMPETERE PER VINCERE.
Servono rinforzi di qualità, serve fare un sacrificio economico, un investimento sul presente, no vane promesse per il futuro, o ripetere esperimenti come Mandzutik affidandosi agli ultimi risparmi nascosti nel porcellino. Elliott ci mette i soldi, certamente, Noi la passione. Lui parla di sostenibilità, Noi viceversa non lesiniamo a spese. Comprando giornali, abbonamenti tv, biglietti allo stadio, trasferte, gadget e moltissimo altro. Lui pensa a vendere traendone vantaggio, Noi a fare una colletta, se servisse, per rafforzare la squadra, anche quella femminile, obbligata ad arrivare seconda o terza. Lo stadio nuovo, la parte commerciale, le cripto valute o molto altro, tutto è proiettato al futuro, a realtà extra campo, certo importantissime, ma le partite le giocano i giocatori, vincendole o perdendole e se si schierano i migliori è più facile tornare a primeggiare, almeno in Italia. 

SVEGLIAMOCI, prima lo facciamo, più isoliamo i "pifferai magici", pretendendo ciò che ci spetta, essere il MILAN e giocare per vincere, non per partecipare, solo allora si potrà risalire realmente quel cammino che appare ancora fin troppo lungo.
Come ho già scritto, non chiediamo certo alla Proprietà di indebitarsi per Noi, altri lo hanno fatto per incrementare un palmares ben più scarno del nostro, ma sorvoliamo, chiediamo solo di preventivare un guadagno meno consistente e dato che anche Noi siamo parte di quel "lucro", mi sembra fin troppo logico essere tenuto in considerazione. Viceversa se preferiremo sostenere questo modo di agire, dovremo abituarci a vedere i giocatori migliori andare via, senza alcuna certezza di vederli degnamente sostituiti. 
Allora prendo le distanze da questo "buonismo generalizzato", rinunciando a rendermi complice di chi spiana la strada ad un'operazione finanziaria che di sportivo ha poco o nulla.
Festeggiamo l'acquisto di "Casa Milan", non di quel centrocampista che serviva per sostituire il turco.
Accetteremo le cessioni di Pobega e Colombo, plusvalenze vere, utilissime per risanare il bilancio, come quella di Hauge, o gli addii di Kessie e l'eventuale di Romagnoli, tanto se arriveremo quinti, sesti o secondi, a un punto dalla vetta, ci sarà sempre un colpevole a cui far ricadere ogni responsabilità.
FORZA "povero" MILAN.