Era il 1 Dicembre del 2014, quando Barbara Berlusconi, figlia del Presidentissimo Silvio, momentaneamente messa alla guida del Club, che sognava di affidare l'area tecnica a Maldini e sgangiarsi dall'ingombra presenza di Galliani, organizzava una conferenza stampa, a Casa Milan, per parlare anche del progetto del nuovo stadio, confermando la volontà del club rossonero di costruire la "sua casa".

Usava quelle stesse parole che oramai abbiamo imparato quasi a memoria: "Per una Società come il Milan lo stadio di proprietà è fondamentale. San Siro è meraviglioso, ma il calcio si sta evolvendo e il nostro obiettivo è, un giorno, avere uno stadio di proprietà. In Italia però non è facile, ci vorrà ancora un lungo lavoro. Stiamo valutando diverse zone, vogliamo portare avanti questo progetto e lo presenteremo subito a Emirates". Un anno dopo era stato lo stesso Berlusconi ad accantonare, più che il progetto, quello che ha iniziato ad essere il "sogno dello stadio" a prescidere se costruito al Pontello, o in altre zone. Con queste parole prendeva forma l'impossibilità del cambiamento: "Sono innamorato di San Siro, poi adesso sta diventando ancora più bello, personalmente sono contento che il Milan rimanga a San Siro. Entravo a San Siro con mio padre che mi teneva per mano e mi facevo piccolo piccolo per pagare un biglietto solo. Io San Siro ce l'ho veramente nel cuore". Questioni affettive o in realtà, l'ipotesi Portello non era mai piaciuta a Fininvest, la holding di famiglia che controllava il Milan, con l'altra figlia del Cavaliere, Marina, quale manager di riferimento? Troppi dubbi sulle difficoltà urbanistiche, con l'incognita di costi aggiuntivi durante i lavori, non soltanto legati alle bonifiche, oltre alle consuete opposizioni dei comitati cittadini, che in campagna elettorale acquistano sempre più importanza.

Da quel settembre del 2015 ne è passato di tempo, ma la sensazione che più che andare avanti ci si sia fermati a quelle frasi, ripetute in modo analogo da Moratti, anch'egli Presidentissimo, ma in sponda nerazzurra, non lascia spazio alla minima speranza.                                                                                                                                        Quel concetto, così poco gradito ai tifosi milanisti e a qualsiasi proprietà che abbia ambizioni, sportive ed economiche, è sostenuto dalla "Milano Bene", che avrà sempre motivi validi e di interesse "comune" per non accettare di abbattere e abbandonare San Siro.

Lungi da me ogni certezza, ma è evidente che giunti nel 2022, l'unica certezza in nostro possesso è che fino al 2026, anno delle Olimpiadi Invernali e con Milano sede delle celebrazioni di apertura e chiusura di una delle manifestazioni sportive più importanti al mondo, San Siro non potrà essere demolito. Anche volendo dare una data teorica per vedere disputare un incontro nel nuovo stadio, La Cattedrale, indicando la fine del 2028, su quale certezze potremmo affidarci se a tutt'oggi il Sindaco Sala ha bisogno di un dibattito pubblico per poterne valutare la fattibilità ? Allora cerchiamo di dipanare questa matassa che, a quanto pare, è fin troppo piena di nodi.
Gli argomenti da analizzare sono principalmente quattro:
1- L'abbattimento di San Siro.
2- La costruzione del Nuovo Stadio. 
3- La zona destinata all'edilizia speculativa.
4- Le ripercussioni economiche per il Comune.

Più che addentrarmi in analisi dettagliate, che oltretutto non conosco, preferisco commentare, anche in modo superficiale, che a mio avviso, oltretutto con il Sindaco Sala, tifoso interista e con il desiderio, per nulla segreto, che l'Inter possa essere la sola squadra a giocare al (per loro) Meazza, fra dieci anni saremo allo stesso punto attuale. Il recente studio che l'abbattimento di San Siro creerebbe un inquinamento insopportabile per Milano è solo l'ultimo di una serie di ostacoli pronti a rinviare qualsiasi inizio. Il progetto sul recupero di San Siro, che il Comune di Milano ha elaborato da anni, è pronto. La SOLUZIONE che potrebbe sbloccare la situazione, dando soddisfazione a tutte le parti, appare solo una : che il MILAN si costruisca il suo stadio di proprietà, che l'INTER resti a San Siro, comprandolo o in affitto e che le due Società possano riqualificare l'intera area dell'ippodromo, concordano con il Comune stesso, le cubature disponibili.

Lo stadio condiviso, fra due club così famosi e vincenti, era già una forzatura. Con i Fondi di Investimento che stanno sempre più prepotentemente entrando nel calcio, al fine di dare solidità economica alle squadre, avere la "propria casa" è il primo e più importante dei passi da fare. I Milanisti non piangeranno certo per dover traslocare, anzi guardano al futuro con ottimismo, come hanno sempre fatto. Era il 1 dicembre del 2014 e Barbara aveva già posato la prima pietra, anche usando termini tipicamente italiani: "un giorno... in Italia, non è facile".
Allora senza dover decidere di giocare all'estero, dove propabilmente lo stadio sarebbe ugualmente sempre pieno, spostarsi da San Siro o da Milano, di pochi chilometri, non sembra una soluzione impossibile.