Il prossimo 30 ottobre cade di domenica, e, come tutte le domeniche che si rispettano, i tifosi attendono di poter seguire le gesta in campo della propria squadra del cuore. Anche nel 1977, il 30 ottobre cade di domenica e a Perugia la squadra di casa attende di poter sfidare la Juventus. E' una partita importante, gli umbri sono inaspettatamente in testa alla classifica dopo 5 giornate e la sfida con i bianconeri è un match da piani alti, uno scontro diretto... A guidare il Grifo in mezzo al campo, c'è un ragazzo baffuto di 24 anni, Renato Curi, ormai idolo della tifoseria locale. E' nato ad Ascoli Piceno, ma è cresciuto in Abruzzo, dove il padre si è spostato per lavoro.
Fin da piccolo, viene travolto dall'amore per il pallone, ma le regole in casa sono chiare: prima del pallone c'è la scuola! E a scuola, Renato ci va, fino a conseguire il diploma di scuola superiore, cosa non scontata per un diciottenne all'inizio degli anni '70.
Nella stagione 1969-70 Renato esordisce in serie D nelle file del Giulianova e l'anno dopo è già tra i titolari: è uno di quelli che lotta, corre, non tira mai indietro la gamba, ma ha anche i  piedi buoni e spesso i suoi cross sono assist al bacio. E' un ragazzo maturo per la sua giovane età, ma si fa anche voler bene, ha la testa sulle spalle, è allegro e di compagnia, sogna una carriera importante da calciatore, ma desidera anche una famiglia nel suo futuro. Anche grazie al suo rendimento, il Giulianova viene promosso in serie C: le sue prestazioni non sono passate inosservate, qualche addetto ai lavori comincia a mettergli gli occhi addosso. In particolare, c'è un  giovane collaboratore dell'Atalanta, un certo Ilario Castagner, che lo nota in una partita in Sardegna, tra Torres e Giulianova: il giocatore osservato doveva essere un altro, ma quel giovanotto col numero 8 sulle spalle corre e smista palloni che è un piacere. In due stagioni, il Giulianova passa da una salvezza in C contro ogni pronostico, al sogno della promozione in serie B. Tante società della serie cadetta si fanno avanti per assicurarsi le prestazioni di Renato, un vero moto perpetuo a centrocampo: alla fine la spunta il Como. Nella stagione 1973-74 i lombardi sfiorano la promozione in serie A, ma Renato non gioca una stagione eccezionale, anzi affiorano i primi segnali di un problema fisico da non sottovalutare. Il giocatore viene spedito a Coverciano per alcuni esami più approfonditi e, nonostante la struttura federale non sia esattamente all'avanguardia, emerge una attività elettrica del cuore irregolare, ci sono alcune strane aritmie. A Renato Curi viene rilasciata l'idoneità allo sport agonistico valida per sei mesi anzichè dodici, forse si può tenere sotto controllo la situazione, facendo due controlli annuali piuttosto di uno... Poi lui è uno che comincia ad avere un certo valore sul mercato, non si può mica rinunciare a uno così.
Nell'estate del '74 il Perugia, che disputerà il campionato di serie B, ingaggia quel giovanotto che corre e smista palloni: a volerlo è il nuovo mister, quel Castagner che è già rimasto stregato da Curi qualche anno prima. I rossi di Perugia conquistano a fine campionato la promozione in serie A, Renato segna una doppietta nello scontro decisivo col Verona. Inizia una storia che verrà ricordata come "il Perugia dei miracoli", un gruppo che sarà capace di terminare un campionato di serie A da imbattuto e di contendere lo scudetto al Milan nel '79.
Castagner fa giocare alla squadra una sorta di calcio totale, molto di moda all'epoca, un gioco fatto di tanta corsa e palla che gira veloce. I motori della manovra sono proprio Curi e Vannini, insieme ad un talentuoso Novellino. La società è solida, anche grazie alla presenza del d.s. Ramaccioni, e tra i giocatori c'è un'armonia ben visibile anche agli occhi dei tifosi. Renato è ormai l'uomo più importante della squadra, gioca un campionato '75-'76 perfetto e segna il gol della vittoria contro la Juve, rete che consente al Torino di vincere il suo settimo scudetto! Il Grifo finisce il suo primo campionato in serie A all'ottavo posto, ci sono le premesse per fare un'ottima stagione anche l'anno successivo. C'è solo una nota stonata: il cuore di Renato fa le bizze e ogni volta che va a fare esami e controlli, il giocatore torna a casa con l'idoneità solo per sei mesi, qualche medico tra le righe gli dice che sarebbe meglio per lui interrompere la carriera professionistica. Lui ci scherza sopra, dice che il suo cuore fa un po' il matto, ma è un  cuore da atleta, che si stabilizza quando è sotto sforzo, che sta bene solo quando il corpo corre tanto...
Nel frattempo, Renato ha realizzato anche il sogno di farsi una famiglia: ha sposato Clelia ed è nata Sabrina. Prova anche ad iniziare gli studi universitari, ma il tempo è poco, però legge tanto sui disturbi del cuore, è consapevole che c'è qualcosa che non va...

Il 30 ottobre del '77 cade di domenica, e che domenica: a Perugia arriva la Juve, una partita da non perdere. E Renato non se la vuole perdere: è reduce da un infortunio in allenamento alla caviglia, ma è convinto di poter fare una grande partita!
La giornata è fredda, piove parecchio, il campo è pesante e Renato prende anche una bella botta in uno scontro con Causio. Il match non è un granchè, partita bloccata a centrocampo e poche occasioni da gol.
Si va al riposo sullo 0-0. Le squadre tornano in campo per il secondo tempo, la pioggia non si è fermata neanche per un momento, sugli spalti fa freddo e ci si copre come si può. Al quinto minuto, ci sarebbe da battere un fallo laterale, ma tutti i giocatori si fermano: c'è un giocatore del Perugia a terra, non ci sono stati falli o scontri di gioco... Benetti, Bettega e Scirea si sbracciano quasi impazziti, serve l'intervento della barella... Lo staff medico degli umbri si precipita verso quel corpo inerme: è di Renato Curi quel corpo, il volto è paonazzo e contratto in una smorfia, il suo cuore si è fermato... Negli spogliatoi, gli vengono somministrate due iniezioni di adrenalina, gli viene praticato il massaggio cardiaco, la respirazione bocca a bocca, sono attimi convulsi... Mentre la partita prosegue, Renato viene portato in ambulanza al Policlinico. Per 40 lunghissimi minuti proseguono i tentativi di rianimarlo. Nessuno più è interessato a quello che avviene sul campo di gioco, tutti i presenti sugli spalti stanno aspettando notizie dalle radioline, "Tutto il Calcio minuto per minuto" fa rimpallare la linea da uno stadio all'altro, i radiocronisti si accavallano per comunicare i risultati delle partite che stanno finendo.
Poi, Sandro Ciotti chiede di intervenire: "Scusa Ameri, intervengo da Perugia, ci hanno appena comunicato che alle 16,30 il centrocampista degli umbri Renato Curi è morto ....".
Chi è in ascolto alla radio non capisce, una notizia del genere è così incredibile che non può essere vera, la morte in diretta, sotto gli occhi di tutti, è un  pensiero dal quale la nostra mente cerca di fuggire in tutti i modi.
E invece, purtroppo è tutto vero. L'autopsia metterà in evidenza la presenza di una malattia cronica del cuore, capace di provocare morte improvvisa. Si aprirà anche un processo, per accertare eventuali responsabilità di chi ha consentito a Renato Curi di proseguire la carriera professionistica, quando forse era meglio imporgli di fermarsi.
Lievi le condanne per il medico sociale del Perugia e per quello di Coverciano, altro dolore provocato ai familiari di Renato.
Fortunatamente, a celebrare come si deve un valido giocatore ed una persona solare e per bene, restano tanti amici e colleghi, che ogni anno si ritrovano a Perugia nell'anniversario della scomparsa del giocatore. Anche i tifosi lo ricordano ogni domenica nei loro cori, in quello stadio che oggi porta il suo nome.