Nel luglio del 1982 avevo 11 anni e, più o meno come adesso, capivo poco di calcio. Si sentiva però nell'aria e nei commenti dei grandi, di mio fratello maggiore in particolare, che quell'estate portava con sé qualcosa di diverso: c'era frenesia, la gente si incollava al televisore in pieno pomeriggio, tralasciando lavoro e impegni di vario genere, perchè la nostra Nazionale, dopo un avvio stentato ai Mondiali di Spagna, era chiamata a rifarsi e a risorgere.
E insieme alla Nazionale, l'intero paese voleva lasciarsi alle spalle un periodo difficile
Dopo il girone iniziale, stavano per arrivare Brasile e Argentina, roba da far tremare i polsi, eppure mi ricordo grande entusiasmo e voglia di tifare a squarciagola davanti alla Tv (tra l'altro, avevamo comprato da poco un apparecchio a colori, grande conquista per una famiglia di operai...).
Ricordo mio fratello che ripeteva fino allo sfinimento: "Eh, però abbiamo un centravanti che non la butta dentro neanche a due centimetri dalla porta!!".
Se avesse potuto immaginare, di lì a poco, quanto si sbagliava... Quel centravanti era Paolo Rossi, che tutti avrebbero osannato e ricordato come Pablito, l'eroe inatteso di Spagna '82: forse nemmeno lui aveva immaginato per se stesso un futuro da immortale, quando partì per la Spagna, mentre l'Italia intera si chiedeva perchè mai Bearzot lo avesse preferito a Pruzzo, il capocannoniere del campionato.

La forza di Paolo Rossi è sempre stata la serenità: la leggerezza e il sorriso con cui ha affrontato la vita, dentro e fuori dal campo, lo hanno sempre contraddistinto... eppure di interventi a gamba tesa ne ha dovuti superare parecchi. All'età di 14 anni, Paolo attira l'attenzione di un giovane responsabile del settore giovanile della Juve, tale Luciano Moggi. Il fisico è piuttosto gracilino, ma in quell'ala destra che scatta come una molla, si intravedono le qualità del campione. Due anni dopo, Italo Allodi formalizza l'offerta della Juventus alla famiglia Rossi: per 14.500.000 lire (circa 7500 euro attuali), Paolo si trasferisce dalla Cattolica Virtus di Firenze alle giovanili della Juventus.
La maturità fisica è ancora lontana e i difensori avversari non fanno complimenti: in tre anni saltano tre menischi e all'epoca, per rimettere in ordine un ginocchio, occorrevano 6/7 mesi. Nonostante tutto, nel 1974 a 18 anni Paolo esordisce in prima squadra e gioca insieme a mostri sacri come Zoff, Gentile, Causio...
Gli infortuni subiti offuscano le capacità e le prestazioni del giovane calciatore. Risultato: la Juve non lo ritiene ancora pronto e il giocatore viene spedito in prestito al Como, stagione 75/76 tutt'altro che memorabile.
Nell'estate del '76 dopo una trattativa complicata, Paolo arriva al Vicenza, che in quel momento è in serie B. E proprio a Vicenza, inizia il volo di PaoloRossi (sì, perchè tutti noi, quando dobbiamo ricordarlo, non diciamo semplicemente Rossi, ma lo chiamiamo con nome e cognome...). Il nuovo allenatore G.B. Fabbri intuisce che il posto giusto per Paolo non è sulla fascia, ma al centro dell'area e lì il giovane centravanti diventa lo spauracchio delle difese avversarie: 23 gol in 43 presenze, titolo di capocannoniere della serie B e Vicenza promosso in serie A!

Stagione '77/'78, la Juve nonostante l'annata strepitosa di Paolo, decide di non riscattarlo e prende Virdis dal Cagliari. Beh, poco male, c'è comunque una stagione in serie A da giocare con la maglia del Vicenza...
Dopo qualche difficoltà iniziale, PaoloRossi inizia e segnare a raffica e trascina la squadra veneta a lottare per lo scudetto, proprio contro la Juve a Torino, il 7 maggio 1978. La partita è senza esclusione di colpi, Rossi porta avanti il Vicenza contro la sua ex squadra, poi una doppietta di Bettega consente ai bianconeri di festeggiare  il titolo. I biancorossi ottengono uno storico secondo posto e Paolo è capocannoniere con 24 gol in 30 partite!

Nel frattempo, si è accorto di lui anche il C.T. della nazionale Enzo Bearzot (un altro che nominiamo rigorosamente con nome e cognome...).
Paolo debutta in azzurro nel dicembre del 1977, in amichevole contro il Belgio e il C.T. si convince di una cosa: la coppia formata con Bettega è la migliore possibile da portare ai Mondiali in Argentina, l'anno successivo.
Nel '78 Rossi, Bettega e compagni vengono definiti "la Nazionale più bella di sempre": non si va più in là del quarto posto (anche perchè vincere in casa degli argentini, sostenuti dalla giunta militare al governo, è fuori discussione...), ma la squadra getta le basi per quello che avverrà quattro anni più tardi. Paolo segna 3 gol e la sua fama, a soli 22 anni, valica i confini nazionali.

Nell'estate del '78 c'è da risolvere la comproprietà del giocatore tra Vicenza e Juventus. Il presidente dei biancorossi Farina non ha nessuna intenzione di perdere Paolo e spara una cifra altissima per l'epoca: 2 miliardi e 600 milioni di lire, valutazione complessiva del cartellino 5 miliardi e 200 milioni. Nonostante i veneti si svenino per trattenere il giocatore, e nonostante i 17 gol segnati da Paolo in stagione, la sconfitta con l'Atalanta all'ultima giornata decreta la retrocessione del Vicenza in serie B. 
L'estate del '79 vede il passaggio di Paolo al Perugia, in prestito per due stagioni. Il Vicenza non si può permettere di trattenerlo e il club umbro fa di tutto per poterlo ingaggiare: è la prima squadra in Italia che aggiunge sulle proprie maglie il nome di uno sponsor, ma poco dopo la Lega decide che i tempi non sono ancora maturi e obbliga il club a fare marcia indietro, niente sponsor... 
Il giocatore non si ambienta nel migliore dei modi e anche alcuni nuovi compagni di squadra lo accusano di non avere nel cuore la città, di pensare più alla Nazionale e ai prossimi Europei che al destino del Grifo. Paolo segna comunque 13 gol in ventotto presenze, ma il peggio deve ancora arrivare...

Marzo 1980: Paolo finisce coinvolto nello scandalo del "Calcioscommesse" e viene arrestato insieme ad altri due giocatori del Perugia, Della Martira e Zecchini. I tre sono accusati di aver pilotato il risultato di Perugia-Avellino, finita 2-2 con una doppietta proprio di Paolo Rossi. Il 29 aprile, Paolo viene formalmente accusato e subito dopo viene sospeso dalla Commissione Disciplinare: niente più calcio giocato né col club né tantomeno in Nazionale. Si dichiara a gran voce innocente, ma dopo aver perso la possibilità di giocare gli Europei, il 25 luglio 1980 arriva il verdetto della Giustizia sportiva: 3 anni di squalifica, poi ridotti a due.
A 24 anni, Paolo Rossi è un giocatore finito, è un uomo distrutto da una vicenda in cui è finito suo malgrado, che gli toglie anni di vita e di professione, quando è nel pieno della maturità.
Paolo attraversa mesi difficili: prova vergogna, prova disgusto verso quel mondo, il calcio, che lo ha così violentemente respinto, prova smarrimento quando la domenica mattina realizza che non c'è una partita da giocare quel giorno, si ripromette di non andare più in Nazionale, come potrebbe rappresentare con orgoglio il suo paese?
Dicono che il tempo è galantuomo.
Deve averlo pensato anche Paolo, quando nell'estate dell'81 Boniperti lo chiama: "Abbiamo dato 3,3 miliardi al Vicenza, verrai in ritiro con noi, ti allenerai come e più degli altri. Presentati coi capelli corti e sposati, così stai più tranquillo...".
Trapattoni lo mette sotto torchio, Bearzot ogni tanto lo chiama, senza promettergli nulla, ma lo incoraggia a lavorare bene.
E Paolo, piano piano, si riprende la sua dignità di uomo, il suo valore di calciatore.., e il suo sorriso.
Il 2 maggio 1982 è ora di tornare in campo: contro l'Udinese, parte titolare e segna uno dei cinque gol che portano la Juve alla vittoria! Bearzot, che è uomo di parola, lo inserisce tra i convocati della spedizione ai Mondiali di Spagna.

L'avventura della Nazionale, nel girone iniziale, non è proprio esaltante: 3 punti in tre partite. Un gioco che stenta a decollare, ci qualifichiamo solo per differenza reti rispetto al Camerun e si segna poco.
La stampa massacra Bearzot e i giocatori, in particolare quel centravanti asfittico che non tocca palla: per tutta risposta, la squadra va in silenzio stampa, solo il C.T. e il capitano Zoff parlano con i giornalisti, e dal capitano non arrivano di certo lunghi discorsi. I prossimi impegni con Argentina e Brasile fanno scrivere ai giornalisti che è ora di fare le valige e tornare a casa...

Come nei migliori lavori teatrali dell'antica Grecia, arriva il colpo di scena che non ti aspetti...
Chrono, il dio del tempo, si ricorda di essersi eccessivamente accanito sull'eroe della tragedia: decide così di regalargli l'opportunità di recuperare gli anni perduti e dimostrare sul campo il suo valore. Molto più prosaicamente, Paolo si trasforma in Pablito e trascina l'Italia sul tetto del mondo!
Contro Brasile, Polonia e Germania si rivede il giocatore reattivo e letale che tanto è mancato alla squadra, e anche a se stesso. Sono lontani i tempi della vergogna, del desiderio di smettere di giocare, dello smarrimento... gli schermi di tutto il mondo si riempiono dell'immagine, finalmente pulita, di un ragazzo di 26 anni che solleva la Coppa del Mondo insieme ai suoi compagni, eroici quanto lui nel credere che il tempo è galantuomo.
Il cerchio si chiude, la riabilitazione dell'uomo e del calciatore è completa, PaoloRossi ha attraversato tante tempeste e ne è uscito ogni volta più forte di prima.
Gioca ancora per cinque anni, vincendo tutto con la Juve, attraversando alti e bassi e si ritira a 31 anni, per colpa delle ginocchia ormai fragili. 

Qualche tempo fa, ho visto un documentario che ripercorreva la sua vita e la sua carriera. Mi ha molto colpito la forza del sorriso con cui ha raccontato le sue tante vicissitudini. Ha ricostruito tanti momenti vissuti, rivisti a distanza di tempo: avrebbe avuto tanti motivi per essere arrabbiato o per nutrire rancore, e invece ha sottolineato l'importanza di non darsi mai per vinti, di circondarsi di affetti veri che aiutino a ritrovare serenità, di lavorare sodo per farsi trovare pronti.
E ha manifestato gratitudine per aver ricevuto tanto da questa vita.
Sempre col sorriso...