La storia del Calcio racconta spesso e volentieri le vicende di formazioni che vincono tanto e si ritagliano uno spazio nella memoria dei tifosi grazie ai trofei conquistati.
Fortunatamente, negli occhi e nella mente degli appassionati, spesso rimangono anche le gesta di chi, pur non avendo vinto, ha segnato un'epoca, mostrando un gioco innovativo, che è divenuto fonte di ispirazione per le generazioni seguenti di tecnici e giocatori. È il caso dell'Ungheria, che tra il 1950 e il 1956 è stata squadra senza rivali, zeppa di giocatori di talento e con un gioco aggressivo e propositivo, rimasto ineguagliato per almeno due decenni. Le imprese dei magiari hanno inizio quando a fine anni '40 Gusztav Sebes assume l'incarico di allenatore degli ungheresi. Con la fine della seconda guerra mondiale, l'Ungheria diventa un paese satellite dell'Unione Sovietica e il nuovo governo impone che le società sportive intrattengano stretti legami con le aziende comuniste statali e le emanazioni dello stato, come l'esercito. La Kispest, squadra della capitale Budapest, cambia nome in Honved ed è di fatto la squadra dell'esercito. In questa formazione, confluiscono in breve tempo i migliori giocatori magiari e la Honved, fra il 1950 e il '55 vince quattro campionati nazionali, mettendo in mostra un gioco solido e spettacolare. Sebes chiama in Nazionale il blocco della Honved, insieme a diversi giocatori della seconda squadra ungherese, il Voros Lobogo. Lo schema utilizzato da Sebes è una rivisitazione di quello utilizzato da Pozzo nei vittoriosi Mondiali del '34 e del '38, con alcuni ammodernamenti. La squadra dispone di diversi giocatori dalla classe cristallina, disposti a correre e ad aiutarsi l'un l'altro e in grado di ricoprire più ruoli: in buona sostanza, è un'anticipazione del calcio totale che verrà praticato dagli olandesi almeno vent'anni più tardi.
Sebes ha il problema di trovare un nuovo centravanti. Ferenc Deak, infatti, capace di segnare 66 gol nel campionato magiaro 1945-46, ha lasciato la nazionale a causa dei contrasti col nuovo regime comunista. Il tecnico individua l'uomo giusto in Nandor Hidegkuti, che viene impiegato a completare il reparto d'attacco insieme a giocatori del calibro di Kocsis e Puskas. Gli ungheresi mettono in campo un 4-2-4 molto aggressivo, i due centrali difensivi coprono dietro mentre i laterali si sovrappongono spesso alle ali, andando a creare superiorità numerica contro avversari che giocano a uomo, unico modo di marcare conosciuto fino ad allora. Le ali arretrano e danno una mano a difendere e negli spazi che si creano, le punte hanno gioco facile per entrare in area e segnare. Il regista Bozsik gioca davanti alla difesa e inventa lanci per l'ala Czibor, un vero fuoriclasse dallo scatto bruciante e dotato di dribbling fulmineo.
Tra il maggio del '50 e il 4 luglio '54, su 32 partite gli ungheresi collezionano 29 vittorie e 3 pareggi, segnando 143 reti e subendone 33. Alle Olimpiadi del '52, i magiari vincono la medaglia d'oro, sconfiggendo  Romania, Italia, Turchia, Svezia e Jugoslavia, con venti reti all'attivo e due subite.
Gli inglesi, inventori e maestri del gioco, vogliono misurarsi con quella squadra straordinaria e invitano l'Ungheria per una amichevole da disputare a Wembley. La data scelta è il 25 novembre '53, quando il campionato magiaro si avvia al letargo invernale, mentre quello inglese è in pieno svolgimento. Pochi mesi prima, il 17 maggio, l'Italia invita la squadra di Sebes all'inaugurazione dello stadio Olimlico a Roma: 3-0 per gli ospiti, che non vincevano in Italia da 28 anni. Gli inglesi snobbano le prestazioni dei magiari, l'invito a Londra è confermato: il match finisce con punteggio tennistico, 6-3 per l'Ungheria! L'Inghilterra non perdeva in casa da 90 anni!! 

Gli inglesi non demordono e chiedono la rivincita, che viene giocata il 23 maggio 1954 a Budapest: anche peggio della partita precedente! Finisce 7-1, doppiette di Puskas e Kocsis, la peggiore sconfitta di sempre per l'Inghilterra...
Nel giugno del '54, ecco l'occasione per la "Squadra d'Oro" ungherese per consacrarsi definitivamente: i Mondiali di calcio in Svizzera. I magiari intraprendono un cammino spettacolare verso la finale: 9-0 alla  Corea del Sud, 8-3 alla Getmania Ovest, 4-2 al Brasile e ai campioni in carica dell'Uruguay.
La partita col Brasile finisce al 90' con una rissa che per venti minuti coinvolge tecnici, giocatori e accompagnatori. La finale si gioca il 4 luglio in una giornata fredda e piovosa. Gli avversari sono nuovamente i tedeschi della Getmania Ovest, già  battuti in precedenza. I tedeschi non sono i favoriti, hanno grinta e forza fisica, hanno un giocatore di alto livello, Fritz Walter, che è il cuore e l'anima della squadra, ma non hanno un gioco corale, uno spirito che li accorda all'unisono.
Dopo 8 minuti, l'Ungheria è già avanti 2-0, con reti Puskas e Czibor, ma la partita prende una piega strana. I tedeschi aumentano i giri e mettono in mostra una forza e un'energia impensabile fino a poco prima, gli ungheresi manifestano un po' di stanchezza.
Gli uomini di Fritz Walter pareggiano in 10 minuti, reti di Morlock e Rahn, che commette fallo sul portiere ungherese. Hidegkuti e Kocsis colpiscono due legni, Puskas, dolorante e zoppicante, fallisce due reti che in condizioni normali non avrebbe mai sbagliato.
Dopo un paio di occasioni fallite da una parte e dall'altra, al minuto 84 Rahn, servito da Fritz Walter, evita tre difensori e infila Grosics, con la palla che bacia il palo e varca la linea di porta: 3-2 per i tedeschi!
L'Ungheria non si arrende: al 89' lancio per Puskas, che solo davanti a Turek segna il 3-3!! Ma la gioia dura poco: viene segnalato un fuorigioco inesistente e il gol viene annullato!
Ancora qualche minuto di gioco, poi arriva il fischio finale: contro ogni pronostico, la Germania Ovest vince la sua prima Coppa Rimet, sconfiggendo l'invincibile Ungheria di Puskas! Kocsis è capocannoniere con 11 reti, ma è una magra consolazione. 

Fin da subito, la vittoria dei tedeschi appare frutto di strane coincidenze: l'arbitraggio discutibile a danno dei magiari, la vigoria fisica ritrovata troppo velocemente tra una partita e l'altra e durante la finale stessa...
In effetti, qualche settimana dopo la partita, cinque giocatori tedeschi vengono colpiti da una strana e pesante forma di itterizia, si mormora di siringhe sospette trovate nello spogliatoio teutonico, si fa strada l'idea di un massiccio ricorso al doping, in particolare di uso di Pervitin, lo stesso stimolante somministrato ai soldati tedeschi durante la guerra. 
Comunque sia andata, resta la sconfitta per i ragazzi di Sebes. L'allenatore magiaro resta in carica ancora due anni.
Nell'estate del 1956, i carri armati sovietici hanno già invaso il paese, soffocando qualunque richiesta di libertà. Gran parte dei giocatori  della nazionale magiara si trova in tournée col proprio club, la Honved, per fare propaganda. Il governo filosovietico ungherese vuole e deve far credere al mondo che la situazione nel paese è sotto controllo.
All'ordine di rientrare in patria, pochi giocatori ubbidiscono. Tra gli altri, Kocsis trova riparo prima in Svizzera, poi in Spagna al Barcellona. Finisce la carriera da sconosciuto, triste e nostalgico per non aver potuto fare ritorno in patria. Viene tuttora ricordato col soprannome di "Testina d'oro" a causa delle tante reti segnate di testa. Il suo score in Nazionale è di 75 reti in 68  gare.

Puskas viene contattato da Santiago Bernabeu e si trasferisce al Real Madrid. Vince 5 campionati consecutivi e diventa per quattro volte capocannoniere della Liga.
Il 18 maggio 1960 a Glasgow gioca la finale di Coppa dei Campioni contro l'Eintracht Francoforte: la partita finisce 7-3 per il Real, con 4 reti di Puskas... Tenta anche la carriera di allenatore, ma senza troppa fortuna.
Nel 2002 il Nepstadion di Budapest cambia nome e diventa il Ferenc Puskas Stadion.

Puskas muore nel novembre del 2006. Le statistiche gli attribuiscono in Nazionale 83 reti in 84 partite giocate. Il mito della Squadra d'Oro si spegne in quel lontano 1956: una squadra imbattibile e in grado di anticipare i tempi, che giocava un calcio all'avanguardia e offensivo, rimasto un punto di riferimento per decenni.