Per ritrovare l’ultima vittoria del Milan a Torino contro i bianconeri, dobbiamo tornare al 05/03/2011.
Juventus-Milan 0-1, rete di Gennaro Gattuso. La Juventus, dopo aver perso per 3 a 0 lo spareggio Champions con i rossoneri , si trova quinta in classifica a 69 punti. Dopo un decennio di dominio assoluto, nei confini nazionali, è forse terminato un ciclo? È ancora troppo presto per dirlo, ma ciò che risulta essere gravemente evidente, è che sono state fatte scelte che non hanno minimamente portato i frutti sperati. Uno dei dati più preoccupanti, a mio avviso, è quello relativo alle sconfitte (in generale) in particolare quelle casalinghe. Confrontando con gli ultimi dieci anni alla 35^ giornata, la Juventus di Andrea Pirlo, detiene il record negativo per quanto riguarda il numero più basso di vittorie (20) e quello più alto di sconfitte (6). Delle 6 sconfitte, la metà sono avvenute tra le mura amiche; quello che negli ultimi anni ha rappresentato un fortino inespugnabile, che ha consentito alla Juventus di raggiungere i suoi obiettivi, quest’anno pare essersi sgretolato. Infatti in questo campionato la Juventus ha perso 3 partite all’Allianz Stadium (Juventus-Fiorentina 0-3, Juventus Benevento 0-1 e Juventus Milan 0-3), tante quante ne aveva perse nelle 5 stagioni di Allegri. Addirittura dal 2011 al 2020 le partite perse in casa sono state appena 6. A cosa è dovuto questo spaventoso declino che la squadra bianconera sta attraversando questa stagione? Negli ultimi 10 anni la vecchia signora ha conquistato 9 campionati Italiani, 4 coppe Italia e 5 Supercoppe Italiane. Il ciclo vincente cominciò con Antonio Conte che ereditò la squadra, dopo un misero settimo posto, dal tecnico Luigi Delneri. Il suo entusiasmo, la sua freschezza e la sua rinomata voglia di vincere, furono essenziali per conquistare i primi 3 scudetti consecutivi (2011-2014). Sotto la sua gestione, la Juventus ha perso appena 15 partite in 151 match ufficiali disputati, tenendo conto di tutte le competizioni, ottenendo invece 102 vittorie. Inoltre, nella sua ultima stagione da allenatore bianconero, battè il record detenuto dall’Inter di Mancini, per quanto riguarda i punti conquistati in una singola stagione, che si era fermata alla formidabile cifra di 97 punti. La Juventus battendo il Cagliari, arrivò infatti a 102 (33 vittorie, 3 pareggi e solamente 2 sconfitte. Al tecnico salentino, subentrò Massimiliano Allegri. Arrivato tra mille critiche e scetticismo generale, venne accolto da una feroce contestazione della tifoseria. Con il suo sano pragmatismo conquistò 5 scudetti consecutivi, che si vanno ad aggiungere alle 4 coppe Italia ed alle 2 supercoppe Italiane. Sotto la sua gestione i bianconeri arrivarono a giocarsi 2 finali di Champions League in 3 anni: a Berlino nel 2015, persa con il Barcellona ed a Cardiff nel 2017 persa con il Real Madrid. Un allenatore adatto alla Juve, per quanto riguarda lo stile, il modo di essere e di comunicare ed ultimo, ma non per importanza, per risultati ottenuti. Nel 2019 le loro strade si separarono. La dirigenza della Juve (Fabio Paratici e Pavel Nedved su tutti) decisero di seguire la ricerca del “bel gioco”, il vincere giocando bene e di tesserare di conseguenza Maurizio Sarri come allenatore bianconero. Andrea Agnelli nella conferenza di addio ad Allegri disse testualmente che le domande sulla Juve del futuro dovevano esser fatte a Paratici; indicativo del fatto che fu lui uno dei promotori di quel tanto sofferto addio. Fecero quella che, per me, non è altro che una forzatura ostinata, perché per praticare un certo tipo di gioco bisogna avere necessariamente i giocatori; deve essere l’allenatore ad adattarsi ai calciatori, non viceversa. Tentare di forzare incondizionatamente i giocatori per seguire un ideale è solo controproducente. L’avventura di Maurizio Sarri durò un anno sulla panchina bianconera (vincendo comunque il campionato), perché non ci furono le condizioni per continuare insieme; emerse addirittura un retroscena, secondo il quale Sarri avrebbe (condizionale d’obbligo) affermato che si tratta di una ”squadra inallenabile”. Nel 2020 la panchina è stata affidata ad Andrea Pirlo, per la sua prima esperienza da allenatore. L’idea iniziale era quella di promuovere “il calcio di Pirlo” (etichetta fin troppo sbrigativa affibiata da stampa e commentatori fin troppo compiacenti). Anzitutto è un’affermazione completamente errata, per me; il calcio non è di qualcuno in particolare, è di tutti. Ciò che cambia è l’idea, l’interpretazione del gioco in sé. Il fantomatico “Calcio di Pirlo” si è rivelato acerbo, per via della sua totale inesperienza.  Inesperienza dimostrata dal fatto che la Juventus in questa stagione ha ripetutamente cambiato interpreti e modulo, perdendo quindi continuità di rendimento ; se per tutta la stagione l’allenatore va avanti a tentativi, non dando un’ossatura stabile all’11 di base, i giocatori per primi lo considerano debole e di conseguenza non lo seguono più. La democrazia nel calcio non paga come una sana competizione sportiva, non crea quel veleno agonistico necessario per raggiungere gli obiettivi; soprattutto se per la prima volta in 10 anni sei costretto ad inseguire, non una ma più squadre. La società voleva ancora una volta seguire la linea del –bel gioco-, toppando però la scelta, perché Pirlo il bel gioco l’ha proposto in campo, da giocatore e per tutta la sua splendida carriera, non da allenatore, essendo questo il suo primo incarico. Un allenatore che non ha mai fatto gavetta, non può ancora essere in grado di dare un gioco, un’identità alla squadra nonostante gli ottimi giocatori di cui essa dispone. Conquistata la Supercoppa italiana ed ancora possibile il 14° sigillo in Coppa Italia della propria storia, non parlerei di stagione totalmente fallimentare. Ovviamente dopo 9 anni di dominio perso lo scudetto, posizionarsi fuori dalle posizioni utili per disputare la prossima Champions League, sarebbe un irreparabile danno d’immagine ma ancor di più economico. Molti dei ricavi delle squadre con ingaggi decisamente alti dipendono dai diritti provenienti dalle competizioni europee, in particolare la Champions. Se vale per molti, sicuramente la Juventus rientra in questa categoria, in quanto ha un bilancio negativo. Negli ultimi anni sono stati effettuati errori dirigenziali gravissimi, che una squadra dal blasone della Juventus non può assolutamente permettersi. La scelta di mandare via Marotta è stata a mio avviso drammatica. Sollevare dal proprio incarico un dirigente che con le sue operazioni giuste ed estremamente mirate, ha permesso, nei suoi 8 anni di permanenza, alla Juventus di vincere 16 titoli. Marotta che, con Conte, quest’anno ha vinto lo scudetto con l’Inter (eterna rivale della Juventus). Una struttura societaria non più stabile come una volta, scelte sbagliate, investimenti errati portano inevitabilmente alla non conquista di risultati. Purtroppo quello su Cristiano Ronaldo, dato il suo costo onerosissimo, è da considerarsi un investimento, per certi versi, sbagliato; in quanto i numeri sottolineano che nonostante i suoi 79 goal in 95 presenze con i bianconeri, la squadra ha vinto meno rispetto a prima del suo arrivo. Precarietà societaria evidenziata da quelle 48 ore, tra il 25 ed il 27 aprile, con l’annuncio della nuova Superleague, di cui Andrea Agnelli era uno dei fondatori. Nonostante la marcia indietro di 9 club su 12 iniziali, la Juventus rimane ancora ferma sulla sua ostinata posizione, quella di partecipare a questa competizione. UEFA e FIGC sono pronte a sanzioni se la situazione dovesse rimanere così.
Una figura meschina a livello planetario, che ha ovviamente ridimensionato ‘immagine societaria della Juventus. Il futuro è incerto, Agnelli sarà ancora il presidente?
Il futuro del fenomeno portoghese sarà lontano da Torino? Chi saranno i nuovi dirigenti? Il nuovo allenatore? Domande alle quali solo il tempo potrà rispondere, ma che senz’altro evidenziano come il presente sia difficile ed il futuro incerto. 
Sono ore delicate in casa Juventus.