A poche ore dall'inizio degli attesissimi (da chi?) Mondiali di calcio qatarioti, sono già tante le previsioni, i pronostici, i tentativi di indovinare quale sarà la formazione che potrà fregiarsi del titolo di Campione del Mondo e, come spesso accade, nel novero delle squadre date per vincenti troviamo nomi carichi di storia, fascino e trofei: dalla Germania alla Francia, dalla Spagna all'Olanda, dall'Argentina al Brasile...
Già, il Brasile: chi vuole vincere il Mondiale, prima o poi deve incrociare il proprio destino con quello dei Verdeoro, che ogni quattro anni si presentano con un gruppo agguerrito di giocatori, composto da "veterani" giramondo e giovani promesse già in rampa di lancio. Eppure, il rapporto tra il Brasile e il Mondiale ha stentato a decollare: i sudamericani si sono aggiudicati la vittoria soltanto alla loro sesta partecipazione e, sebbene abbiano poi recuperato abbondantemente in quanto a trofei vinti, la storia ha riservato ai brasiliani anche cocenti e (quasi) incancellabili delusioni. E' il caso dei Mondiali disputati proprio in Brasile nel 1950, una delle edizioni più strane e particolari.

La Coppa del Mondo Jules Rimet, Presidente della Fifa da cui il trofeo prende il nome, torna in scena dopo la lunga pausa di 12 anni imposta dalla seconda guerra mondiale. Non sono tanti i paesi in grado di ospitare un evento simile e l'unica candidatura arriva dal Brasile. Gli organizzatori mettono a disposizione stadi e infrastrutture, ma soprattutto vogliono sfruttare il calore del tifo di casa per spingere i Verdeoro alla conquista della prima vittoria nella manifestazione iridata. A quella edizione, non partecipano Germania Ovest e Giappone, ritenute responsabili del disastro provocato dalla guerra ed escluse a tavolino. L'Italia viene invitata in qualità di Campione in carica e accetta di partecipare solo perchè la Fifa si fa carico di pagare tutte le spese di viaggio e alloggio: gli italiani, ancora scossi dalla tragedia di Superga dell'anno prima (in cui ha perso la vita buona parte del Grande Torino e quindi anche 9/11 della Nazionale) decidono di raggiungere il Sudamerica in nave e arrivano dopo un viaggio durato tre settimane, sei giorni prima dell'inizio del torneo. Ci sono comunque giocatori importanti, come Boniperti e Parola.
Durante il viaggio, tutti i palloni finiscono in mare: l'allenamento degli Azzurri finisce presto... Ad attenderli, c'è il match con la Svezia, meglio preparata, che infatti vince per 3-2 e ci rimanda subito a casa.  
Scozia, Francia e Turchia decidono all'ultimo di non partecipare. L'esclusione più singolare riguarda l'India: gli asiatici conquistano la possibilità di prendere parte al Mondiale, ma vengono lasciati a casa perchè sono abituati a giocare scalzi, cosa non ammessa dal regolamento. Nel girone di qualificazione, infatti, il centravanti Rohan ha preso tre dita dei piedi e ha dovuto terminare anzitempo la propria carriera. La Fifa interviene cancellando la partecipazione dell'India, ma nessun altro paese asiatico viene invitato. Esattamente come nel 1930, solamente 13 squadre danno vita al torneo. Di conseguenza, anche la composizione dei gironi risulta alquanto particolare. 
Nel gruppo 1 vengono collocati Brasile, Messico, Jugoslavia e Svizzera. 
Il gruppo 2 è composto da Inghilterra, Cile, Spagna e Stati Uniti. 
Nel gruppo 3 si sfidano tre squadre, Italia, Svezia e Paraguay.
Uruguay e Bolivia si affrontano nel gruppo 4. La prima squadra di ogni girone è testa di serie. 
Nel turno successivo, si forma un secondo girone all'italiana con le quattro vincenti dei gironi: per la prima ed ultima volta, il mondiale viene assegnato senza che venga disputata una vera a propria finale. L'Inghilterra, alla sua prima partecipazione, perde con Stati Uniti e Spagna e viene eliminata. Al secondo girone, si qualificano come da pronostico Brasile ed Uruguay, insieme a Spagna e Svezia. I Verdeoro, che giocano ancora con un completo bianco coi bordi blu, annientano gli iberici per 6-1 e gli scandinavi per 7-1, mentre l'Uruguay fatica: 2-2 con la Spagna, vittoria risicata 3-2 con la Svezia.
La partita decisiva per l'assegnazione del titolo è quindi Brasile - Uruguay e ai primi basta pareggiare.
I giornali brasiliani, nei giorni che precedono la partita decisiva, sono già pieni di titoli trionfalistici, le foto della squadra di casa sono contornate da frasi roboanti in barba alla scaramanzia. In poche ore vengono vendute 500.000 magliette con la scritta "Brasil Campeao 1950" e per le strade di Rio la gente festante sembra vivere una sorta di gigantesco Carnevale. La FCB, la Federazione Calcistica Brasiliana, ha  fatto realizzare le medaglie commemorative da donare ai giocatori, a perenne ricordo dell'impresa compiuta dagli eroi carioca. Jules Rimet, il presidente della Fifa, ha già scritto il discorso da pronunciare alla premiazione, ovviamente in portoghese... La squadra è forte, i tre davanti fanno sognare le folle oceaniche dei tifosi brasiliani: Jair, Zizinho e Ademir sono osannati dal pubblico, Ademir è anche capocannoniere con otto reti segnate, di cui quattro alla Svezia. 
Ma l'Uruguay è deciso a vendere cara la pelle. Del resto, ha già in bacheca otto titoli sudamericani, due Olimpiadi e ha vinto la prima storica edizione dei Mondiali di calcio, disputati in casa nel 1930. Nelle fila della Celeste, ci sono talenti del calibro di Varela, Ghiggia e Schiaffino. 

La partita decisiva si disputa il 16 luglio allo Stadio Maracanà di Rio de Janeiro, le cronache riportano di una bolgia Verdeoro di oltre 200.000 tifosi, smaniosi di spingere la squadra di casa alla conquista del primo titolo di Campioni del Mondo!
Il match sembra solo una formalità, i festeggiamenti sono iniziati già da ore... E lo scontro sembra prendere subito la piega giusta per i brasiliani, che attaccano a testa bassa, mentre gli uruguagi si difendono, abbozzando qualche contropiede e lanciando palle lunghe verso gli attaccanti. La tattica attendista dell'allenatore della Celeste, Juan Lopez, sembra dare i suoi frutti: il primo tempo, seppur carico di attese, termina 0-0. All'inizio della ripresa, Friaca porta in vantaggio il Brasile: una euforia collettiva si impossessa degli spalti, non solo una squadra, ma un intero popolo è ad un passo dal Paradiso (sportivo, si intende...)!!

A questo punto, il capitano degli uruguagi Varela gioca di psicologia e di astuzia: ingaggia una discussione di cinque minuti con l'arbitro inglese Reader, chiedendo un fuorigioco (inesistente) sul gol dei brasiliani, per dare tempo ai compagni di recuperare fisicamente e mentalmente. Ristabilita la calma in campo, pare che il Capitano abbia pronunciato la celebre frase: "Ora è tempo di vincere!". Gli uruguaiani, alla ripresa del gioco, applicano lo schema che gli riesce meglio: palla sulla fascia a Ghiggia, lunga galoppata e palla al centro dell'area, dove ad attendere c'è Schiaffino, classe ed eleganza con fattezze umane.
Al minuto 66', il futuro giocatore del Milan insacca al volo: 1-1!
Il risultato è ancora buono per i brasiliani, sugli spalti si continua a tifare e a far festa, ma i giocatori carioca accusano il colpo e d'improvviso appaiono svuotati e senza energie.
Al minuto 80', Ghiggia si invola ancora una volta verso l'area del Brasile, ma stavolta decide di mettersi in proprio: ignora Schiaffino, che aspetta sempre palla a centro area, e infila tra il palo e il portiere Barbosa: 2-1 per la Celeste!! 
Sul Maracanà cala un silenzio irreale, gli assalti finali di Ademir e compagni non cambiano il risultato e il popolo brasiliano deve ricacciarsi in gola le urla di giubilo proferite fino a pochi minuti prima...
Il portiere Barbosa verrà additato come il principale responsabile di quel disastro nazionale, tanto che il suo cognome verrà utilizzato come insulto nel parlare quotidiano dei brasiliani. Si è sempre parlato di decine di suicidi e infarti tra i tifosi verdeoro, anche se non ne esistono prove provate. Quel giorno, noto come il Maracanazo, è ancora oggi ricordato come uno degli eventi più tristi di sempre per i brasiliani. 

E gli uruguagi? Anche loro faticano a gioire, contornati da tanta disperazione... Il capitano Varela dirà in un'intervista che la sera della finale, entrato in un bar di Rio per bere qualcosa, vide che "tutti stavano piangendo e provai compassione per loro..".
Decisamente più compiaciuto il commento dell'eroe nazionale Ghiggia: "Solo tre persone hanno zittito il Maracanà: il Papa, Frank Sinatra e io...".  Ovviamente, al ritorno in patria, partono i festeggiamenti in grande stile per la conquista del secondo Mondiale in vent'anni!!

Ghiggia e Schiaffino sbarcheranno in Italia poco tempo dopo. Il primo diventerà una bandiera della Roma, arrivando a giocare oltre 200 partite in giallorosso, il secondo sarà in campo con la maglia del Milan e andrà oltre  le 150 presenze.