Sempre partendo dallo stesso libro "La partita perfetta", gli autori pongono due domande molto interessanti. Quindi userò loro argomentazioni senza citarli continuamente aggiungendovi i miei punti di vista al riguardo.
Le due domande sono le seguenti, la prima: le nazionali danno valore aggiunto al calcio moderno? La seconda sono utili, essendo nazionali, al miglioramento di un comune sentire nazionale? La risposta degli autori è sostanzialmente no alla prima domanda e sì, con importanti distinguo, alla seconda. Abbastanza  sorprendente.
Vediamo i motivi del no. Il primo fa riferimento allo scarso interesse che le squadre di club hanno nel prestare i giocatori che possono essere soggetti a infortuni che hanno conseguenze sui bilanci di uno sport sempre più votato al business. Non mi sento d'accordo. Sposterei l'obiezione semmai su un terreno diverso ma posteriore alla pubblicazione del libro. I recenti mondiali in Qatar sono stati una concessione eccessiva delle federazioni internazionali al dio denaro, come testimoniato dai recenti scandali sulle tangenti, e inoltre accompagnata, sempre per gli stessi motivi da una assurda interruzione dei campionati nazionali. Capisco che i soldi qatarioti possano essere molto importanti in termini di ritorno di business ma penso che a tutto c'è  un limite. In una manifestazione di questo genere, può succedere il contrario, che giocatori sconosciuti o quasi emergano ricevendo quotazioni stellari come il caso dell'argentino Fernandez, mediano incontrista e di costruzione. E pure di sconosciuti giocatori marocchini che si sono ben distinti. Il nostro Hernandez ha sicuramente aumentato la sua quotazione e pure Leao l'ha più  o meno mantenuta. Gli esempi di incidenti gravi ci sono stati. Cito quelli subiti da Gigi Riva che si è davvero immolato per la Nazionale non solo, ma costituisce un raro esempio di attaccamento e di amore per i colori sociali che lo hanno lanciato a vertici internazionali, cosa rara nel calcio moderno.

La seconda obiezione riguarda lo stravolgimento del tifo. Ci si chiede come sia possibile che un tifoso juventino possa gioire per il pareggio di Materassi ai mondiali 2006 e per la espulsione di Zidane per la sua testata, pure con consistente passato bianconero. Anche questa  per me è una obiezione sbagliata. La partita di calcio è una battaglia. Il suo svolgimento è accompagnato da molti termini militari: fucilata, cannonata, assedio, immolarsi, maginot (neologismo breriano), bombardamento,  sfondamento, incursione etc. Penso che per nessuna competizione internazionale che non sia il calcio cantare insieme a migliaia di persone abbia una valenza così intensa. Non so quanti conoscono l'inno italiano nella sua interezza, il testo è bellissimo di puro stampo Mazziniano e patriottico. Sotto un'unica bandiera in una Italia divisa, da sempre del resto. A partire da Zama dove Scipione regola i conti con l'invasore Annibale del suolo romano inteso come antico suolo patrio, alla Lega contro l'invasore Barbarossa, alla caduta di Firenze contro quello spagnolo, e alla cacciata degli Austriaci da Genova. Contiene, forse persino sconosciuto ai Polacchi una comunione di sangue versati contro gli odiati austriaci e russi che hanno smembrato la Polonia  che andrà ad infettare la odiata aquila nera austriaca. Francamente questo accostamento rossonero non mi è mai piaciuto. La musica non è sicuramente all'altezza del testo. Non abbiamo avuto un Haydn per quello tedesco, ma con tutti i nostri grandi musicisti autori di cori memorabili, penso si potesse fare di più di una marcetta anche se ormai fa parte del patrimonio di una Nazione. Quindi i giocatori della Nazionale sono soldati e in quanto tali perdono la loro collocazione di origine.

La terza obiezione riguarda la partecipazione degli occasionali, della serie "Tifo solo per la Nazionale", ma anche qui ben venga se la loro presenza aiuta in un sentirsi più uniti. La quarta è  più  tecnica nel senso che spesso si rivelano giocatori, come Bojanov, addirittura pallone d'oro che scompaiono dalla scena. Si cita l'assurdo della sottovalutazione di Messi rispetto all'altro genio argentino, proprio per il fatto di non aver brillato nelle grandi competizioni delle nazionale. Almeno il Qatar ha sfatato questo mito calcistico per un giocatore che ha collezionato una quantità industriale di palloni d'oro, champions, coppe del Re e capocannoniere. Inoltre e qui non sono proprio d'accordo si  obietta che raramente, soprattutto nel calcio moderno, le nazionali superano il livello tecnico dei rispettivi campionati. Non è sicuramente così per la Francia dove il dominante PSG non vince niente, nonostante le valanghe di soldi profusi. E non lo è soprattutto per tutte le selezioni dei Paesi africani. Lo è purtroppo per la nostra visto che 3 delle nostre squadre sono agli ottavi di Champions. E veniamo al secondo aspetto di questo intervento. Che cosa il Calcio dà per un miglioramento del senso di appartenenza. Direi tanto, quando questo non venga messo per mascherare sciovinismo e odio etnico come tra le repubbliche ex Jugoslavia, odi mai cancellati come tra Argentina e Inghilterra dopo le Falkland. Germania e Olanda sugli orrori del nazismo e Francia e Italia su mai sopite rivalità e risentimenti per l'aggressione fascista di una Nazione in ginocchio. Oppure per mascherare sanguinari regimi dittatoriali come quello argentino.
Si cita un verso di Manzoni nella sua ode patriottica Marzo1821, che definisce bene una Nazione:
Una d'arme, di lingua, d'altare, di memorie, di sangue e di cor.
Non mi sembra che la nostra nazione oggi rispecchi questo afflato unitario. D'arme siamo inseriti in contesto allargato. Lingua, molto cambiata nei soli ultimi anni, subissata da neologismi e inglesismi, d'altare non tanto con la sempre maggiore presenza della religione musulmana in una società ormai diventata più di cittadini che di autoctoni, memorie, se le applico al calcio vedo che la memoria dei tifosi è molto corta, sangue, gli italiani, soprattutto i giovani conoscono poco la nostra storia passata che è una storia di guerre continua, e il cor.

Su questo concludo con le citate parole del nostro entusiasta commentatore Fabio Caressa in occasione dei Mondiali 2006. "Abbracciamoci forte e vogliamoci tanto bene, perché abbiamo vinto, abbiamo vinto tutti stasera" e poi rivolgendosi a Cannavaro che innalzava la coppa, non certo con il discutibile gesto del portiere argentino in Qatar, "Alzala alta, perché oggi è più bello essere italiani". Potenza inarrivabile del calcio, per farci sentire più  Nazione in questo caso magnificata senza alcuna retorica.