La nascita del calcio femminile in Inghilterra è strettamente collegata al perdurare della prima guerra mondiale.
Quando venne introdotta la leva militare obbligatoria per i sudditi di Sua Maestà, nel gennaio del 1916, le fabbriche inglesi vennero private della manodopera necessaria a portare avanti qualunque lavorazione industriale. Uno dei settori più colpiti dalla difficoltà di reperire nuova forza lavoro, fu quello relativo alla produzione di munizioni, che già si trovava in uno stato di pesante crisi dall'anno precedente, nonostante la guerra fosse già in corso.
L'allora Ministro delle Munizioni Lloyd George si trovò a dover prendere decisioni rapide e quantomai necessarie, per non lasciare l'esercito inglese al fronte senza rifornimenti. L'intuizione più importante fu quella di capire quanto le donne potessero dare un grande contributo allo sforzo bellico sostenuto dal paese: vista la flessione della produzione di abbigliamento e beni di lusso, le donne presero il posto degli uomini nelle industrie dedicate alla produzione di armamenti. Ben presto, la stampa affibbiò a queste donne coraggiose e determinate il nome di "munitionettes": il loro lavoro era tutt'altro che semplice, in ambienti rumorosi  e caotici, a contatto con sostanze pericolose come la TNT, con dotazioni di sicurezza pressochè inesistenti e svolgendo attività pesanti anche dal punto di vista fisico. Per di più, il salario era all'incirca la metà di quello percepito dagli uomini...
Con tutti questi problemi quotidiani da affrontare, la conseguenza più diretta fu l'organizzazione delle lavoratrici in sindacati, ma non era ancora abbastanza. 
Le donne delle fabbriche inglesi volevano dimostrare di poter avere pari dignità rispetto agli uomini
. Iniziarono così a praticare sport, il calcio in particolare. Nel corso del 1917, in molte fabbriche di munizioni nel nord del paese, nacquero diverse squadre femminili, che all'inizio si occupavano di raccogliere fondi per le associazioni di beneficenza che sostenevano i soldati al fronte. La squadra più famosa a quel tempo era la Dick, Kerr's Ladies Football Club, nata nella omonima fabbrica scozzese, attiva dal 1855. Nello stabilimento di Preston,  si giocava a football nei cambi di turno e la squadra femminile affrontava una selezione composta da uomini. La nascita e lo sviluppo delle Dick, Kerr's Ladies venne appoggiato anche dalle idee di Alfred Frankland, considerato ancora oggi il fondatore del calcio femminile. Questa squadra di sole donne arrivò a giocare un numero di partite mai eguagliato da un club maschile dell'epoca. 

Il primo match tra due squadre femminili venne giocato nel febbraio del 1917 nel Tyneside, il distretto industriale militare britannico e raccolse un pubblico di quasi 2.000 spettatori. In breve tempo, aumentò il numero delle partite disputate, ma ancora non esisteva un torneo ufficiale dedicato al movimento calcistico femminile.
Finalmente, nel settembre 1917 prese il via la Munitions Girls' Challenge Cup, alla quale presero parte 14 formazioni. La FA, la Football Association inglese, tollerò la crescita del fenomeno calcistico femminile, pur non sostenendolo mai apertamente: ad esempio, la FA permise che le partite delle donne si svolgessero negli stadi dei principali club professionistici maschili, ma a condizione che ogni squadra femminile avesse in organico almeno un accompagnatore maschio.
Ben presto, montarono le polemiche: l'abbigliamento delle giocatrici veniva definito sui giornali "immorale e contro il buon costume". In realtà, le critiche al calcio femminile nascondevano una mentalità ancora chiusa e retrograda, in cui non era concepibile che le donne fossero entrate nelle fabbriche sottraendo lavoro agli uomini e, cosa ancora più grave, le lavoratrici ora erano più consapevoli del loro ruolo sociale e reclamavano maggiore indipendenza e libertà. La Challenge Cup era comunque destinata a raccogliere consensi.
La partita di Natale del 1917 tra le Dick, Kerr's Ladies e le ragazze della fabbrica Arundel Coulthard richiamò più di 10.000 spettatori allo stadio e la stampa si occupò solo di quanto avvenuto in campo, con un resoconto degno di una partita maschile! La competizione si concluse con un grande successo di pubblico (oltre 22.000 tifosi videro la finale del 14 maggio 1918) e con una cospicua somma di fondi raccolti. Oltre al denaro raccolto per i soldati impegnati in guerra, qualcuno intravvedeva la possibilità di ricavare un buon profitto dal neonato movimento calcistico femminile inglese. 

Al termine della guerra, nel 1919, il rientro degli uomini dal fronte coincise con una profonda crisi economica e sociale. Le donne, che si erano conquistate con fatica un posto di lavoro nelle fabbriche, non erano intenzionate a cedere il loro impiego agli uomini: scoppiarono violente proteste degli ex militari, che, in virtù del loro impegno in guerra, reclamavano un salario garantito. Il governo inglese approvò una legge, voluta dal Ministro del Lavoro, Sir Robert Home, che obbligava le donne a lasciare il lavoro, in favore degli uomini rientrati a guerra finita. Le donne si sentirono due volte danneggiate: non venne riconosciuto il loro impegno nello sforzo bellico sostenuto dal paese e la loro condizione economica e sociale tornò ad essere quella dell'anteguerra. I licenziamenti in massa delle lavoratrici furono un duro colpo anche al calcio femminile, che si basava sulle squadre nate nelle fabbriche. L'unica squadra in grado di sopravvivere fu proprio la Dick, Kerr's Ladies, che iniziò a giocare partite a livello internazionale. Alla fine del 1920, la squadra aveva disputato oltre 30 partite, delle quali due con squadre scozzesi e quattro con una francese. Alla partita del Boxing Day a Liverpool, assistettero oltre 53.000 spettatori!

Nel 1921, il movimento calcistico femminile si schierò dalla parte dei minatori durante i loro scioperi, a riprova dell'importante ruolo sociale raggiunto dal calcio giocato dalle donne in quel periodo, quando ancora il calcio maschile stentava a riorganizzarsi e ripartire. Il vento però stava di nuovo cambiando direzione. Ripreserro sui giornali le critiche di stampo morale e anche molte donne, di formazione conservatrice, fecero capire che la figura della donna-calciatore, accettata in tempo di guerra, non aveva più motivo di esistere. La FA colse (è proprio il caso di dirlo) la palla al balzo. Viste le difficoltà nel far riprendere i vari campionati professionistici maschili e data la accresciuta popolarità del calcio femmkinile, il 5 dicembre 1921 la FA rilasciò il seguente comunicato:
"A causa dei reclami fatti a proposito del calcio femminile, il Consiglio della FA si sente costretto ad esprimere il suo parere, ritenendo il calcio inadatto alle donne e per questo motivo non deve esserne incoraggiata la pratica. Il Consiglio richiede quindi alle squadre appartenenti all'Associazione di non far disputare tali incontri sui loro campi di gioco".

Vennero anche fatte illazioni, circa il furto dei proventi delle partite di beneficenza, giocate durante il periodo bellico: si ipotizzò che il denaro fosse stato utilizzato per far crescere il movimento calcistico femminile e non inviato ai soldati al fronte. Emerse così in pieno la posizione maschilista della FA, altro duro colpo al movimento femminile.
La progressiva scomparsa di ogni competizione relegò il calcio femminile ad un fenomeno locale, ancora negli anni '30 nascevano qua e là squadre femminili che raramente riuscivano a sfidarsi. Solo 48 anni dopo, nel 1969, la FA ribaltò la decisione presa nel lontano 1921: concesse l'affiliazione e riconobbe il movimento calcistico femminile come parte integrante del mondo sportivo inglese.

Oggi, in Inghilterra, prosperano centinaia di squadre femminili ed il campionato inglese è uno dei più competitivi al mondo. E tutto nacque da un folto gruppo di donne, che vissero il calcio come lotta per la libertà, l'uguaglianza e l'emancipazione.