Ha ancora senso parlare di quel bellissimo e nostalgico c'era una volta? No. Non più. Le generazioni di oggi potranno vedere le immagini, le fotografie da museo di un calcio che non c'è più e non dirà forse più niente. Esteticamente inguardabile per i giovani di oggi. Palloni di cuoio, divise pigiamoni, campi di calcio che sembravano campi di patate. Però c'era un qualcosa che quelle foto raccontano ma che solo chi ha vissuto quel calcio può conoscere o tramandare. La passione. Che meraviglia. Giocare per la maglia, giocare per la tua città, e soprattutto giocare per il tuo Paese. Ecco, c'era un tempo in cui vi era una sorta di gerarchia, di piramide da scalare, la piramide del rispetto, e della passione. I soldi contavano quello che contavano. La fama contava quello che contava. Non era per tutti fare il calciatore, ma il calcio era per tutti. Il passaggio dal club alla nazionale era il massimo a cui si poteva aspirare.
Stanno tirando la corda oltre ogni limite accettabile. Si uccideranno reciprocamente, il mondo del club con quello della Nazionale. Non resterà che aspettare sul fiume e vedere cosa passerà e cosa rimarrà oltre le rive. Questo tutto contro tutti non porterà a nulla di buono. Impossibile tornare al calcio di una volta. Non si può. Questa società non lo consente. Solo se si sfascerà tutto, con una nuova crisi mondiale, che nessuno si augura, ma che è tutt'altro che impossibile, si potrà forse ripensare a rendere più umano questo mondo. Ma fino a quel momento si continuerà ad andare diritti come un missile a schiantarsi contro il muro dell'egoismo.
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