No. Non tutti i morti sono uguali. E ne abbiamo avuto contezza in modo pessimo nella notte di Wembley con i fischi comprensibili, verso il minuto di silenzio voluto dalla UEFA che ha escluso le vittime palestinesi e voluto solo per quelle israeliane e del terrorismo arabo che ha colpito a Bruxelles due tifosi svedesi.

Nessuno mette in discussione il crimine compiuto da Hamas, nessuno mette in discussione che le vittime civili vanno ricordate sempre, ma qui in discussione vi è il fatto che la UEFA ha gettato benzina sul fuoco e soprattutto ignorato migliaia di vittime palestinesi, vittime della furia spropositata israeliana che ancora una volta si è accanita verso i civili che non hanno alcuna colpa se non quella di ritrovarsi in un territorio maledetto, altro che terra santa.

Ignorare le vittime palestinesi è un torto, una vergogna, che non ci rende migliori e prendersela con chi fischia non ha senso perché stare zitti verso tutto ciò ci rende complici di quella narrazione unilaterale che vede i buoni da una parte, i cattivi dall’altra, e nel mezzo il nulla, banalizzando, semplificando, ridicolizzando e non rispettando la storia e la vita delle persone. Non è la prima volta che nel calcio si debbano registrare situazioni così, e ve ne sono state anche altre, certo, e dal passato non si impara proprio nulla.

Sicuramente c’è qualcosa di più grave del minuto di silenzio di parte, che ignora delle vittime, come se ricordare i morti palestinesi significasse schierarsi con i terroristi. Ma tutto ciò non può lasciare indifferenti, come se fosse normale, in un contesto geopolitico delicato come non mai e con il mondo sull'orlo di una crisi di nervi epocale dove ci si comporta più da ultras da stadio che da persone dotate di buon senso. Queste omissioni non fanno bene nè al calcio, nè al mondo, poichè diventano pretesto per fomentare tensioni e ingiustizie, come se ve ne fossero poi già poche.