Dunque, la montagna ha partorito un topolino, diranno i tifosi antijuventini. A fronte di tutto quanto contestato sulla cosiddetta “manovra stipendi”, alla Juventus, in seguito a patteggiamento, è stata comminata solo un’ammenda di settecentomila euro e spiccioli. Farebbero bene, però, i tifosi antijuventini a porsi qualche domanda sul perché si sia arrivati a questo risultato.

Da parte della Società bianconera la risposta è ovvia: pur ribadendo la propria posizione di estraneità agli illeciti contestati, accettare il patteggiamento voleva dire mettersi al riparo da ulteriori tempeste.
Ma è la posizione della procura sportiva che deve far riflettere: perché proporre alla Juventus una ammenda così bassa? Non ci avevano raccontato che questa era l’inchiesta su cui la Juve rischiava di più? Che le carte in mano alla procura erano inequivocabili? E allora, che senso ha avuto accettare un patteggiamento?

Occorre a questo punto spiegare cosa sia, per la “giustizia sportiva”, un patteggiamento.
Nella Giustizia ordinaria l’istituto del patteggiamento è regolamentato dall’art. 444 e seguenti del Codice di Procedura Penale. E quando dico regolamentato, intendo proprio dire regolamentato: a tot pena massima prevista, corrisponde in caso di patteggiamento un tot massimo di sconto. Tutto ben preciso, ben disciplinato, ben regolamentato.
Nella “giustizia sportiva” (ma ricordo che meglio sarebbe chiamarla per quello che è, Ingiustizia Antisportiva) tutto ciò non avviene ed il patteggiamento può quindi essere utilizzato a discrezione della procura per ottenere ciò che la procura desidera.
Ora, è evidente a tutti che la procura, in questo caso, non mirasse a far pagare alla Juve 700.000 euro, bensì ad imporre alla Società la rinuncia ad appelli, soprattutto davanti al TAR.
Ed eccoci arrivati al punto: un istituto, quello del patteggiamento, che nella Giustizia ordinaria viene utilizzato per ottenere risultati certi, nella Ingiustizia Antisportiva può essere utilizzato anche a scopo intimidatorio, anzi, alcuni potrebbero perfino definirlo ricattatorio. Perché mentre nella Giustizia ordinaria tutto è stabilito e si sa già quali sono le pene massime e minime previste, ad esempio, per un furto, tutto ciò non avviene per l’Ingiustizia Antisportiva, cosa resa ancor più evidente dal balletto di punti usciti in questi mesi relativamente al mercato delle stagioni 2019-20 e 2020-21, con la quantificazione finale di 10 punti di penalizzazione ottenuti assegnando a posteriori due punti di penalizzazione per la posizione di Arrivabene, amministratore delegato juventino... dal Giugno 2021…! (E già questo basta per parlare di sentenza farsa, a corollario di un processo farsa).
Se esistessero pene certe, sarebbe chiaro a chiunque che, nel caso in cui l’illecito degli stipendi prevedesse altro, i tifosi antijuventini avrebbero ragione a lamentarsi per questa lieve ammenda.
Ma la verità è che nessuno può dire cosa preveda l’illecito degli stipendi, anzi, dirò di più: nessuno può dire a quale articolo del codice corrisponda, quel reato. Lo abbiamo già visto col processo di questi mesi, in cui da un processo all’altro l’illecito contestato alla Juve è improvvisamente rientrato nell’art. 4, quello che prevede la “slealtà sportiva”. Quale sia il nesso di causalità per cui delle plusvalenze diventino comportamento sleale non è dato sapere, giacché delle due l’una: o mi racconti che senza i soldi ottenuti dalle plusvalenze e che stai contestando, cioè 60 milioni in tre anni, non avresti potuto iscriverti al campionato, e ti scontri con la realtà di una Exor che in due anni ha fatto ricapitalizzazioni per 700 milioni di euro e di una Società in cui le plusvalenze pesano a bilancio solo per il 3%; oppure mi dici che l’importante non è l’importo bensì il comportamento, ma in questo caso non mi vieni a parlare di “sistema Juventus” e anzi fai un processo unico con tutte le squadre coinvolte e coinvolgibili, giacché basterebbe una sola plusvalenza fittizia, anche solo per un euro, per parlare di comportamento sleale.

Dunque, se non è possibile sapere, all’interno di un articolo del codice, in cosa consista la pena, e se non è possibile nemmeno sapere a quale articolo del codice corrisponda l’illecito contestato, ecco che ogni volta in cui l’Ingiustizia Antisportiva ti chiama a processo, tutto è nelle mani dei giudici e delle richieste della procura, ed ecco perché il patteggiamento diventa un’arma intimidatoria/ricattatoria: “se rinunci a difenderti, per il tuo illecito non ti contesto più l’articolo x, ma il più blando articolo y”, che tradotto vuol dire “se rinunci a difenderti non ti bastono”. Nella Giustizia ordinaria, fatte le debite proporzioni, quanto ho appena descritto equivarrebbe a trasformare una imputazione per omicidio ad una per furto: hai ucciso un uomo, ma se patteggi chiedo al giudice di dire che gli hai semplicemente rubato la vita, ladro che non sei altro! Ma questa non è Giustizia ordinaria, questa è ingiustizia antisportiva, e che non vi sia nulla di giusto, in quel carrozzone, lo sanno perfino i protagonisti, che infatti fanno di tutto per non subire ricorsi al TAR.

Ed eccoci quindi tornati al punto di partenza: la Juventus ha accettato il patteggiamento perché il ricorso al TAR lo avrebbe anche vinto, ma nel frattempo UEFA e FIGC avrebbero distrutto la Società; la procura è arrivata al patteggiamento perché alla FIGC sanno bene cosa vorrebbe dire arrivare al TAR.
Ecco perché le parole di Gravina, secondo cui questo patteggiamento è il risultato più bello per il calcio italiano, suonano come un sospiro di sollievo: al TAR, il carrozzone da lui condotto, si sarebbe dimostrato per quello che è, nero su bianco, in una sentenza rilasciata in base a regole certe e definite.
Niente a che vedere con l’Ingiustizia Antisportiva, insomma!