Nel 2009, mi capitò di perdere mia sorella, causa l'halzeimer, che l'aveva devastata a partire da sette anni prima. E sembra che la malattia sia più veloce se colpisce persone giovani.
Mia sorella aveva solo 63 anni, ed abitava a Torino. Era maggio, e solo una settimana dopo presi l'aereo da Caselle e con mia moglie siamo volati in Sicilia, destinazione Trapani, dove poi sarebbe arrivato mio figlio per portarci a Menfi, provincia di Agrigento.
Mio figlio era andato a lavorare nella mia amata Sicilia, grazie ad un appalto con una ditta che installava pale eoliche ed essendo ingegnere, era stato mandato laggiù per dirigere i lavori. Aveva preso in affitto una villetta e con sua moglie era andato ad abitarci. Durante il viaggio ci comunicò le sue sensazioni e i suoi incontri, tra i quali una gatta misteriosa, che l'aveva stregato. Era comparsa improvvisamente, bellissima con il suo pelo lungo ed il suo musetto dolcissimo.
All'inizio sembrò un fatto accidentale, seppure la gatta non sembrava essere randagia, ma cercava di comunicargli qualcosa. Una sera, notando l'agitazione particolare dell'animale, fu più attento ai comportamenti della gatta, che lo esortava a seguirlo. La seguì, e dietro a dei bidoni trovò un tesoro: quattro bellissimi cuccioli. Erano nati da poco, e probabilmente la gatta cercava un posto più sicuro per i suoi piccoli, sempre in pericolo, per via delle abitudini dei maschi, che se trovano cuccioli li uccidono. Questa è una prassi dei gatti, perché così possono fare in modo che le gatte tornino in calore, e non si curano nemmeno se sono loro figli o meno. Mio figlio li raccolse e li portò nella sua villetta, dove lo spazio non mancava, e nemmeno la possibilità di cibare la "mamma", che doveva allattare. Mia nuora, abituata ai gatti, ne fu felice, ed anzi si diede da fare ad accudire ai nuovi arrivati, avendo una certa esperienza. Ma non fu mai consentito loro di entrare nelle mura domestiche.
Personalmente, non ero mai stato un amante dei gatti, e mia moglie ancor meno, ma l'amore per gli animali è sempre stato presente nel mio cuore e così per la mia consorte. Ci conquistarono, e spesso ci giocavamo, sempre rispettando la loro libertà e senza disturbare la loro "privacy".
Il soggiorno in Sicilia durò una settimana, e ci divertimmo molto, mio figlio ci portò in giro a visitare alcune bellissime zone, compreso il paese dei miei genitori, in provincia di Catania. 
Quando tornammo a casa, durante le telefonate chiedevamo spesso dei mici, e mio figlio mi disse che non voleva tenere la gatta, mentre cercava una sistemazione per i cuccioli. Ma una sera di pioggia, quando la gatta si mise davanti alla porta tutta fradicia e sembrava implorasse di entrare, con seguito di cuccioli, il cuore non fu in grado di reggere e li fecero entrare in casa.
Da allora non se ne sarebbe più andata. Allora mio figlio decise però che l'avrebbe fatta sterilizzare, ma appena la portò dal veterinario, questi si accorse che era di nuovo incinta. 
L'estate seguente, nacquero cinque cuccioli, ma solo tre sopravvissero, tra i quali una gattina simile alla mamma e due gatti neri, un maschio enorme ed una gattina. Intanto mio figlio cambiò destinazione e a settembre si trasferì in Alto Adige.
Tre dei gatti precedenti furono sistemati presso le  famiglie dei vicini, lieti di accoglierli, mentre mio figlio, mia nuora e cinque gatti si imbarcarono con il traghetto da Palermo per andare a Genova.
A Genova c'eravamo noi a prendere i due gatti neri, e una loro amica che avrebbe accolto l'altra gattina. Lui proseguì per Bressanone con la mamma e una gatta della prima covata. E così, la mamma Cecilia, la figlia Elizabeth, mio figlio e mia nuora incominciarono la loro vita insieme. A me rimasero il gattone e la gattina neri. La gattina la prese mia figlia, e se la portò a Genova. La chiamò Nespola. Il gatto rimanente, me lo tenni in casa, cercando qualcuno a cui lasciarlo, ma mia moglie si accorse che me ne stavo innamorando. Ed un giorno mi disse: "Ti faccio un regalo, teniamo il gatto"! E così lo chiamai Ulisse, e ancora oggi vive con me, viziato ma felice, e persino mia moglie lo vizia, ma lui è dolcissimo e ci fa molta compagnia. 

Nel frattempo, mio figlio ha di nuovo cambiato destinazione, ed è finito in Polonia, la terra di mia nuora, ed anche lì, con le sue due gatte. La gatta viveva ormai un connubio d'amore con mio figlio, lo cercava sempre e gli permetteva tutto, anche di tirarla su e scuoterla, ma tanta era la sua fiducia che lo accettava senza mai ribellarsi. 
L'aveva chiamata Cecilia, perché l'aveva conosciuta in Sicilia, mentre l'altra la chiamarono Elizabeth per il suo fare aristocratico, piuttosto schivo. 
Una notte che fui ospite a Bressanone, mi trovai a dormire in una stanza da solo, e mentre dormivo, mi accorsi che qualcosa entrava nel mio letto e si accoccolava vicino a me, era Cecilia. Dormimmo così tutta la notte, e mi sentii felice di avere avuto la fiducia e l'affetto di una gatta dolcissima. 

Qualche mese fa, mio figlio mi disse che la Cecilia era stata dal veterinario, e la diagnosi fu terribile: aveva un tumore alla bocca. Gli disse che aveva sì e no, sei mesi di vita, ad essere ottimisti. 
La scorsa settimana mi chiamò di nuovo, e mi comunicò che era peggiorata, ma che la gatta con grande dignità non creava problemi, anzi si preoccupava della figlia, lasciandole sempre i bocconi migliori nella ciotola. Ma la scorsa settimana mi disse che aveva chiamato il veterinario, e pensava che fosse il caso di sopprimerla, perché soffriva troppo, e respirava a fatica.
Mi arrivò un messaggio che recitava così: La nostra Cecilia continua a scrutare nuovi orizzonti, ora è finalmente serena. Una foto con lei alla finestra che guarda fuori e scruta il paesaggio. Era morta con la testa nella sua mano, dolcemente, con l'ultimo atto d'amore che potevano condividere.
Una lacrima scese dal mio viso, mentre inviavo cuori e facce triste a mio figlio, e così mia moglie. 

Qualcuno dice che non si conosce la felicità se non si ha la fortuna di avere un animale che ti aspetta a casa, ma se poi torni a casa e trovi il vuoto che lascia, la tristezza è profonda. E mio figlio mi telefonò in seguito dicendomi che il lavoro va bene, ma che è molto triste e se ne vergogna un po'. Ma io gli ho risposto: "E' stato uno dei più grandi amori della tua vita, devi invece esserne orgoglioso, e tredici anni passati con una così splendida creatura non si possono cancellare, ma solo serbarne un dolce seppure triste ricordo".
Mi ha ringraziato, e forse l'ho un po' consolato. 

Ora Cecilia continua a vivere nei suoi figli, il mio Ulisse, la piccola Nespola ed Elizabeth, che qualche volta guarda la ciotola e si chiede come mai non c'è nessun'altra a mangiare con lei. 
Ciao splendida signora coi baffi, ci mancherai!