Il tempo curerà tutte le ferite!

Un vecchio detto, di ottica positivista, rivolto alle avversità, ai periodi di buio pesto, dove tutto sembra avere un destino funesto già scritto. Con ogni probabilità, questa frase racchiude quella filosofia a cui fanno affidamento quei tifosi che non demordono e non hanno la minima intenzione di vedere la propria squadra rimanere in uno stato confusionale perenne, un annebbiamento letale per le sorti della rappresentazione di una tradizione... diretta nell'oblio.

Dunque, uno status perfettamente vicino a quel supporter che ha scelto di far parte di una società pioniera del Calcio nella caput mundi: la Società Sportiva Lazio. Ebbene sì, una coesione di fratellanza, che nel lontano 1900, per merito di Luigi Bigiarelli, portò il Calcio nella città di Roma. Egli, insieme ad altri collaboratori, decise che la Lazio sarebbe dovuta essere una rappresentazione di coesione, orgoglio, ma soprattutto di ambizioni vincenti. Quei colori provenienti dalla Grecia, la patria dello sport, a rappresentare la pura essenza dell'agonismo perfettamente ignara del verbo rinunciare o del termine nichilismo. Come la storia afferma, questa fondazione, in 124 anni, ha avuto degli alti e dei bassi, periodi neri fino a qualche tempo fa ritenuti ormai lontani. Ad oggi, con grande amarezza, si è tornati a respirare aria malsana,sia in campo che fuori, a causa di una società inetta, un organo al quale sembri importare l'apparire su un tabellone, in una lega, in maniera totalmente anonima. Ebbene sì, la squadra e la società biancoceleste sono definibili esclusivamente attraverso questa descrizione. Nella giornata di domenica 4 febbraio, dopo l'ennesima finestra invernale di Calciomercato ignorata perché ritenuta inutile per un organico "impeccabile", "collaudato" e già "competitivo", è arrivata un'altra batosta sul campo di Bergamo, in casa della Dea: 3-1 per gli uomini di Gasperini, che con grande merito portano via un fortino di 3 punti d'oro per la corsa alle prime posizioni in classifica. L'ennesima sconfitta per gli uomini di Sarri, un film il cui disco sembra essersi rotto, ogni volta si è costretti a rivedere le stesse scene, una squadra senza gioco, senza idee, giocatori in campo confusi e svogliati, gli stessi che hanno il coraggio di chiedere il rinnovo di contratto...

La questione contrattuale di certo non è cosa inedita, circoscritta alla società biancoceleste, poiché ormai tutti i tesserati di ogni club mettono al primo posto la propria tasca. Una smania che ogni atleta ormai ha, impossibile da limitare o da abbattere. Nel momento in cui si raggiunge l'apice della pazienza non si può però far finta di nulla, vi è un limite a tutto! La mancanza di rispetto, il prendersi gioco dei tifosi, che sono l'anima di questo sport, richiama l'attenzione su un qualcosa che inizia ad essere troppo avvilente.

Di chi sono le responsabilità?
Essendo presenti molteplici problematiche alla situazione attuale della società capitolina, è inevitabile appellare le responsabilità agli elementi cardine: la società, l'allenatore e i giocatori. Come abbiamo già accennato, l'assetto societario è il primo ad essere colpevole della stagione negativa fin qui disputata. Tutto frutto di scelte inadeguate per quel che concerne la rosa, una campagna acquisti estiva errata, quella di riparazione (gennaio) nulla, e poi le decisioni, a dir poco discutibili, di continuare con lo stesso staff tecnico sulla panchina pur vedendo l'andamento. Proprio quest'ultimo sembra essere l'anello più debole, la causa principale: zero ambizioni, ridondandanze  comunicative e tattiche inefficienti. L'ultima, ma non per questo la meno responsabile, anzi... di più, poiché sono coloro che hanno in mano le sorti di ogni risultato, sono i componenti della formazione, ovvero i giocatori: ragazzi che non hanno più la minima voglia di giocare, di scendere in campo con le intenzioni di far valere quello stemma sul petto, un emblema che per migliaia e migliaia di persone ha un valore inestimabile.   

Ad oggi il futuro di questa équipe calcistica non è possibile definirlo roseo, pur avendo ancora le possibilità (Ottavi di Champions League, semifinali di Coppa Italia) di far ricredere un popolo ormai deluso, un entusiasmo andando perso a causa di scelte e decisioni, esterne e interne al campo, nettamente contrastanti al credo puro, il quale prevede la gloria e al contempo gli insuccesi, affinché essi rispettino il concetto di serietà, professionalità e dignità.   

Società, staff, ‘giocatorucoli’ e la dignità perduta.

Mattia Savinelli