Il Video Assistence Referee, meglio noto come VAR, è stato introdotto in Italia a partire dalle stagione 2017/2018. Lo scopo, come si evince dal nome stesso, è quello di assistere e collaborare con l’arbitro in campo al fine di chiarire eventuali situazioni dubbie. Il VAR deve coadiuvare l’arbitro, non sostituirsi ad esso, va quindi usato con parsimonia e attenzione. L’entusiasmo quasi utopico che accompagnava l’arrivo della tecnologia nel calcio è stato definitivamente smorzato dalla realtà: il VAR ha, sì, aiutato a ridurre gli errori, che però continuano ad esserci con molta frequenza e a decidere, in maniera gravosa, partite e campionati.
Il problema non è lo strumento in sè, estremamente utile, ma da chi e come viene utilizzato.

“L’errore più clamoroso da quando è stato introdotto il VAR” così tuona Fabio Caressa, nella trasmissione SKY ‘Il Club’ nel post-partita di Juventus-Salernitana, terminata 2-2. 
Minuto 94’: Milik realizza, su colpo di testa, il goal del 3-2, sfruttando un ottimo tiro dalla bandierina di Cuadrado. Il goal viene assegnato dall’arbitro in campo  dal signor Marcenaro; il VAR richiama l’arbitro per verificare se Bonucci, che dai replay appariva in off-side, partecipasse in maniera attiva all’azione. Dopo aver visionato il monitor, Marcenaro decide: fuorigioco di Bonucci.
Ricapitolando, il VAR ha notato una posizione di fuorigioco del centrale bianconero e ha chiamato in causa l’arbitro per sincerarsi della sua partecipazione attiva all’azione; quest’ultimo ha preso una decisione seguendo la propria interpretazione.
Tutto corretto se non fosse che Candreva, dimenticato dalle immagini, teneva in gioco tutti, Bonucci compreso. Le immagini messe a disposizione del VAR hanno perso un giocatore, errore inammissibile.
Si può discutere sull’entità di un contatto o sul colore di un cartellino; ma non si può discutere su un qualcosa di oggettivo come il fuorigioco. Bisogna tracciare una linea dal penultimo difendente e verificare se l’ultimo giocatore avversario si trova oltre quella riga. Non è minimante contemplabile un errore di questo genere e calibro.
La conferma ufficiale dell’AIA è peggio dell’errore stesso: “La squadra arbitrale, addetta al VAR, non ha avuto a disposizione l’immagine di Candreva, che tiene in gioco Bonucci sul goal del 3-2 di Milik”.
Dichiarazioni tanto gravi quanto preoccupanti.

Altri errore simili, che riguardano l’oggettività dell’errore, sono il goal in fuorigioco di Acerbi in Spezia-Lazio e il goal di mano realizzato da Udogie contro il Milan. Entrambe della passata stagione. Nel primo caso fu un “ok” tra i componenti Var e Avar, a tradire Pairetto, che lo prese come via libera per riprendere il gioco. Tanto che l’audio continua cosi: “Perchè ha ripreso il gioco? No, no!”.
L’“ok” in questione era arrivato a seguito di una richiesta di avere un’immagine completa e quindi maggior tempo a disposizione per tracciare una riga definitiva. Un imperdonabile black-out della comunicazione.  
Nel secondo caso in questione invece a far discutere fu la rete realizzata da Udogie, al termine di un’azione rocambolesca, terminata con la deviazione risolutiva dell’esterno bianconero. L’arbitro Marchetti assegna il goal senza che il VAR (Guida in quell’occasione) potesse intervenire per sanzionare l’irregolarità. Il designatore arbitrale Gianluca Rocchi giustificò l’errore dicendo che nessuna delle telecamere a disposizione del VAR certificasse in maniera chiara il tocco di mano di Udogie. 

In tutte queste situazioni l’errore non deriva dallo strumento, ma dall’utilizzo di quest’ultimo. Negli episodi di Bonucci e Udogie non è stata data la possibilità al VAR di effettuare il proprio lavoro (mancanza di immagini); nell’episodio di Acerbi l’errore comunicativo, che ha portato al fraintendimento di Pairetto, non è stato dato tempo al VAR, che altrimenti avrebbe giustamente ravvisato la posizione di fuorigioco. 
Potremmo citare il mancato doppio giallo a Pjanic in Inter-Juve (2018) o il rigore molto dubbio concesso alla Juventus dopo il contatto tra Perisic e Cuadrado (2021); ma qui andrebbero giudicate le interpretazioni dell’arbitro, e per quanto sbagliate possano risultare sono soggettive e non considerabili gravi quanto lo può essere un errore oggettivo.

Il VAR è uno strumento ottimo e necessario che se usato correttamente permette di limitare i danni, ma allo stesso tempo ha portato a deresponsabilizzare una classe arbitrale, che risulta essere più permalosa che competente.
L’arbitro deve rimanere il solo e unico a prendere la decisione finale, come è scritto nel primo principio del protocollo VAR. Credo sia arrivata l’ora che gli arbitri parlino, descrivano le situazioni di gioco e spieghino il ragionamento che li ha condotti a prendere una decisione. Magari senza possibilità di controbattere per allenatori, giocatori o commentatori, una dichiarazione unilaterale; perchè comprendo che il dibattito, seppur pacifico, sia a caldo che a freddo potrebbe degenerare. Ma è importante che gli arbitri parlino e si prendano le responsabilità delle loro decisioni.
Se qualcuno avesse ritenuto che con il VAR non ci sarebbero più stati errori, mi dispiace deluderlo ma si sbagliava di grosso: dietro al VAR c’è sempre l’uomo e sbagliare è umano.