Pochi giorni fa, l’avvocato Paniz ha rilasciato una interessante intervista in cui ricordava alcune delle stranezze che hanno caratterizzato la sentenza con cui la Corte Federale ha penalizzato la Juventus.
Due i punti principali.
Il primo è che l’art.4 non doveva essere applicato alla Società Juventus, in quanto per sostenere che una squadra si è comportata slealmente utilizzando le plusvalenze, occorrerebbe quantomeno una normativa che ne regolamentasse l’uso, e ad oggi tale normativa non c’è. Aggiungo una nota personale: la difesa della Juventus, per il fatto che la Società sia stata punita per violazione dell’art. 4, ha avanzato lamentele anche per motivazioni tecniche. In sostanza, nel processo di maggio 2022, quell’articolo era stato contestato ai dirigenti, ma non alla Società e nel suo ricorso il procuratore Chinè non poteva cambiare i capi d’imputazione.
Dunque come si è arrivati alla penalizzazione? Il procuratore Chinè ha sostenuto che, proprio in virtù dell’art. 4, le colpe dei dirigenti ricadono sulla Società e la corte ha sposato questa tesi, ma si tratta di una interpretazione molto discutibile, lontana dai dettami della logica e dallo spirito di chi ha scritto il codice, tanto che risulta difficile capire come si sia arrivati a tanto. Certo, alcuni ultrà, sui blog, portano avanti la tesi di Chinè, ma davvero ci si chiede come possa averla portata avanti anche una corte. Perché è vero che l’art. 4, al pari dell’art.31, parla sia di dirigenti che di società, rimandando per le sanzioni all’art. 9 o all’art.8 a seconda che si parli degli uni o delle altre; ma ciò non vuol dire affatto che, per tale motivo, dirigenti e società siano associati nella responsabilità. La spiegazione, al contrario, è molto semplice e praticamente l’ho già data: se a commettere l’illecito descritto è un dirigente, questi viene sanzionato in base all’art. 89, se invece si tratta di una società viene sanzionata in base all’art.8. Dunque, le sanzioni possono essere applicate solo al soggetto a cui l’illecito è stato contestato. La riprova di quanto dico è nell’art.31, riguardante le violazioni in materia gestionale ed economica.
Ebbene, l’articolo 31, come ho detto, è impostato esattamente come l’art. 4 e rimanda perfino alle stesse sanzioni: la differenza è che l’art 31 è stato contestato sia ai dirigenti che alla società. Perché mai Chinè avrebbe dovuto contestarlo anche alla società, lo scorso Maggio se a suo dire (ora…) le colpe dei dirigenti ricadono comunque sulle Società? Gli sarebbe bastato contestarlo ai dirigenti, esattamente come fatto per l’art. 4. La verità è che nel 2022 Chinè non aveva nessun appiglio per contestare l’art.4 alla Società, ed ora usa questa libera interpretazione del codice sportivo per far rientrare dalla finestra ciò che non era entrato dalla porta. E la Corte lo ha seguito…

Ma torniamo a Paniz e al secondo punto importante: il trattamento diverso ricevuto dalla Società Juventus rispetto ad altre decisioni prese dalla Corte Federale, che raramente ha accettato ricorsi “anche in presenza di sentenze della giustizia penale con dirigenti sportivi già condannati o, per lo meno, rinviati a giudizio: qui c’è solo LA RICHIESTA di rinvio a giudizio” (il giudice non si è ancora espresso, nda).
“Perché la Juventus ha ricevuto un trattamento diverso?" si chiede infine l’avvocato. E a questa domanda dà una risposta semplice: perché la Juventus è scomoda, sia per la sua storia vincente, sia per la richiesta della SuperLega, sia per il futuro rappresentato dalla Next Gen.
Ma a mio parere non c’è solo questo. Anche senza voler sposare le tesi dei tifosi juventini, che analizzando la storia di alcune delle persone con potere decisionale coinvolte in questo caso hanno evidenziato una loro diversa fede calcistica, è difficile negare l’acredine con cui si è cercato, riuscendoci, di riaprire un caso ormai chiuso, così come è difficile negare il trattamento diverso ricevuto dalla Juve rispetto a fatti analoghi. E dunque, alla domanda “cui prodest”, a chi giova, bisogna dare risposte diverse. Perché è indubbio che la condanna subita dalla Juventus durante la prima farsopoli, quella del 2006, ha portato ad un crescente indebolimento del Calcio italiano, facilmente riscontrabile anche nel cammino della nostra Nazionale che, a parte il miracolo degli Europei, è crollata al punto di saltare due Mondiali consecutivi. Sarebbe sufficiente questo fatto, ma se vogliamo una quantificazione economica, basti pensare al valore dei diritti televisivi, in costante calo.
Ma evidentemente, a chi vuole l’uscita di scena della Juve, ciò non interessa. E allora, chi sono queste persone? A chi giova? Da una parte, abbiamo senz’altro a che fare con tifosi miopi, più interessati a poter vincere un campionato senza più alcun appeal, che a rischiare di arrivare secondi in un campionato di maggior valore.
Ma purtroppo potrebbe esserci una seconda categoria: quella di chi sa che la torta magari sarà anche più piccola che in altri campionati, ma sempre appetitosa rimane, perché i milioni in gioco sono comunque tanti.
La speranza è che chi ha poteri decisionali e può rivedere la sentenza e stroncare una nuova farsopoli, non appartenga a nessuna di queste due categorie.