Si dice spesso che il calcio sia in continua evoluzione, per cui all’appellativo “moderno” si affianca un significato di rinnovata attualità, che insegue un meccanismo creativo in cui ogni idea si succede alla precedente, in un moto quasi scandito, come le lancette di un orologio. Anche le formule magiche, quindi, hanno la loro data di scadenza, in uno scenario in cui nulla può durare per sempre, in cui tutti devono aggiornarsi rispetto all’onda del cambiamento, che si riversa di continuo sui loro protagonisti, ad un ritmo al limite del diabolico, in grado di togliere il respiro se calcolato male in anticipo.

Sarà forse dovuto alla rapidità con cui si muove l’attuale società, non soltanto il contorno di ciò che racchiude il calcio, ma la sua essenza interiore, il fulcro di calciatori e addetti ai lavori, persone ancor prima che personaggi, anch’essi costretti a correre costantemente nella spasmodica ricerca di sé stessi.
Un ingranaggio impossibile da bloccare, o quantomeno da cui nessuno può sottrarsi, in un mondo in cui è possibile passare da sconosciuto a uomo copertina nel giro di poco tempo, così come si può percorrere il tragitto contrario altrettanto velocemente.

In particolare, il ruolo del centravanti è forse il più esposto da questo punto di vista, poiché abbraccia anche significati laterali rispetto al terreno di gioco, il marketing e i media in generale, che vivono alla ricerca del personaggio “grosso”, in genere quello che la butta dentro. Non è un caso che nello scacchiere di un allenatore, siano proprio le punte a rappresentare l’elemento di maggiore esosità, soprattutto a causa della concorrenza, principale motivazione per cui il prezzo (mediamente) continua a lievitare di stagione in stagione.
Da considerare anche un ulteriore elemento, forse meno scientifico e più folkloristico, ovvero l’antologia del centravanti, che per forza di cose conclude l’azione, e si trova costretto a scrivere il proprio nome nella storia, nel bene o nel male che sia, in quell’incrocio di responsabilità in cui spesso tra vittoria e fallimento può esserci soltanto un velo sottile, lo stesso che divide il cielo e la terra.

L’attaccante non può quindi non vivere per il goal, in una cornice in cui l’area di rigore è croce e delizia allo stesso tempo, di un essere umano mistificato dal contesto, il quale deve riuscire ad interpretare tale simbiosi nel modo meno logorante possibile.

Per Ciro Immobile, gestire questo rapporto scomodo non è mai stato un problema, e lo testimoniano i suoi 200 centri in Serie A, a cui si accompagnano quasi 30 reti nelle coppe europee, per un totale che supera addirittura quota 300 in carriera.
I numeri sono quelli di un’icona di questo sport, anche se il cosiddetto “percepito” racconta di un profondo senso di incompiutezza attorno alla sua figura, spesso bistrattata a causa di una mancanza di incisività sui grandi palcoscenici, quelli che non ha mai solcato fino in fondo, eccezion fatta per l’esperienza con la Nazionale.

Fin dai tempi del Pescara, in cui il suo apporto in zona goal permise alla formazione di Zeman di riscoprire la massima serie, le sue qualità nell’attaccare la profondità e nel crocifiggere puntualmente il portiere avversario, sono parse subito evidenti, tanto da esprimersi anche in Serie A.
Prima al Genoa, poi al Torino, con cui vince la classifica dei marcatori con 22 reti all’attivo, conquistandosi la chiamata di un club prestigioso come il Borussia Dortmund, intenzionato a valorizzarne il talento, sulla scia di quanto realizzato con un favoloso Robert Lewandowski. Purtroppo per lui, l’avventura in Germania si rivela un fallimento, così come l’esperienza al Siviglia, in cui cerca di rilanciarsi senza però ottenere soddisfazioni degne di nota. Da qui, la decisione di rientrare nel bel paese, che lo accoglie a braccia aperte, nell’intuizione di Igli Tare e Claudio Lotito, che lo portano alla Lazio, con cui torna quello di un tempo, eguagliando addirittura il record di centri in un singolo campionato, toccando quota 36 reti nella stagione 2019/20.

Miglior marcatore di sempre dei biancocelesti in Serie A, Ciro Immobile è diventato sempre più il volto dello stato di salute della sua squadra, a cui sono succeduti compagni e allenatori, e di cui soltanto lui, essenzialmente, è rimasto caposaldo indiscusso.
Una storia d’amore destinata però a concludersi in modo malinconico, come due amanti che non riescono a lasciarsi, e continuano a logorarsi in un sentimento consumato dal tempo e dalla vita stessa.
La sua simbiosi con il goal sembra ormai compromessa, visti i numeri degli ultimi tempi, a cui si aggiunge una carta d'identità non più giovanissima, oltre alla sfortuna che ne sta segnando la condizione fisica, spesso precaria, oltre ad uno stato morale di certo non entusiasmante. Non è forse un caso, che il suo sostituto, Taty Castellanos, abbia segnato al primo pallone toccato nell’ultima sfida di campionato con il Frosinone, la peggior difesa della Serie A, con cui nemmeno stavolta, il numero nove di Torre Annunziata è riuscito a pungere.

Un declino inesorabile, che non rende giustizia ad un calciatore fantastico, caratterizzante di un intero decennio calcistico, a cui il popolo sta voltando le spalle, lo stesso che fino a poco tempo addietro, esultava di fronte ai suoi formidabili gesti tecnici.

A fine stagione, quasi sicuramente lascerà la sua Lazio, per continuare chissà dove, forse in Arabia, lontano dalle pressioni nostrane, o magari ancora in Italia, nel tentativo di lasciare nuovamente segno, per l’ultima volta. Secondo alcuni rumors di mercato, i quali probabilmente sono più suggestioni che concrete contrattazioni, l’Inter starebbe pensando di ingaggiarlo a partire dalla prossima annata, aggiungendolo al proprio parco attaccanti, in uno scenario che lo riporterebbe alla corte di Simone Inzaghi, tecnico con cui ha dato prova di avere un’alchimia particolare.

A questo punto sorge spontaneo domandarsi se Ciro Immobile sia davvero finito qui, oppure c’è ancora un capitolo da scrivere, dietro un paio di pagine vuote, in cui sembra essersi interrotto quel filo che lo legava al destino del grande centravanti.

Soltanto il futuro potrà scoprire la verità, ma il mondo continua a correre senza sosta, dimenticandosi anche di chi ha scritto la storia, e se Immobile vuole restarci, deve sbrigarsi a cogliere l’ultima coincidenza della sua carriera, riattivando il tasto play, come ha già fatto in passato.