Che ormai nel calcio non ci siano più le bandiere, oltre che essere un luogo comune sulla bocca di tutti noi, è diventata anche una triste realtà. Ormai, tolti i De Rossi, gli Hamsik, le bandiere sono una specie in via di estinzione. Infatti non si fa mai in tempo ad affezionarcisi a questo o quel campione che ci si debba dire addio, in nome del bilancio, di un contratto più ricco, o di una moglie capricciosa. L’addio del giocatore di punta di una squadra è sempre traumatico, con la ricerca di un colpevole, ora l’avidità del calciatore stesso, ora lo società che si vende in nome del vil denaro, o ancora la squadra che viene a “rubare” il talento di turno. Da un lato ci sono calciatori che, del loro cambiare squadra di frequente, fanno quasi una ragione di vita, come Ibrahimovic, tra i pochi calciatori ad avere giocato per quasi tutti i top club europei senza mai essere minimamente condizionato dai vari cambi, a prescindere dalla nazione in cui si trovasse. Infatti, dopo essere partito nel calcio che conta con l’Ajax, è passato da Juventus, Milan e Inter in Italia, Barcellona in Spagna, PSG in Francia, Manchester United in Inghilterra, il tutto senza intaccare il suo processo di crescita, e anzi consacrandosi, con il passare degli anni, tra i calciatori più forti al mondo. Come lui anche Bobo Vieri, che dopo essersi messo in mostra con l’Atalanta, è passato da Juventus, Atletico Madrid, Lazio, Inter, Milan, segnando caterve di gol, a prescindere dalla maglia che indossasse, almeno fino a quando ha preferito i campi di calcio alle sale dell'Hollywood, nota discoteca meneghina.

Poi, di contro, ci sono calciatori per cui anche un solo trasferimento si è rivelato un boomerang. Infatti alcuni giocatori in determinati contesti riescono ad esplodere riuscendo ad esprimersi al massimo, ma nel momento in cui arriva il fatidico cambio di squadra, che in molti casi dovrebbe rappresentare la consacrazione definitiva, in realtà questo si rivela uno stop a carriere che fino a quel momento erano da sogno. Fenomeno a cui, negli ultimi anni, stiamo assistendo con una certa frequenza. Tra questi ultimi, i casi più eclatanti sicuramente sono rappresentati da Kakà e Shevchenko, che nel giro di pochi anni hanno vissuto la stessa epopea. Per entrambi la consacrazione nel grande calcio avviene nel Milan, dove raggiungono i picchi massimi delle loro carriere, tra l’altro giocando insieme per tre stagioni. Ed è curioso come la loro carriera si sia sviluppata allo stesso modo: infatti entrambi, durante il periodo milanista, possono vantare nel proprio palmares la vittoria di una Champions League un campionato e una Supercoppa Europea, tra le competizioni maggiori, e poi a livello individuale il massimo riconoscimento per un calciatore, il Pallone d'oro, nel 2004 per Sheva e nel 2007 per Kakà. Nel 2006 Shevchenko passa al Chelsea in pompa magna, chiamato a confermare quando di buono fatto al Milan, ma in realtà ben presto l’avventura londinese si rivela un grande inciampo per la carriera dell’ucraino, che nei due anni metterà insieme il magro bottino di 47 presenze e 9 gol, decisamente una miseria per uno che fino a qualche mese prima aveva una media di 20 gol stagionali, e uscendo sin da subito dai piani del club. Dopo due stagioni riuscì a tornare al Milan, con risultati pessimi sia per lui che per il club, mettendo insieme 26 presenze (in tutte le competizioni) e 2 gol. Stessa sorte toccò a Kakà, che nel 2009 decide di passare in quello che per molti è il club per eccellenza, il Real Madrid. I primi mesi sembrano procedere bene, e Kakà calarsi a dovere nella realtà madridista. Ma il subentrare di una pubalgia sarà l’inizio della fine per il brasiliano. Infatti, piano piano, Kakà resterà sempre più ai margini del progetto, e anche in campo, nelle poche apparizioni, sembrerà l’ombra di se stesso. Dopo quattro anni in Spagna, anche lui riesce a tornare al Milan, ma non è neanche un lontano parente del primo Kakà milanista, e nel mentre neanche il Milan è più lo stesso.

Quest’anno abbiamo assistito a qualcosa di simile, con il ritorno di Bonucci alla Juventus. Infatti il difensore, dopo sette anni di Juventus, che lo hano visto fare incetta di trofei, fino a venire considerato tra i migliori difensori al mondo, nell’estate del 2017 colse tutti di sorpresa passando al Milan. Ma la parentesi milanista è durata giusto un anno; infatti pochi mesi fa, vuoi per nostalgia, vuoi per ridimensionamento del proprio ego, Bonnie è tornato alla Juventus. In questi ultimi giorni sembrano unirsi al club dei "pentiti" anche altri due nomi illustri come Neymar e Pogba. Neymar, nell’estate del 2017, dopo quattro anni al Barcellona, passa al PSG, divenendo il calciatore più pagato al mondo, per la "modica" cifra di 222 milioni di euro. Sebbene il livello tecnico di Neymar, a differenza dei casi sopra citati, si sia mantenuto sempre sugli stessi standard, sicuramente non può dirsi lo stesso di quello dei trofei, che al di là del campionato francese è stato avaro di soddisfazioni per il brasiliano, il quale sicuramente si auspicava altro. Pogba lascia la Juventus nell’estate del 2016 per il Manchester United. Sembra un affare che possa fare felici tutti: la Juventus che realizza una plusvalenza di oltre 70 milioni di euro, avendolo preso a zero; il procuratore del giocatore, Raiola, che realizza la commissione più alta mai percepita; e anche il calciatore, che a Manchester si era fatto conoscere e che comunque lo riteneva un club più "europeo". Ma complice la crisi che attanaglia il Manchester da qualche anno, e i rapporti conflittuali con il proprio tecnico, Mourinho, Pogba sembra poco felice della sua avventura bis a Manchester. Da qualche giorno, come riportano i giornali e i media, i due calciatori, infelici delle loro situazioni attuali, sembrano mandare segnali a quelle squadre che hanno contribuito ad esaltarne le loro qualità.

La mia personalissima sensazione è che per alcuni calciatori in determinati contesti, vuoi per l’ambiente, vuoi per il momento, si creano combinazioni particolari, che li esaltano, come se vivessero su un’isola felice che forse, in barba a qualche soldo in più, farebbero bene a tenersi stretta, perché come abbiamo visto, non è detto che se un giorno si torna sui propri passi tutto è come lo si era lasciato.