"Una società (dal latino socius, ovvero compagno, amico o alleato) è un insieme di individui dotati di diversi livelli di autonomia, relazione ed organizzazione che, variamente aggregandosi, interagiscono al fine di perseguire uno o più obiettivi comuni" . Questa è la definizione dell'Università di Oxford, dipartimento di sociologia. Ma l'Università di Harvard aggiunge al finale..."e che recluta i propri soggetti tramite attività sessuale".

Da questa premessa non possiamo dire che la parola sesso si debba considerare un tabù o peggio un argomento "scabroso" dal quale tenersi adeguatamente lontani, evitandone argomentazioni e spiegazioni, oppure lasciandone l'approfondimento a soggetti non qualificati a descriverne le dinamiche e le conseguenze morali o mentali, come parroci o sessuologi. E' chiaro che il sesso ci accompagna sin dai primi passi della nostra vita, a cominciare dal concepimento, e continua nel rapporto con i genitori, che ogni giorno scoprono e crescono l'evoluzione non solo fisica, ma anche sessuale dei loro figli. I messaggii che riescono ad interpretare sono importantissimi,  allo scopo di osservare il sano sviluppo delle parti anatomiche interessate, in alcuni casi alle prese con patologie che, se non rilevate in tempo, pregiudicano il corretto sviluppo dell'individuo interessato nella vita futura e nei rapporti con altri soggetti, pregudicando una corretta vita di relazione e di prolificità. Lo sviluppo avviene di pari passo con la crescita fisica, ma anche mentale dell'individuo, sia maschio che femmina, seguendo le esperienze personali legate all'esplodere di tensioni ormonali, legate non solo alla sessualità ma anche alla crescita psicofisica degli adolescenti.

L'adolescenza, definita l'età dei "teen-agers" ovvero tutti gli individui dai 13 ai 19 anni, è il primo passo veramente "forte" dell'espressione naturale del fenomeno, in quanto la tempesta ormonale è un fattore importante da considerare sia a livello pedagogico, che di relazione fisico compartimentale e sportivo degli interessati.

Quando allenavo, seguivo già alcuni fattori di partenza, l'età era uno di quelli. La categoria più difficile era quella dei giovanissimi, la cui età va dai 13 ai 15 anni, momento nel quale la crescita ormonale non va di pari passo a quella mentale, se poi si avevano difetti educativi, la situazione peggiorava. Nelle categorie esordienti dai 10 ai 12 anni, i bambini sono ancora in una situazione, come dire, di "asessuati", che  sanno come nascono i bambini, ma ancora non vivono pulsioni forti che possano condurli a comportamenti conclamati. Nella categoria allievi, dai 15 ai 17 anni, si ha invece una possibile maggiore esperienza ed una maturazione sessuale già indirizzata verso il pieno sviluppo, che riducono gli "scontri" essendo gli individui più grandi già alle prese con relazioni sentimentali, dovendo quindi esibire un approccio più maturo alla questione. Naturalmente, non tutti i ragazzi si possono schematizzare in stereotipi secondo l'età, infatti ci sono ragazzi più maturi o meno maturi, più educati o meno educati, più intelligenti o meno "smart", ovvero acuti nelle loro relazioni ed interazioni. Per questo, tenevo d'occhio le trasformazioni che potevano avvenire nei miei giocatori, osservando la struttura fisica, la crescita pilifera, ed altre componenti utili a capire che approccio dovevo tenere con loro.
L'argomento sesso, comunque non lo evitavo, seppure unicamente come fattore educativo, molto spesso trascurato dai genitori (E questo era un altro fattore importante), e secondo l'età, ne parlavo, cercando di usare le parole più adatte all'età dei giocatori. Molto spesso, mi bastava sentire di cosa parlavano, e finché parlavano di "play station", tutto era normale, ma come si passava ad altri argomenti come le ragazze, e parti anatomiche di ragazze, allora drizzavo le antenne, per cercare di capire come fosse già vivo il loro interesse sull'argomento. Mi si dirà: ma quale interesse può avere un allenatore nel conoscere tali problematiche nei ragazzi che allena? Rispondo che un buon allenatore deve "scoprire" tutte le situazioni e gli eventuali comportamenti dei suoi ragazzi, partendo da come si cibano, come dormono, la situazione famigliare e non trascurabile, il sesso. E intervenire, seppure nei limiti dati dalla posizione sociale e dal buon costume morale, può aiutare il giovane sia nella maturazione personale, che calcistica. Molti ragazzi devono soffrire sempre più di crisi coniugali dei loro genitori, e quasi sempre scaricano le loro infelicità sul campo di calcio, unico sfogo vero che possono esercitare. E questo insieme ad uno sconvolgimento ormonale, e di crescita generale, poteva diventare devastante per un equilibrio di squadra, portando a comportamenti insofferenti, verso i compagni o peggio gli arbitri, avversari, pubblico. Era importante da parte mia riuscire ad entrare nella confidenza del ragazzo, in punta di piedi, per poi trasformare questa rabbia in un contesto positivo, un maggiore impegno pragmatico alla partita, alla ricerca del risultato, dell'autostima nel riuscire ad essere bravi e non "sfigati".  Non era certo facile, spesso la ribellione era difficile da domare, ma con il tempo i risultati li vedevo, magari non indotti direttamente dal mio impegno,  comunque lasciando il ricordo nei ragazzi di essergli stato in qualche modo vicino, rimaneva nel tempo. 

Per noi "cresciuti", il discorso è fortunatamente diverso, ormai noi sappiamo che le favole sulle cicogne, cavoli, rododendri e a volte ufo non reggono più, si dice che siamo "adulti e vaccinati"(Non tutti purtroppo contro il covid), e vuol dire che il nostro corpo ha una reazione di tipo "vaccino" sul caso in esame. Ai miei ragazzi solevo dire:"Ogni attività sessuale, di qualsiasi tipo, deve terminare il giovedì". Questo per invitarli a contene ogni loro esuberanza entro termini ragionevoli di recupero. Si sa che negli adolescenti l'attività sessuale scarica più energie rispetto ad un adulto, per cause di crescita e di abitdine fisica e mentale all'approccio. In età adulta le pulsioni ormonali sono molto ridotte, rispetto ai ragazzi, e l'attività avviene con maggiore coinvolgimento mentale, e comunque non riduce il tono muscolare non incidendo troppo sulle prestazioni sportive. Anzi, alcuni giocatori hanno rapporti la sera prima della partita, e ne trovano giovamento psicofisico. Ricordo quando circa cinquant'anni fa, l'Ajax del grande Crujiff viaggiava con le mogli al seguito, che dormivano in camera con i rispettivi partners, e questo faceva inorridire noi italiani. Eppure l'Ajax non perdeva partite, anzi vinceva tutto. Era anche successo che durate una lunga pausa in attesa di un aereo, visto il prolungarsi dell'attesa, si precipitarono sulla pista di atterraggio,  togliendosi le maglie e  a dorso nudo, si allenarono duramente.  Era una questione di mentalità, vincente in ogni contesto, di autostima, gruppo e soprattutto serenità psicologica. Sono quindi convinto che una serena vita sessuale sia di grande aiuto per lo sportivo, qualunque disciplina eserciti. Naturalmente la cosa migliore è sempre la conoscenza del proprio corpo, le sue necessità ed i suoi limiti. Non sono molto ferrato sull'argomento femminile, non so quanto incida l'attività predetta sulle atlete. Mi capitò un giorno di chiedere ad una mia amica, pallavolista, se per lei era "complicato" avere rapporti prima di una partita, e lei mi rispose che sì, qualche remora a fare sesso prima la sera prima l'aveva e le creava qualche problema, ma non capii mai se questo era un atteggiamento preventivo, oppure un fattore che limitava l'impegno fisico nella competizione. Naturalmente non approfondii ulteriormente la questione, anche per non essere scortese ed indiscreto verso la mia interlocutrice, ma la questione mi seduce. L'universo femminile è un intrigo inesplicabile, sia dal lato etero che anche omosessuale. Carolina Morace ha ammesso che vive con una compagna, e in una trasmissione disse una frase sibillina:"Non penserete che io guardi una donna come la guarderebbe un uomo?"

Questo apre altre pagine sulla sessualità, come la vive l'uomo, e come la vive la donna, diversi soprattutto mentalmente oltre che biologicamente. L'argomento si ingarbuglia ancora di più se entriamo nella sfera omosessuale. L'omosessualità nello sport è sempre stata oggetto di discussione, con riflessi spesso diversi. Dopo anni si è finalmente riconosciuto che esiste e che non è un fattore deviante e nemmeno una malattia, una volta "curabile" in manicomi pre- Legge Basaglia, ma esistente nella nostra società come una qualsiasi espressione umana. Marcello Lippi, intervistato sull'argomento riferì che nella sua lunga carriera di calciatore prima e di allenatore poi, non lo ha mai messo a conoscenza di atleti che avessero tendenze omosessuali. Il presidente dell'Arci Gay, gli rispose che era stata una risposta ipocrita, e che nello sport ci sono molti atleti gay e che lui non voleva "rimarcare" la questione. Probabilmente Lippi poteva anche essere a conoscenza di atleti "sospetti" ma con intelligenza, soprattutto senza prove a sostegno, non poteva fare "coming out" per conto terzi.  Personalmente, posso dire che in tutti gli anni trascorsi nel mondo del calcio, non mi sono mai imbattuto in compagni di squadra o avversari che fossero dichiaratamente gay, forse alcuni sospetti di bisessualità, ma sicuramente "attiva" e non "passiva". E qui vorrei fare una mia disquisizione. Sicuramente ci saranno stati giocatori che hanno incominciato a giocare a calcio pur avendo tendenze omosessuali, ma conoscendo gli ambienti del calcio, penso che avrebbero fatto poca strada in uno spogliatoio, soprattutto dove vigeva una  mentalità "machista" ed il mito del "tombeur de femme", e la sola conoscenza del suo status, avrebbe scatenato un'immediata emarginazione e quindi l'espulsione dai progetti sportivi. Oggi siamo invece a conoscenza di molte calciatrici che ormai dichiarano la loro appartenenza alla categoria "no etero". E nessuno le sminuisce, essendo la cosa molto accettata dalle altre compagne di squadra.  Forse perché le donne sono come al solito una spanna avanti a noi uomini? Forse si, ma vorrei fare un riferimento storico sull'argomento. Nell'antica Grecia e negli antichi Romani, l'omosessualità era un tratto "distintivo" del nobile che l'esercitava, ma attenzione, solo se attivo, perché la passività era invece considerata segno di debolezza e di scarsa virilità. Il concetto viene ancora ribadito oggi, confondendo la sessualità in un atto puramente "fallocratico", e non un insieme di complicità, presenti sia nel mondo etero che a buon ragione nel mondo gay.  

Ci sono ancora molti passi da fare sull'argomento, svluppare progressi mentali e riconoscimenti sociali, ancor prima che legali. Sappiamo che la mentalità è più difficimente coercibile della legge, ma la speranza che le nuove generazioni possano comprenderne l'evoluzione e "normalizzarla" è viva. E finalmente il sesso non sarà più considerato un "tabù", ma l'espressione libera sancita dal diritto naturale.
Buon sesso a tutti.