Ieri sera, dopo la cocente e brutta eliminazione della Juventus dalla Champions, stavo per scrivere il solito articolo, ma poi un qualcosa è scattato in me, un qualcosa che non so spiegare ma avevo la sensazione che sarebbe successo qualcosa di grosso. Probabilmente le parole di Agnelli a fine partita, con quel "faremo le nostre valutazioni" ha acceso in me un tarlo che qualcosa stava bollendo in pentola, ed infatti... 

Ma andiamo per ordine. Un anno fa la Juventus annunciava l'arrivo alla guida tecnica di Maurizio Sarri, un segnale che faceva pensare alla volontà di cambiamento da parte della società, che alle vittoria nazionali e ai piazzamenti europei ormai in pianta stabile, voleva aggiungere un po' di gioco, un po' di tecnica per legittimare le vittorie in maniera più netta ed esplicita. Da subito quando vidi Sarri su quella scrivanie nella conferenza di presentazione, ebbi la stessa sensazione di quando Valentino Rossi approdò in Ducati. Cioè quella di due mondi completamente diversi che volevano per forza trovare un punto di incontro per dimostrare gli uni agli altri che ce le si poteva fare, ma in realtà sappiamo come andò a finire per Valentino dopo un solo anno, e ora sappiamo anche come è finita per Sarri sempre dopo un anno. Due realtà, due mondi, due stili, due dna completamente differenti, dalle grandi alle piccole cose. Dalle idee di gestione di una squadra, all'abbigliamento. L'idea di anteporre ai risultati sportivi, che sono la linfa vitale di una società, altri aspetti, non collima con la storia bianconera.

Un cambiamento necessita di un lasso di tempo per essere acquisito e metabolizzato, questo è ovvio; ciò che non lo è, è il fatto che una società abbia quel tempo a disposizione. La Juve, come altre società, vive e programma servendosi dei risultati, dei titoli, delle vittorie, da questo non ci si può spostare. Il bel gioco, i piazzamenti, i complimenti non portano introiti, e in questo calcio, quello moderno, purtroppo senza risultati non si va da nessuna parte. La Juve storicamente è sempre stata una squadra pratica, cinica, quadrata spietata, una squadra che badava al sodo e non lasciava spazio agli sfronzoli, e questo è sempre andato bene. Andava bene fino a quando un nutrito numero di tifosi, opinionisti, giornalisti ed esperti vari, non hanno iniziato una battaglia per far credere principalmente due falsità. La prima, quella per la quale se la Juve non riusciva a vincere in Europa la colpa era da attribuire ad un gioco poco moderno. La seconda falsità era quella che vedeva una squadra nettamente più forte delle altre in Italia per cui avrebbe dovuto vincere sempre nettamente, e che Allegri non fosse in grado di far giocare bene questa squadra. Probabilmente tutti questi caroselli e slogan sono finiti per convincere la dirigenza, non il presidente, a prendere una decisione epocale e quindi di non credere ad Allegri sul fatto che la squadra necessitava di una rivoluzione importante, ma di credere che un altro tipo di allenatore avrebbe dato lustro a questa rosa. Forse con il tempo, il buon Maurizio ci sarebbe pure riuscito, ma ciò che è emerso quest'anno, al di là di tutte le attenuanti del caso, è che i due mondi non potevano coesistere insieme e che una prestazione come quella di ieri sera dopo un anno di lavoro è inaccettabile per una società come la Juve.

Il rapporto tra Sarri e il mondo Juve non è mai decollato, nemmeno con i giocatori. Sarri non ha tutte le colpe, però ne ha, e queste sono bastate al presidente per prendere questa decisione. Probabilmente nemmeno il passaggio del turno avrebbe salvato Sarri, perché dando per scontato che non avrebbe vinto la coppa, un ottavo di finale o un quarto non avrebbe fatto molta differenza. La partita di ieri sera è stata il classico esempio di tutta la stagione bianconera. Una squadra monotona, che gioca senza centrocampo e che ha vissuto i suoi momenti migliori grazie alle individualità. Non c'è nulla che Sarri abbia portato di migliorativo, non aveva molto a sua disposizione per il suo calcio, ma non ha nemmeno saputo adattarsi ad un qualcosa di diverso dal suo mondo. Le due finali perse coppa Italia e Supercoppa non le guardo perché queste competizioni diventano importanti soltanto quando la Juve le perde, altrimenti a nessuno sarebbe fregato nulla. Sarri e la Juventus hanno vinto il nono campionato consecutivo che è tanta ma tanta roba, questo non va sminuito, però alla fine c'è stato altro. L'atmosfera, l'aria che ormai tirava da quelle parti era pesante. Il gruppo, o comunque buona parte di esso, aveva abbandonato il tecnico e questo non poteva non essere preso in considerazione dal presidente, che già aveva avallato l'idea di Sarri controvoglia e che, probabilmente, non ha voluto rischiare un'altra stagione creando ancor più problemi. La Juve rinnega così il cambiamento? Può darsi! La Juve vuole tornare a fare la Juve, dove al di là del gioco e balle varie, la cosa più importante da sempre è lo spirito di gruppo, l'armonia, e l'unione tra squadra e allenatore, tutte cose che quest'anno sono mancate.

La Juve sceglie Pirlo, il professore. Una scelta, questa, che spiazza un po' tutti, ma non il sottoscritto. Già quando Pirlo era stato accostato all'under 23, qualcosa mi girava per la testa, ovviamente non credevo subito ma al massimo sarebbe successo l'anno prossimo. Su Pirlo allenatore non c'è niente da dire, ovviamente, sarà una sfida rischiosa ma sicuramente affascinante. Sicuramente con questa scelta la Juve manda chiaro il segnale che ciò che vuole è reinstaurare un sano rapporto squadra/allenatore, con un leader carismatico e silenzioso come Pirlo è sempre stato da giocatore e uomo spogliatoio. Ha avuto la fortuna di lavorare con i migliori allenatori italiani col Milan con la Juventus e in Nazionale, e soprattutto è una ventata di gioventù e innovazione. Sicuramente ci saranno i soliti discorsi di quelli che... si fanno la gavetta per anni e a certi livelli non arrivano mai, e quelli che... basta il nome. Posso anche essere d'accordo, ma il ruolo di allenatore a livello tecnico-tattico non di grande esperienza conta molto di più, a mio avviso, in realtà dove serve un grande apporto da parte del tecnico per insegnare calcio, per tirare fuori qualcosa in più da una rosa mediocre. A questi livelli, in questo caso preciso, non servono dei guru, dei santoni o dei laureati in astro fisica nucleare, ma gente di carisma, umile, che abbia la personalità e la capacità di tenere in pugno uno spogliatoio avendo il rispetto di tutti. Poi il resto lo si risolve in campo con l'aiuto dei giocatori che ti seguono. Nuova stagione nuovi obiettivi, nuovi stimoli, nuovo entusiasmo, e nuovamente una figura in perfetto stile Juve in panchina. Grazie Maurizio Buon lavoro Mozart! #FINOALLAFINE