La notizia è arrivata, detonante, annichilente: Nicolò Zaniolo è stato ceduto al Galatasaray. 

Ma perché? Se Zaniolo va in Turchia, la domanda nasce spontanea: perché?
C'interroghiamo, proviamo a capire, cerchiamo d'intuire, ci struggiamo in un apparente non senso: apparente, sì, perché un senso ce l’ha, ce l’ha sempre. È così. Tutto l’universo del pallone obbedisce a una logica, che ha dentro di sé tante caleidoscopiche logiche, per quanto assurde possano esse apparire all’ingenua percezione di tifosi e appassionati. 
Girala come vuoi, Zaniolo al Galatasaray è una brutta notizia, davvero brutta! L’Italia del pallone si risveglia depauperata, ancora e ancora e ancora. E la notte è ancora lunga, e buia. Se Zaniolo va in Turchia, la notte è ancora lunga. 

Se Zaniolo va in Turchia è la sconfitta di tutti, ma proprio tutti; e al diavolo la logica, che ha dentro di sé tante caleidoscopiche logiche. 
Se Zaniolo va in Turchia, è un diamante puro che s’incastona in un anello di bigiotteria.
Se Zaniolo va in Turchia, è il titolo di un romanzo alla rovescia, dalla trama sgangherata, col finale tra le prime pagine e il prologo confuso. 

Una storia con dentro tante storie, caleidoscopiche anche quelle. Il talento, l’Inter, la Roma, la maglia azzurra, i ghiribizzi, l’infortunio, i tatuaggi, il Milan e i suoi passi indietro, la mamma social e pure lui, l’Inghilterra mancata, il Galatasaray. Nicolò si arrende a se stesso, il calcio italiano si perde in se stesso.

Se Zaniolo va in Turchia, è un sistema impoverito, nei conti e negli ingranaggi; e s’inceppa, un’altra volta, ancora una volta.
Se Zaniolo va in Turchia e se Bernardeschi va in America, sono due facce butterate della stessa bronzea medaglia, sono due schiaffi nella faccia di milioni d’italiani, i cui weekend hanno perso il colore cristallino della classe ed assunto le tinte sbiadite della mediocrità. 
Se Zaniolo va in Turchia, è un Paese da cui scappano giovani, cervelli e campioni. È un paese con poche speranze e parecchio rimpianto.
Se Zaniolo va in Turchia, è un mister non abbastanza speciale da rinsavirlo e trattenerlo; è una società non abbastanza a stelle e strisce da far risplendere le sue, di stelle; è un procuratore non abbastanza capace da procurargli ben altro; è un ragazzo non abbastanza consigliato da non commettere simili scemenze. 
Se Zaniolo va in Turchia, è un calciomercato drogato da bonus e malanimi, da prestiti e “parcheggi”,  da obblighi che alla rinfusa si mescolano ai diritti, da plusvalenze e commissioni, da riscatti e da ricatti, da pretese e scarse rese. Un mare magnum dove nuotano squali e pesciolini, una giungla popolata di spietati cacciatori di autografi su contratti disparati, un mosaico di tatuaggi sulla pelle di pupazzi strapagati e pupari ben pagati.  
Se Zaniolo va in Turchia, è la domanda che ci frulla nella testa quando scorriamo le profonde rose, abbondanti di mezze calzette, scarseggianti di veri calciatori. 

Non ci sono più i soldi … il nostro campionato è di seconda fascia … gli stadi nuovi … sì, ma il merchandising … i diritti televisivi … il coraggio di far giocare i giovani … i procuratori, gli agenti … la burocrazia italiana… Tutte str***! Siamo il calcio che fa andare Zaniolo al Galatasaray e spende milioni per ultra trentacinquenni, che fanno vendere magliette e fanno, forse, vincere uno scudetto; ma non fanno la differenza, non ci salvano dall’oblio di chi ormai si accontenta.
Siamo il calcio che si accontenta. Siamo il calcio che abiura se stesso. Siamo il calcio che respira polvere e sputa fango. Siamo il calcio che ancora si specchia in un passato ormai remoto, che non sa guardare a un futuro sempre più lontano. 
Siamo il calcio che perde. 
Se Zaniolo va in Turchia, è un terremoto che scuote le fondamenta dei nostri palazzi di vetro, dove il  governo del pallone decide ma non incide, parlamenta e non risolve, sta a guardare e non si evolve. 
Se Zaniolo va in Turchia, è il principio della fine. La fine del mondo, il nostro mondo senza sole e tante ombre. E che gira, sì, gira senza fine, ma gira al contrario. 
È il villaggio che rimane senza chiesa, è zero tituli e solo titoli di coda, è Roma capoccia senza testa e senza coda, è un Paese di santi, poeti, navigatori e niente più. 
È un altro giallorosso ma ben più scolorito, è uno stadio senza mito, è lo specchio di brame represse, è la stella che fa strame di se stessa. È Zaniolo al Galatasaray.  

C’è stato un tempo in cui i migliori venivano da noi, era il tempo delle sette sorelle e dei figli d’Italia che giocavano accanto a Maradona, a Zidane e a Ronaldo. Maradona è morto, Zidane ci ha preso a testate, di Ronaldo c’è rimasto il ricordo sbiadito e una sbiadita omonimia di fine carriera. Questo è il tempo delle mele che marciscono su di un albero senza radici, è il tempo delle cattedrali deserte dove predicano scarpai, è il tempo di un raccolto andato a male. È tempo di chi non aspetta il tempo e vola via. Vola in Turchia, dove ci sono soldi, allori e onori per chi qua ha conosciuto troppi fischi e qualche fiasco. Ma resta un campione. 

Se Zaniolo va in Turchia, è il made in italy esportato senza senso, è il dop scopiazzato, è un Barolo venduto in brick di cartone, è un Caravaggio trafugato, il tricolore ammainato. 
Se Zaniolo va in Turchia, è il Bosforo che ci ruba l’anima, è Istanbul che ci cava gli occhi, è l’Oriente che ci assiste al suicidio. È la morte del pallone.  “Santità, oggi è morto il calcio”: se Zaniolo va in Turchia, è il Marchese del Grillo che si rivolta sulla tomba. 

“Luci a San Siro non ne accenderanno più”, cantava il buon Vecchioni, presagendo forse la sciagura. Tutto nasce da lì, da quando all’Inter spengono la luce della ragione e cedono Zaniolo per arrivare a Nainggolan. Se Zaniolo fosse rimasto all’Inter forse tutto questo non sarebbe successo, chi lo sa?
O forse sì, forse sarebbe successo ugualmente. Perché Zaniolo che va in Turchia è Balotelli che va in malora, è Casadei che va dove va, è un sistema che va nel pallone. È il pallone che non protegge la sua progenie. O è la progenie che non protegge più se stessa. Perché in fondo non è colpa dell’Inter e non è colpa della Roma e non è colpa dell’Italia e non è colpa di nessuno. 
Se Zaniolo va in Turchia è colpa di Zaniolo.