Di chi è la colpa? Perché succede tutto ciò? Licenziamo i preparatori è colpa loro! Queste sono le frasi che più leggiamo nei commenti di Instagram o nei post di X (il buon vecchio Twitter) quando si parla di Milan e nel tema infortuni. In questo articolo cercheremo di fare chiarezza placando i bollenti spiriti che pervadono le vene dei tifosi per poter capire davvero dove sta il problema, capire le sue radici e poi andare a ipotizzare soluzioni a tutto ciò non solo in ambito Milan ma a livello globale visto che, come tra poco scopriremo, non è un problema del Diavolo.

Negli ultimi anni il problema infortuni sta diventando sempre più rovente, giocatori, anche molto giovani, che si infortunano muscolarmente di frequente senza poter mai poter entrare in condizione per poter esprimere il loro massimo potenziale o per poter dare continuità alla propria crescita. Basti guardare Pedri, il talentino che tanto -ino non è, il futuro del centrocampo spagnolo, il giocatore che ricalca le orme dei più celebri tenori dei Blaugrana si ritrova più volte fermo ai box che con i suoi compagni a lottare in campo per la vittoria. Dalla stagione 2021/2021 Pedri ha avuto ben sei infortuni muscolari (fonte: Transfermarkt) con una durata media di stop che supera i due mesi (il massimo per ora 104 giorni). Capiamo bene che questi continui stop non permetto al giocatore in questione, ma di base si può estendere il discorso a tutti, in primis i giovani, di poter accumulare partite ed esperienza andando quindi a migliorare le proprie capacità per diventare il migliore al mondo. Pensate se anche Bellingham avesse avuto una cronistoria degli infortuni dello stesso tipo, certamente non sarebbe quello che oggi sta abolendo ogni tentativo di contenimento difensivo. Se vogliamo spostare il punto di vista a quello della società, avere continuamente giocatori fermi ai box per infortuni è sia un danno tecnico sia finanziario visto che il giocatore potrebbe perdere valore o quantomeno non incrementarlo come sarebbe accaduto se avesse giocato con continuità.

Molti allenatori devono destreggiarsi tra questa miriade di problemi, adattando o cambiando di volta in volta il loro schema iniziale. Abbiamo visto allenatori dover, per necessità, mettere un giocatore in un ruolo non proprio suo o abbiamo visto cambi di formazione; per esempio, passare da una difesa a quattro a tre o viceversa come fece Pioli contro il Verona mettendosi a tre dietro adattando Musah come quinto di centrocampo con grande successo (fu, in emergenza, una scelta corretta). Queste situazioni però non possono diventare la normalità, l’allenatore deve, come dice la parola stessa, allenare per poter sviluppare una solidità di squadra che possa poi portare a sviluppi in termini di gioco e prestazioni. Se ciò non è permesso, il mister sarà costretto a indossare il cappello del Professor Layton e risolvere enigmi su enigmi di volta in volta nella speranza di trovare sempre la chiave che apre lo scrigno del miracolo.

Spesso però non succede, la magia non accade e gli allenatori vengono attanagliati dalla solita domanda: come mai tutti questi infortuni? La risposta che danno è banale e spesso utilizzata come scusa per brutte prestazioni ed è: “Si giocano troppe partite, giocare ogni 3 giorni è infattibile e questa moda moderna sta diventando insostenibile”.

Partiamo dal presupposto che una brutta prestazione, come detto prima, può essere causata dai tanti infortuni ma attenzione, alcuni allenatori utilizzano questa medesima scusa per la preparazione alla partita anche se anno quasi tutta la rosa a disposizione; in questo caso è evidente la volontà di nascondersi dai problemi solo che si celano dietro ad una vetrina. Non funziona. Riguardo alla moda che oggigiorni tutti criticano non sono totalmente d’accordo. È ovvio che si giocano tante partite, forse troppe; partite che non permettono di allenare con costanza la squadra visto che tra giornate di scarico e trasferte restano poche sedute per poter preparare la prossima partita (per questo motivo si dice, giustamente, che la Juventus è tra le favorite per lo scudetto). Allo stesso tempo però non è una questione, un problema del 2023; nella stagione 2002-2003 per arrivare in finale di Champions League bisognava giocare 51 partite tra Serie A e Coppa (34 + 17), lo stesso numero anche nel 2007. Dati alla mano, quindi, non è una problematica dei tempi moderni, eppure una volta si riusciva a giocare con molta più costanza e meno infortuni. Dobbiamo quindi capire quale è, o quali sono, i fattori che stanno portando a questa oscura tendenza.

Lo snodo fondamentale non lo troviamo da settembre a giugno, bensì durante il periodo estivo. Oggigiorno i top club di ogni nazionale europea si trovano a fare le tournee o negli Stati Uniti o in Cina per una mera questione economica dopo aver fatto solamente le prime due settimane della preparazione atletica. Se chiedete a qualsiasi giocatore dei primi anni duemila (per non andare troppo indietro) vi racconteranno tutti che la preparazione estiva era infernale, talmente dura che non si vedeva l’ora che iniziasse il campionato. Al giorno d’oggi non è più così, dopo pochi giorni di preparazione, tra chi arriva prima e chi dopo, le squadre si ritrovano su un aereo direzione “’l’altro capo del mondo” per giocare partite alcune partite balneari, zero intensità ma tanto cash; sì perché queste trasferte hanno lo solo scopo di promuovere il brand fuori dai confini europei incassando delle buone cifre da reinvestire in futuro (P.S.: ci sono dei vincoli per cui le stelle devono giocare, se no le tasche non si ingrossano).

Il quesito che ora vi pongo è il medesimo: vale la pena continuare a partecipare a queste manifestazioni sacrificando un mese di preparazione?

La mia risposta è NO. Mi rendo conto essere una risposta che possa sembrare priva di logica ma la pongo come sorta di provocazione che ora vi spiegherò: le tournee estive garantisco ai club un gruzzoletto di circa 10/15 milioni di euro che verranno spesi poi sul mercato o per aumentare il tetto ingaggi. Abbiamo constatato che queste spedizioni fuori dal continente sono la causa della mancanza importante della preparazione estiva; questo deficit si ripercuote poi sui muscoli dei calciatori stessi che si ritrovano, come evidenziato più e più volte, in infermeria. Ne consegue che la squadra non potrà giocare alle proprie massime prestazioni. Quest’ultima cosa che cosa comporta? Comporta che la squadra, che magari puntava a passare i gironi di Champions va fuori, o il club che puntava a terminare nei primi quattro posti non ci riesce. Ciò comporta un’inopinabile perdita economica che, fateci caso, spesso è maggiore degli incassi ottenuti dalle partite estive. Non è che forse è meglio fare un passo indietro a luglio, incassare dieci milioni in meno e fare una preparazione con i fiocchi cosicché si possa provare a raggiungere gli obiettivi con tutti gli effettivi senza rischiare fallimenti o mercati di riparazione più esosi degli incassi estivi? La mia risposta è SI, bisogna fare questo passo indietro. Per chi sostiene che le tournee estive non servono solo ad incassare denari per le partite ma anche per pubblicità, valorizzazione del brand e altre cose in questo ambito io rispondo che hanno totalmente ragione ma che si dovrebbero piuttosto organizzare una/due partite singole fra grandi club cosicché da risparmiare molto tempo (non tornei da 4/5 partite) e riuscire ad esportare il brand sacrificando ovviamente i guadagni per partita ma salvaguardando il fisico dei calciatori.

Concludo dedicando due righe a chi, senza informarsi, attacca i preparatori atletici delle varie squadre.  Parto dal presupposto che è più che corretto porre il dubbio sui preparatori se una squadra ha più gente infortunata che sana ma poi è giusto andare a indagare, capire più cose possibili prima di ghigliottinare i vari tecnici. Se credete che i preparatori del Milan siano degli incompetenti e i vari infortuni siano solo causa loro, come spiegate quelli del Real Madrid? Il loro preparatore è il migliore al mondo, Antonio Pintus è riuscito pure ad attrarre la NASA per quanto riguarda la preparazione dei propri astronauti.  Che cosa voglio dire quindi; è giusto porre il dubbio su coloro che lavorano nell’ambito ove sorgono problemi ma poi apriamo gli occhi, guardiamo tutto ciò che circonda il problema e andiamo a fondo, impariamo ad amare l’attività di ricerca prima di sparare sentenze gratuite.