In questo weekend della metà di Gennaio, la metropoli romana sembra essere stata colpita da una morsa di gelo intenso. Un vento freddo accompagna, fa da sottofondo a delle classiche giornate stagionali, in cui si predilige un pasto e bevande caldo, brodo, minestra, tisane rilassanti, per poi accomodarsi avvolti da un calda coperta confortevole, e magari gustarsi anche un bel film. Scenari di relax, per molti idilliaci, poiché risulta quasi anomalo ritrovarsi in situazione di completa spensieratezza. In quanto attori sociali parte costituente di una società, risulta uno scenario utopistico quello di avere la mente libera da pensieri, con scadenze, impegni, e altre dinamiche sempre pronte a starci con il fiato sul collo, pesando di fatto sulla sfera psicologica di ciascuno.

In quanto esseri umani, la passione, è parte costituente del nostro essere. Si tratta di un requisito che non si acquisisce con il tempo, ma è innato. Come la maggior parte delle cose, anche nella passione vi possono essere diverse versioni. Nel caso specifico, si tratta di un'emozione, di sentimento, che può assumere un senso positivo ma anche negativo. La prima parte è sicuramente quella più conosciuta e trova la sua migliore definizione nell'amore. La passione arde come legna nel camino, e se si fa riferimento al senso positivo di questa espressione, non si avranno dubbi sul fatto che essa possa essere sinonimo di benessere. Al contrario, forse una parte meno evidente, magari sottovalutata o semplicemente meno conosciuta, un po' come quella parte di luna che rimane oscura perché non illuminata dal sole, quindi l'aspetto non evidente, può nascondere negatività. È come se fosse una forte sostanza corrosiva, che con il passare del tempo va a deteriorare. Se poi si pensa al binomio, alla dicotomia tra sport e la passione, il discorso sembra rendersi più chiaro, l'astrattezza sembra divenire concretezza. Per molti tifosi della Lazio, e quindi con la passione calcistica per i colori biancocelesti, dopo aver avuto diverse notti costituite da sogni di gloria, suggestioni provenienti dalla possibilità di poter rialzare un trofeo dopo un digiuno che persiste ormai da qualche anno, dopo la partita andata in scena venerdì scorso, la parola malessere sembra quella più adeguata. È come se durante il sonno si venisse svegliati con una secchiata di acqua gelida diretta addosso, un getto d'acqua che è paragonabile all'arrivo di mille spilli che si conficcano nella pelle.  

Dolore, dolore e ancora tanto dolore...

Per molti potrà risultare eccessivo paragonare tali affermazioni e sensazioni con quanto avvenuto. È comprensibile, è fisiologico e automatico dare l'appellativo di pazzoide, ma chi ha questa passione agonistica legata alla cromaticità del club fondato da Luigi Bigiarelli, nel lontano 9 gennaio del 1900, a Piazza della Libertà a Roma, al momento è questa la realtà: uno scenario buio pesto.

Oltre all'andamento discontinuo dì questa stagione, il culmine è stato raggiunto nella semifinale di Supercoppa italiana contro l'Inter, un vero e proprio monologo teatrale.  

Avete presente quando un attore in mezzo ad un palco gestisce e fa uno spettacolo tutto da solo?

Bene, questo è quanto si può dire dell'Inter di Simone Inzaghi contro la Lazio nel match di venerdì sera. Una formazione scesa in campo, mette in mostra sicuramente un gioco di qualità, ma di fatto lo fa contro delle sagome che vagano in mezzo al terreno di gioco. Nulla da togliere ai nerazzurri che vincono meritatamente e raggiungono la finale contro il Napoli di Mazzarri, ma l'atteggiamento della squadra di Maurizio Sarri è stato, statisticamente parlando, nullo. Si è potuta vedere una squadra spenta, priva di idee, con un gioco sterile e inesistente, i cui esiti drammatici possono essere sintetizzati da zero tiri in porta. Quest'ultimo è un dato più che rilevante, che non dovrebbe essere caratteristico di una squadra che si sfida contro un'altra della stessa categoria. Il potenziale dell'Inter è evidente, nessuno può pretendere la supremazia in campo contro una formazione di tale livello, ma le idee di gioco e l'equilibrio, per una buona parte della gara deve essere garantito. L'ago della bilancia dopo poco già segnalava un peso decisamente superiore dall'altra parte del piattino, poiché Lautaro e compagni trovano la prima rete al diciassettesimo del primo tempo con Thuram. Dopo lo svantaggio la trama del film non ha avuto dei risvolti, è continuato tutto sulla stessa linea. Il secondo tempo è iniziato come se il primo non fosse mai giunto al termine, perché al cinquantesimo, Pedro commette un fallo in area di rigore e l'arbitro, dopo un controllo al VAR, decide di assegnare un calcio di rigore poi siglato dall' impeccabile Calhanoglu, che dagli undici metri sigla il 2-0. Successivamente, Sarri, preso dalla disperazione, si gioca la carta Luis Alberto che sembra dare un ritmo diverso ai ritmi di gioco biancoceleste, che durano però come un gatto in tangenziale dato che la durata di questo momento è pari a 3/4 minuti. Dopodiché è di nuovo l'Inter ad assumere il controllo della partita che gli porterà il terzo gol con Frattesi all'ottantasettesimo, a 3 minuti dallo scadere dei tempi regolamentari. A questo terzo sigillo della squadra di Inzaghi, susseguono una serie di azioni, prima quella del  presidente Claudio Lotito che si alza dalla poltrona in tribuna e abbandona la postazione, poi il gesto di Sarri che scaraventa la cartellina a terra. Delle reazione che sicuramente si riflettono in quelle di altre migliaia di tifosi che dall'Italia seguivano il match. Tanta amarezza in una gara in cui le aquile non hanno mai tentato di volare.   

Come direbbero i più saggi, è inutile piangere sul latte versato, ragion per cui, ciò che i biancocelesti sono costretti a fare, è dimenticare e ripartire in campionato a partire dalla prossima giornata che vedrà la sfida con il Napoli. Queste sono le parole prevedibili che ha utilizzato Sarri nella conferenza stampa post partita. Sembra quasi che ogni volta ci sia una registrazione e che tale conferenza non sia altro che la replica di tutte le altre fatte in questo triennio all'ombra del Colosseo. Giustificazioni su altre, discorsi denigratori contro la propria squadra, niente di più...

Alla vigilia del Match:

L'Inter è una squadra molto più forte e decisamente più favorita rispetto a noi.

 

Una frase che aveva già il sapore di sconfitta nella mente di ogni sostenitore. Un discorso ridondate che va contro ogni valore del Calcio, in cui il dogma fondamentale dovrebbero essere quello di crederci sempre e non arrendersi mai.  

Dov'è questo spirito agonistico? Dov'è la mentalità vincente dell'allenatore che deve essere inculcata nella testa dei giocatori?

Forse qualcosa potrebbe presto cambiare...

Nelle città più importanti, in piazze importanti come quelle di Roma, in cui militano due squadre di grande importanza, è inevitabile che vi sia il vizio di guardare  nel piatto dell'altro. Vi è lo stimolo incontrollabile di prendere ispirazione.  

Come sappiamo, nella settimana che sta per terminare, nella parte sud del Tevere c'è stato un vero e proprio scossone, ovvero l'esonero di Mourinho. La parola esonero rimbomba tuttora nella città eterna.

 

Da questo effetto acustico, in virtù di quanto avvenuto nella serata di venerdì, ne sarà rimasto completamente fuori il patron Lotito?  

Se a questo interrogativo ancora non si può dare risposta, tra le opinioni raccolte, pare che tale eco sia risultato come un'influenza nel pensiero del tifoso, nel popolo laziale, che a gran voce inizia a scalciare e a smaniare per essere arrivato ai limiti della pazienza...

 

L’effetto domino è l’esito invocato da un popolo... STREMATO!

 

Mattia Savinelli