Avevo già anticipato, in un precedente articolo, come, qualsiasi fossero le motivazioni addotte dalla Corte d’Appello Federale per giustificare il verdetto di penalizzazione ai danni della Juve, sempre di farsa si sarebbe trattato. Leggendo il lungo testo, ne ho avuto ampiamente la riprova.
Si parte con una descrizione degli illeciti contestati a Paratici e Cherubini, che avrebbero eseguito trasferimenti “indicando in tutti un corrispettivo superiore al reale”; e si passa poi a un elenco dei 35 trasferimenti in questione, per un valore di circa 170 milioni, a fronte dei quali, sostiene la corte, si sarebbero realizzate plusvalenze fittizie di circa 60 milioni.
È interessante osservare come l’operazione di maggior valore e con la presunta maggior plusvalenza fittizia riguardasse invece il Napoli, con Osimhen: una operazione che da sola ha generato plusvalenze per quasi 20 milioni, pari a un intero esercizio della Juve! Ma per il Napoli non c’è stato ricorso…
Ma andiamo avanti. Il ricorso di Chinè è stato accolto dalla Corte Federale Sportiva, si legge, perché il procuratore ha presentato gli atti della Procura di Torino contenuti nel fascicolo “Prisma”, un procedimento riguardante la Società bianconera. Su questo punto, è bene ripetere quanto ho già avuto modo di dire in passato: si tratta di una farsa che si aggiunge alla farsa. Perché è evidente a tutti che il presupposto basilare per cui esista giustizia, ordinaria o sportiva che sia, è che ci sia parità di condizioni per tutti. E non può esserci quindi una giustizia sportiva se questa si basa su tribunali ordinari che sono tutti diversi l’uno dall’altro e che agiscono in tempi diversi, o a volte non agiscono affatto. Lo si vede già in questo processo: diverse le squadre coinvolte in sede sportiva, ma solo per una un tribunale ordinario ha svolto indagini, negli altri tribunali avevano altre cose da fare. Oppure, semplicemente, non erano interessati a svolgere indagini che potessero danneggiare la squadra locale.
E qui si apre un altro punto, importantissimo: il fatto che, come si suol dire, la moglie di Cesare deve essere al di sopra di ogni sospetto. Ora, prendiamo nuovamente il procedimento Prisma: tra i giudici di Torino che si sono occupati della Juventus c’è anche un giudice il cui nome tradisce un’origine non certo piemontese. Sia chiaro, non vuol dire niente, magari è il più juventino del team e non sarò certo io (io no) a fare un processo sommario e in assenza di prove vere, ma è chiaro che, agli occhi di un tifoso, una simile circostanza può anche non apparire come “al di sopra di ogni sospetto”: soprattutto se poi si pensa al fatto che nel tribunale di Napoli, di giudici di origine torinese, non ne trovi un granchè. Ed ho citato Napoli perché non dimentico l’episodio della Asl, e nessuno dovrebbe. Non mi si racconti nemmeno che la differenza nei comportamenti dei vari tribunali è dovuta al fatto che la Juve è quotata in Borsa: perché è quotata anche la Lazio, il cui peso delle plusvalenze sul bilancio è del 30%, quando per la Juve è solo il 3% (altre squadre non quotate arrivano addirittura al 90%!). Ed è quotata in Borsa anche l’altra squadra della Capitale, ma il Tribunale, là non si è mosso.

Tornando alle motivazioni, si legge che le nuove prove portate da Chinè sono costituite da una “rilevantissima mole di atti e documenti”. Rilevantissima mole, certo, ma quali erano le prove? Di certo non è una prova quella presentata dalla Corte come tale, il cosiddetto “Libro Nero”: una nota in cui Cherubini afferma che l’uso eccessivo di plusvalenze artificiali (non fittizie, artificiali, e su questo tornerò in seguito) causa benefici immediati ma problemi di carico negli ammortamenti. Semmai, questa sarebbe la prova che, lungi da quanto racconta il giudice, la Juve non ha affatto ideato un sistema per ottenere chissà quale vantaggio nei bilanci! Bilanci per i quali, lo ripeto, le plusvalenze pesavano solo per il 3% e che Exor ha sempre ripianato a colpi di centinaia di milioni a botta, altro che 60 milioni in tre esercizi!
E non è una prova nemmeno “il fatto nuovo che prima non era noto… l’avvenuto disvelamento della intenzionalità sottostante all’alterazione delle operazioni di trasferimento e dei relativi valori”. In altre parole, il documento che abbiamo visto riproposto da più parti, con indicati i valori dei giocatori scambiati in due colonne, valore reale e valore di scambio. Perché basta leggere la riga riguardante Bonucci per rendersi conto che il suo valore reale, nel 2017, non poteva di certo essere zero, come indicato nella colonnina, e capire di conseguenza che quel documento ha un significato diverso da quello raccontato dalla Procura e creduto dalla Corte. E a questo punto, la prova non può essere neanche nelle intercettazioni, per il semplice motivo che, in assenza di riscontri, le chiacchiere rimangono chiacchiere. Voglio fare un esempio forte e crudo, ma che rende l’idea: se venissi intercettato mentre dico di aver fatto sparire un mio vicino di casa, ma non ci fosse nessuna denuncia di scomparsa e tutti i miei vicini fossero al loro posto, dove sarebbe il reato? Il pm aprirebbe l’indagine e la chiuderebbe, dando alle mie chiacchiere il valore che hanno.

Dunque, non esistono prove. Ma avrei anche potuto non aprire questa parentesi, perché basta osservare che non esiste nemmeno l’illecito! Ed è sconcertante leggere che "La Juve ha commesso un illecito disciplinare sportivo, tenuto conto della gravità e della natura ripetuta e prolungata della violazione", quando in realtà non esiste alcuna definizione della violazione! Perché un altro punto per commentare la farsa è proprio questo: si dice che la Juve è fuorilegge quando non esiste una legge! Ad oggi non esiste nessuna legge, infatti, che stabilisca quali operazioni sono lecite e quali no, o come valutare le plusvalenze, tanto che pochi anni fa per fatti simili l’Inter (la squadra del “mago delle plusvalenze”, come venne definito Ausilio, capace di realizzare 134 milioni solo coi giovani) venne assolta. Ed è così vero quanto sto sostenendo, ovvero che non esiste nulla che definisca l’illiceità delle plusvalenze fittizie, che la Corte arriva perfino a ritenere che “plusvalenze artificiali” e “plusvalenze fittizie” siano la stessa cosa, quando la differenza esiste (le prime si fanno anche semplicemente vendendo o scambiando giocatori che non si sarebbe voluto cedere o comprando giocatori per rivenderli immediatamente, le seconde si fanno gonfiando il valore di un calciatore) ed è assolutamente coerente con la ricostruzione della difesa.
Dunque, preso atto che una legge contro la creazione di plusvalenze, normali, artificiali o fittizie, non c’è, non ci si inventa una sistematicità che serve solo per giustificare il fatto che Tizio è stato punito perché ha commesso dieci volte un reato grave e Caio è stato assolto perché il reato era grave, sì, ma ha peccato una volta sola (per quanto magari fondamentale per i bilanci e l’iscrizione…); non si racconta che la Juve è stata la sola ad arrivare a simili livelli, quando il dato è che per la Juve le plusvalenze pesano pochissimo rispetto alle concorrenti, e quando abbiamo appena assistito al calciomercato più scialbo di sempre proprio perché le squadre avevano tutte paura di comportarsi come avrebbero fatto in assenza di questa sentenza; non ci si inventa che è stato alterato il campionato, quando con tutta evidenza non c’è niente che lo abbia falsato di più di questa sentenza a metà torneo: no, signori miei, non si fa niente di tutto questo!
Semplicemente, si prende atto della situazione attuale, ci si raccomanda con chi ha il potere legislativo di inserire una norma che permetta di stabilire oggettivamente cosa è lecito e cosa non lo è e si assolvono tutti gli imputati perché il fatto non costituisce illecito. Tutto il resto è farsa.