Era il 2013 quando un giovane ragazzo di quattordici anni, nativo di Castellammare di Stabia, viene acquistato dal Milan per 250.000. Date le sue straordinarie qualità Gigio Donnarumma (qualora non si fosse capito) si confrontò sin da subito con i più grandi: Giovanissimi, Allievi ed infine Primavera. Nella stagione 2014-2015 viene aggregato alla prima squadra ed all’età di 15 anni ed 11 mesi viene convocato per la prima volta in Serie A. Esordisce poi nella massima serie italiana il 25 ottobre del 2015, alla tenera età di 16 anni. Che fosse un predestinato lo si era capito sin da subito, ma nessuno avrebbe mai potuto pensare che fosse in grado di bruciare le tappe così rapidamente.
Debutta in Nazionale il 25 febbraio dell’anno seguente, diventando il più giovane in assoluto a farlo, prendendo il posto proprio del suo idolo Gigi Buffon, il passaggio di testimone più concreto che ci sia. Quella tra Gigio ed il Milan sembra essere una storia d’amore d’altri tempi, destinata a durare. Ma, purtroppo, cosi non sarà. Il giovane veterano difende la porta del Milan per 215 volte, sino al 2021. Dopo un’estenuante trattativa che ha logorato i cuori dei tifosi rossoneri, e non solo, Gigio approda al PSG nell’estate in cui, da assoluto protagonista (premiato miglior giocatore del torneo) vince l’europeo con la Nazionale. Prima di andare a guadagnare 7 milioni di euro netti a stagione (più bonus) in Francia, Gigio porta il suo Milan in Champions League, sette lunghissimi anni dopo l’ultima volta.   

“Rotolando verso est”, giungiamo a Belgrado (898 km da Catellammare), città nativa di Dusan Vlahovic. Il giovane attaccante serbo muove i primi passi nel vivaio dell’OFK Belgrado ed in quello della Stella Rossa, salvo poi giungere nel 2014 nel settore giovanile del Partizan, dove all’età di quindici anni firma il suo primo contratto da professionista. Tre anni dopo Dusan arriva in Italia, a Firenze. Nel 2017 firma con i Viola un quinquennale che diventerà ufficiale l’anno seguente, al compimento della maggiore età. Inizialmente aggregato alla Primavera con cui vince la Coppa Italia, diventando capocannoniere della stessa competizione. All’età di 18 anni debutta nel nostro campionato, nella partita contro l’Inter del 25 settembre 2018, diventando il “millenial” più giovane a vestire le maglia viola in prima squadra. 
Fino a questo momento il giovane attaccante serbo ha disputato 86 partite con i Viola, trovando la via del goal in 32 occasioni. Fame, grinta, tecnica. Dusan è un giocatore completo sotto tutti i punti di vista. Le sue qualità sono ormai note a tutti, e di conseguenza cresce il desiderio di diverse compagini di averlo tra le proprie fila. Il suo contratto è in scadenza nel giugno del 2023. La trattativa per il prolungamento di contratto, che sembrava diretta verso un epilogo favorevole per la Fiorentina, ha subito, di recente, un brusco stop. “Vlahovic non rinnoverà, ogni nostro sforzo è risultato vano” così recita una dichiarazione ufficiale del presidente della Fiorentina Rocco Commisso.

Donnarumma e Vlahovic sono protagonisti di storie diverse, ma dal comune destino. L’uno avrebbe rappresentato la bandiera del Milan, il simbolo a cui le presenti e future generazioni si sarebbero aggrappate ed avrebbero cercato riparo nei momenti difficili. L’altro è un giovane straniero arrivato alla Fiorentina, alla quale non è legato sentimentalmente, ma emotivamente (forse) avendo la squadra Viola puntato e creduto fortemente su di lui. In comune queste due storie hanno il destino, l’epilogo. Entrambi hanno tradito la fiducia dei tifosi, con proporzioni ovviamente differenti per le motivazioni sopra-elencate.  

Premessa doverosa ed importantissima. Non contesto nella maniera più assoluta le scelte, le quali appaiono, per certi versi, anche condivisibili. Donnarumma vuole guadagnare bene, vuole provare a vincere tutto con i suoi compagni extra-terrestri del Psg, bene. Vlahovic arrivato in Italia come un ragazzino, sta diventando uomo e vuole semplicemente seguire la carriera delineata e plasmata dalle sue stesse qualità, bene. Giusto, anzi comprensibile per entrambi questo desiderio di migliorarsi dal punto di vista economico e sportivo. Ciò che contesto ad ambedue sono le modalità. Certi gesti e dichiarazioni andrebbero evitati, qualora non dovessero poi rispecchiare le intenzioni o le azioni future. Tu, Donnarumma, non baciare lo stemma del Milan se non dovessi essere sicuro di donare amore eterno a quello stesso stemma, che rappresenta milioni di tifosi. Quello che per te sembra essere un semplice gesto, per i tifosi è molto più importante, è linfa vitale su cui riporre ogni speranza. Tu, Vlahovic, non promettere il rinnovo ai tifosi accorsi da te, qualora non fossi certo di rispettare la parola data.   

Detto questo, sono sbagliati i fischi a Gigio durante Italia-Spagna giocata a San Siro e valevole per le semifinali di Nations League. Non era quello il contesto adatto. Come è sbagliata la contestazione a Vlahovic al termine della partita tra Venezia-Fiorentina. Contestazione che ha portato l’attaccante serbo a rinunciare a battere il calcio di rigore, nella partita seguente contro il Cagliari, perché appunto non se l’è sentita.  
Gesti controproducenti che fanno semplicemente male a tutte le parti in causa.
Bisogna fare uno step mentale. Dobbiamo rinunciare al concetto di bandiera (mi piange il cuore al solo pensiero). Per quanto possa essere brutto, non esistono più le bandiere. Totti, Maldini, Zanetti, De Rossi e Del Piero fanno parte di un’altra epoca, che forse non tornerà più. Un’epoca d’amore e d’identità sovrastata dal business di faziosi agenti e dal Re Denaro. Prima accetteremo questa triste verità, prima smetteremo di soffrire ed inizieremo a fare i conti con la verità. Un cambiamento di veduta che nessun tifoso vorrebbe sperimentare, ma che è drasticamente imposto dal calcio moderno.