C'era una volta. E qui possiamo già fermarci.
Ha ancora senso parlare di quel bellissimo e nostalgico c'era una volta? No. Non più. Le generazioni di oggi potranno vedere le immagini, le fotografie da museo di un calcio che non c'è più e non dirà forse più niente. Esteticamente inguardabile per i giovani di oggi. Palloni di cuoio, divise pigiamoni, campi di calcio che sembravano campi di patate. Però c'era un qualcosa che quelle foto raccontano ma che solo chi ha vissuto quel calcio può conoscere o tramandare. La passione. Che meraviglia. Giocare per la maglia, giocare per la tua città, e soprattutto giocare per il tuo Paese. Ecco, c'era un tempo in cui vi era una sorta di gerarchia, di piramide da scalare, la piramide del rispetto, e della passione. I soldi contavano quello che contavano. La fama contava quello che contava. Non era per tutti fare il calciatore, ma il calcio era per tutti. Il passaggio dal club alla nazionale era il massimo a cui si poteva aspirare.
Era forse più importante che vincere un vecchia ed estinta coppa campioni. Le coppe ci sono sempre state, hanno cambiato nome più volte, ma si è sempre cercato equilibrio e rispetto. C'è sempre stata convivenza e non competizione tra il mondo dei club e quello delle nazionali. Poi, è successo l'irreparabile. Una società sempre più competitiva, una società sempre più indebitata, una società sempre più affamata di danaro, e il danaro entra dagli sponsor e gli sponsor dettano la loro legge. Se non ci stai, bye bye soldini. Arriva il momento in cui i club devono giocare di più, più giocano, più soldi entrano, e la Nazionale inizia a diventare un fastidio, un problema. Se una volta per il club avere giocatori in Nazionale era senso di orgoglio, ora è senso di fastidio, quasi incubo. Si spera quasi di non averli convocati. E a cascata la stessa cosa accade per i giocatori. Giocare per la Nazionale non è più come una volta. Non è più la stessa cosa. E in tutto ciò il mondo della Nazionale cosa fa? Cerca di competere con i club. Inventandosi nuove competizioni,  proponendo coppe del mondo da giocare ogni due anni, sempre di più. Qualcuno dovrebbe capire che più calcio non significa più divertimento, più qualità. Significa indigestione. E indigestione significa che la gente se ne va. Inizierà a seguirlo sempre di meno.

Stanno tirando la corda oltre ogni limite accettabile. Si uccideranno reciprocamente, il mondo del club con quello della Nazionale. Non resterà che aspettare sul fiume e vedere cosa passerà e cosa rimarrà oltre le rive. Questo tutto contro tutti non porterà a nulla di buono. Impossibile tornare al calcio di una volta. Non si può. Questa società non lo consente. Solo se si sfascerà tutto, con una nuova crisi mondiale, che nessuno si augura, ma che è tutt'altro che impossibile, si potrà forse ripensare a rendere più umano questo mondo. Ma fino a quel momento si continuerà ad andare diritti come un missile a schiantarsi contro il muro dell'egoismo.