Se ami qualcuno lascialo libero.
Se torna da te, sarà per sempre tuo, altrimenti non lo è mai stato.”

Scelgo un aforisma dell'aviatore e scrittore statunitense Richard Bach per accompagnare il sipario di questa storia: la conoscete tutti miei cari lettori, ma credo che per alcuni conservi ancora un sapore speciale, ricco di pura nostalgia.

Era una meravigliosa serata di maggio, quando disse addio a quella che era divenuta ormai la sua seconda famiglia: quella notte il cielo d’Europa si colorava di tinte neroazzuure, le stesse che l’avevano illuminato nell’ormai lontano 1965, e proprio durante quella che sarebbe dovuta essere soltanto una festa, egli si diede protagonista di un pianto pieno di commozione, per quello che sarebbe stato di lì a poco l’inizio di una nuova avventura, incredibilmente distante da quella magica impresa appena compiuta.

Lo Special One, l’uomo conosciuto in tutto il mondo per aver puntato il dito verso l’alto di fronte allo strapotere del Barcellona di Pep Guardiola, aveva vinto anche quella sera, contro l’ennesimo blasonato avversario, il Bayern Monaco del maestro Louis van Gaal , riportando in tal modo la sua squadra sul tetto più alto dell’intero panorama calcistico, attraverso uno straordinario cammino compiuto alla guida dei propri ragazzi, che rimarrà indissolubilmente nel cuore di chi ha avuto la fortuna di viverlo insieme a loro.

Arrivato nello scettiscismo generale, José Mourinho ereditò la formazione che era stata di Roberto Mancini, con la missione di trionfare dove gli altri invece avevano miseramente fallito, e nonostante le immense difficoltà di fronte a sé, egli vi riuscì, scrivendo una delle pagine più felici della storia dell’Inter: sono passati quasi 9 anni da quel giorno, e la panchina dei neroazzurri adesso scricchiola nuovamente, con l’ennesimo protagonista sulla graticola, quel Luciano Spalletti ormai segnato dal fallimento degli ultimi risultati; ma sembra un film già visto per il popolo dell’Inter, affatto sorpreso da quella che ormai appare una sorta di ricorrenza del club milanese.

Una trama sempre uguale, che nel giro di breve tempo ha spazzato via personalità di spicco come Rafael Benìtez, Walter Mazzarri e Claudio Ranieri, per non alludere agli sfortunati naufragi di Giampiero Gasperini e Frank De Boer, disastrosi sin dalle prime uscite in campionato e durati meno del tempo sperato: un ricordo meno infelice abbraccia invece la figura di Andrea Stramaccioni, tecnico giovane ma dalle importanti potenzialità, colpevole forse di aver ottenuti i risultati peggiori (classifica alla mano), riuscendo però a trionfare allo Juventus Stadium, in quello che fino ad oggi è rimasto l’unico successo dei neroazzurri nella nuova casa dei bianconeri, i quali da un pò di anni a questa parte recitano un ruolo di puro dominio sull’intera scena nazionale.

Dunque adesso anche Luciano Spalletti potrebbe rischiare di far compagnia a quell’innumerevole quantità di sconfitti, cancellando ad un tratto quanto di buono fatto fino a questo momento: ma sarebbe davvero una scelta corretta quella di esonerare l’allenatore toscano?

Il colpo di testa del Ropero Santender brucia ancora nella mente e nel cuore dei tifosi interisti, che sognano quasi ad occhi aperti un epico ritorno sulla panchina neroazzurra: lo Special One è infatti libero da impegni in seguito all’esonero ricavato dalla grigia esperienza nel Manchester United, che sia forse solo un miraggio frutto della nostalgia accostare il suo nome alla formazione milanese?

Chissà quali pensieri e quali volontà nasconde la mente di un genio del mestiere come il tecnico portoghese, il quale sembra aver imboccato un percorso analogo a quello della sua ex squadra, scivolando sempre più lontano dal fulcro della scena internazionale, allontanandosi in tal modo dalla possibilità di riportare in alto la propria carriera, che senza la stesura di ulteriori capitoli degni di nota, rimane ferma lì ad osservare ciò che appartiene ad un glorioso passato: così mentre l’Inter perde clamorosamente in casa contro il Bologna, il tecnico di Setùbal invitato ad assistere ad una gara di hockey su ghiaccio, perde goffamente l’equilibrio sul tappeto rosso, in una rovinosa caduta che assomiglia in termine figurativo, allo scivolone dei neroazzurri in campionato.

A prima vista potrebbe apparire come una semplice coincidenza, e magari lo è realmente, ma chissà che non esista davvero una sorta di connessione tra questi due mondi, allontanati dal tempo e dalle scelte sbagliate, con il legame tra quest’uomo e i colori della maglia neroazzurra, che a dispetto delle distanze fisiche ed economiche cerca di richiamare ancora il nome del tecnico portoghese, come se per quest’amore ci sia da qualche parte scritto un epilogo diverso dall’addio di quel maggio ormai lontano, divenuto ormai così amaro per entrambi.

Ti abbiamo amato più di chiunque altro caro José, e proprio per questo non abbiamo mai smesso di omaggiarti, rivedendo con gli occhi della mente quanto di sensazionale sei riuscito a regalare alla nostra passione, accendendo una fiamma dentro il cuore di ogni tifoso: sei sempre stato uno straordinario personaggio, un uomo dall’innato carisma e con personalità da vendere, ma saresti disposto ad accettare una sfida talmente ardua come quella di tornare?

Probabilmente si tratta solo del sogno impossibile di un folle, il quale spera semplicemente nel concretizzarsi di un’idea irrealizzabile, poiché tanti appaiono i tasselli non più coincidenti con quell’appassionante “ultima volta”, rimasta impressa come in una cartolina, nello sguardo emozionato di un tifoso presente allo stadio, con le lacrime ad accompagnare il triplice fischio dell’arbitro e la telecamera in mano per filmare quello che ormai è divenuto storia.

Scelgo un aforisma del presidente americano Woodrow Wilson per accompagnare il sipario di questa mia riflessione, nella speranza che finalmente possano presto esordire sviluppi diversi da quelli attraversati fino a questo momento: "un uomo incapace di avere visioni non realizzerà mai una grande speranza né comincerà mai alcuna grande impresa.”