Il Bologna f.c. nasce ufficialmente il 3 ottobre 1909 presso la birreria Ronzani, in città, come sezione del Circolo Turistico Bolognese.
I fondatori sono giovani studenti chiamati "i matti che corrono dietro a una palla" e fra di loro c'è anche un certo Antonio Bernabeu, fratello del più famoso Santiago.
Un altro di questi ragazzi, Arrigo Grandi, arriva sempre agli allenamenti con la maglia a quarti rossi e blu del collegio svizzero in cui ha studiato: presto, questi colori vengono adottati come colori sociali (anche il fondatore del Barcellona era svizzero, un tale Gamper...).
Dopo aver vinto il campionato emiliano, nel maggio 1910 il Bologna affronta in amichevole l'Inter campione d'Italia e la buona prestazione vale l'iscrizione alla Prima Categoria, antesignana della seria A.
Dopo l'interruzione dovuta allo scoppio della prima guerra mondiale, il campionato riprende. I rossoblu perdono due finali: in Prima Categoria nel 1921 contro la Pro Vercelli e nel 1924 in Lega Nord col Genoa.
Il primo scudetto arriva nella stagione 1924-25: la finale contro l'Alba Roma, vincitrice della Lega Sud, è conquistata con una doppia vittoria, primo scudetto! In quegli anni, inizia la costruzione dello stadio del Bologna, un impianto innovativo, voluto dal regime fascista e capace di 50.000 spettatori, un record per l'epoca.
Lo Stadio del Littoriale viene inaugurato il 29 maggio del 1927 con  l'incontro Italia - Spagna (2-0). A metà degli anni '20, il Bologna è una delle squadre più forti d'Italia: e' secondo classificato nel '27, quando lo scudetto viene revocato al Torino per un illecito, ma non assegnato al secondo e vince di nuovo nel '29, sempre contro il Torino. In quel Bologna gioca Schiavio, che farà vincere all'Italia i Mondiali in casa del 1934. La stagione 1929-30 è la prima col campionato a girone unico e i rossoblu la giocano avendo tra le loro fila alcuni grandi campioni che vengono dall'Uruguay: Fedullo, Sansone, Andreolo...Nel '32 e nel '34 il Bologna vince la Coppa Europa Centrale e nello stesso anno, Renato dall'Ara da' inizio alla sua presidenza, che durerà tre decenni e porterà grandi risultati. Fra il 1935 e il 1941, i rossoblu vincono quattro scudetti e un Trofeo Expo di Parigi, diventando famosi come "lo squadrone che tremare il mondo fa".

La storia di quel Bologna fortissimo e vincente è legata a doppio filo a quella del suo allenatore, un uomo venuto da lontano e, di punto in  bianco, precipitato nell'oblio collettivo. Arpad Weisz nasce a Solt, in Ungheria, il 16 aprile 1896 da una famiglia di origine ebraica, anche se non particolarmente praticante. La passione per il calcio nasce in lui già all'età di 15 anni, avrebbe anche buoni mezzi fisici, ma con lo scoppio della prima guerra mondiale, si arruola nell'esercito austro-ungarico. Finisce prigioniero degli italiani e riacquista la libertà solo a guerra finita.
L'appuntamento col pallone è rimandato al 1922, anno in cui gioca come ala sinistra per il Torekyes di Budapest, mentre l'anno successivo approda al Brno in Cecoslovacchia. Nel 1924, Weisz arriva in Italia, all'Alessandria. Nell'estate di quell'anno, disputa le Olimpiadi estive di Parigi, ma con la nazionale magiara non  gioca mai.
A metà degli anni '20 il cosiddetto "calcio danubiano" giocato nell'Europa centrale viene considerato il modello di riferimento, ammirato e scopiazzato da tutti per i suoi risvolti di tecnica e tattica. Weisz respira questa atmosfera sportiva di cambiamento e innovazione. Dopo un anno in Piemonte, Arpad passa all'Inter: dopo appena 11 gare e 3 reti, si infortuna ad un ginocchio ed è costretto a ritirarsi. Il presidente nerazzurro Olivetti gli dà l'incarico di allenatore: Weisz prende la cosa molto sul serio e trascorre un periodo in sudamerica, per studiare i segreti della Nazionale più forte di quegli anni, l'Uruguay, due volte campione olimpico e destinato a vincere i Mondiali casalinghi del 1930.
La strada è tracciata: Weisz vuole diventare allenatore! I primi successi arrivano per lui nella stagione 1926-27: alla guida dell'Inter, rivoluziona i metodi di allenamento, la preparazione fisica e mentale dei giocatori, sta in campo con loro con tuta e scarpini, li incita e li incoraggia da vicino.  Coi nerazzurri, in sei stagioni, vince un campionato e colleziona un secondo, due quinti e un settimo posto. Inoltre, ha l'intuizione di far debuttare in prima squadra un giovanotto che sta facendo bene con le giovanili, un certo Giuseppe Meazza. Il 1930 è un anno importante per Weisz. Sposa infatti la sua amata Elena, nasce a Milano il loro primogenito Roberto e, insieme al dirigente ambrosiano Molinari, pubblica "Il gioco del calcio", un manuale (con  prefazione di Vittorio Pozzo) rimasto attuale per lungo tempo,  in quanto a principi e metodi di gioco e preparazione.
Nel 1934 nasce anche la piccola Clara e pochi mesi dopo, la famiglia Weisz si traferisce a Bologna. Da cinque anni, il campionato viene vinto dalla Juventus e il Bologna stenta ad imporsi. Dopo il sesto posto del 1935, l'anno successivo il Bologna degli uruguagi vince il terzo scudetto della sua storia, interrompendo l'egemonia bianconera, e si ripete nel 1936-37, arrivando davanti alla Lazio. Da buon allenatore, Weisz diventa un vero e proprio mito vivente! Il 6 giugno del '37 arriva anche la consacrazione europea. I rossoblu vincono il Torneo dell'Expo di Parigi battendo per 4-1 il Chelsea: la fama di Arpad diventa internazionale, il suo Bologna ha battuto una squadra inglese e gli inglesi non giocano mai contro altre squadre europee, perché si considerano maestri...
Nel 1938, i felsinei arrivano quinti in classifica, Weisz rifiuta la panchina della Lazio e, durante l'estate, guarda compiaciuto 8 dei "suoi" ragazzi che vincono il Mondiale in Francia: tra loro, Meazza e Schiavio...
A settembre riprende ad allenare a Bologna. La sua stagione, che i rossoblu concluderanno vincendo il quinto scudetto, finisce il 16 ottobre 1938. Cosa è cambiato nel frattempo? Il 18 settembre 1938, il regime fascista a Trieste espone il "Manifesto della razza": l'Italia, che non è mai stata né razzista né antisemita, come la Germania adotta le leggi razziali. Da un  giorno all'altro, gli ebrei diventano stranieri su suolo italiano. A livello sportivo, viene fatto divieto ai professionisti e ai dilettanti di origine ebraica di frequentare campi da gioco, palestre, piscine ... luoghi vissuti e convissuti con altri sportivi fino al giorno prima...
Inizia un periodo molto difficile per la famiglia Weisz. Dopo le dimissioni da allenatore del Bologna, Arpad si trasferisce in Francia: uno scarno comunicato sul giornale annuncia la separazione fra Weisz e il Bologna, poche righe per ricordare l'artefice dei successi nazionali e internazionali dei rossoblu... Da Parigi, un altro spostamento verso l'Olanda, paese in cui il campionato è poco più che dilettantistico: Weisz diventa allenatore del Dordrecht, squadra minuscola rispetto ad Ajax e Feyenoord, ma colleziona comunque due quinti posti: un piccolo prodigio.
Nel maggio del 1940, altro grosso problema per la famiglia Weisz: la Germania, ormai in piena attività bellica, invade l'Olanda. Restrizioni e deportazioni nei confronti degli ebrei diventano una realtà quotidiana.  
Nel settembre 1941, Arpad viene allontanato dal Dordrecht, perché la squadra olandese non vuole avere problemi con la Gestapo. Il 2 agosto del 1942, la famiglia Weisz viene arrestata e due mesi dopo viene caricata su un treno, destinazione Auschwitz. Dopo tre giorni di viaggio in quello che somiglia ad un girone infernale, il 5 ottobre 1942 la famiglia Weisz viene separata per sempre: Elena e i bambini vengono eliminati subito in una camera a gas (quel giorno Clara avrebbe compiuto otto anni), mentre Arpad muore di stenti il 31 gennaio 1944.

La storia di Arpad Weisz si perde negli angoli più bui della storia, nessuno si ricorda di quel signore colto e gentile venuto da lontano e divenuto una leggenda dello Sport...
Finalmente, nel 2007 il giornalista Matteo Marani si imbatte per puro caso nella storia di Weisz e la riporta alla luce, dopo un certosino lavoro di ricerca.
Ora, in diversi stadi italiani, a partire da Bologna, ci sono targhe e lapidi che ricordano il passaggio in città di questo gentiluomo appassionato di calcio, intelligente, schivo, preparato... 
Come mi è capitato di dire in altre occasioni, anche nel calcio la memoria è un bene prezioso...