Nel calcio esistono una miriade di tipologie di giocatori, si differenziano per ruolo, fisicità, stile e personalità. Alcuni preferisco una tipologia di calciatore altri invece preferisco altro, ma tutti, e sottolineo tutti, sono incredibilmente incantati dalla magia che riescono ad esprimere i trequartisti, quelli veri e sempre più rari, che galleggiano in mezzo al campo professando arte a chi li osserva.

Madre natura, o chi per lei, ha donato a questi giocatori un qualcosa che nessun altro ha; questo dono però spesso, per casualità o per motivi a noi sconosciuti, si scontra con uno “stridulo” che crepa la loro anima: gli infortuni.

Oggi vi racconterò come l’arte del Calcio viva a braccetto col diavolo del Dolore, parlandovi di due dei migliori dieci dell’ultimo decennio: Paulo Dybala e Marco Reus.
Il primo è il gioiello formato gioia che da anni incanta non solo juventini e romanisti ma tutti coloro che si emozionano guardando il Fútbol, il secondo è la bandiera della squadra con la miglior curva germanica, muro che dal 2012 ha l’onore di vedere a casa propria il capitano comandare la propria squadra.

Classe 1993, trent’anni ma volto da ventenne, Paulo Dybala ha iniziato la sua carriera professionista all’Instituto in terra natia, ma tutti noi lo abbiamo scoperto quando approdò nell’astronomico Palermo di Miccoli, Abel Hernandez, Vasquez, Ilicic e chi più ne ha ne metta. Le stagioni con la maglia rosanera sono state un perfetto trampolino di lancio per poter competere ai più alti livelli italiani e infatti venne cercato da un’infinita di squadre, tra cui spuntò la Signora che vinse e si accaparrò la Joya.
A Torino ha fatto innamorare centinaia di migliaia di tifosi bianconeri che tutt’ora conservano un ricordo stupendo e che ancora vedono scendere una lacrima al solo pensiero di quell’ultima partita e quella camminata d’addio con gli occhi bagnati commossi dall’emozione.
Personalmente tra i vari quadri da lui dipinti ricordo la prestazione nella partita di ritorno, in Champions, con il Tottenham; partita in cui ha segnato il gol che ha permesso alla Signora di passare il turno, un tiro glaciale in una partita incandescente. La storia poi tra i bianconeri e l’argentino finì tra malumori e lacrime d’amore; la Roma fu la prima società che credette nel suo talento nonostante i frequenti infortuni che lo hanno coinvolto. A Roma diventa finalmente l’uomo al centro del progetto, si prende la Roma sulle spalle e cerca di traghettarla più in alto che può ma come sempre accade nella sua carriera gli infortuni hanno sfondato la porta della sua vita destabilizzandone la carriera. Pensate che Dybala “vanta” più di dieci infortuni che lo hanno tenuto ai box per più di due settimane, ciò vuol dire perdere come minimo due partite, rientrare col timore di ricadere nell’ennesimo infortunio muscolare e quindi giocare contratti.
Quando poi inizia a sentirsi meglio ecco che il diavolo con la forca infilza nuovamente i suoi muscoli rispedendolo direttamente in infermeria. Tutte queste sequele di infortuni non hanno mai oscurato i suoi lampi di genio, ma ne hanno certamente condizionato la carriera; dall’essere uno dei dieci più forti degli ultimi 20 anni si ritrova ad essere riconosciuto sì da tutti gli amanti del calcio come un grande attaccante ma che, dati alla mano, non è minimamente paragonabile ai top Europa.

Ora prendiamo un aereo che ci porta direttamente a Dortmund, città non di certo splendente come quelle italiane ma località che presenta uno degli stadi più iconici di tutta Europa: Westfalenstadion. Una delle curve più imponenti del mondo, sicuramente quella dal colpo d’occhio più clamoroso, 30mila anime giallonere che urlano e cantano cori per 90 minuti ininterrottamente. Il loro capitano da più di dieci anni si gode questo spettacolo ogni domenica e ricambia il favore offrendo prestazioni al bacio.
Giocatore dotato di un controllo palla che fa invidia al globo, dribbling fenomenale e buona propensione al gol, Marco Reus è un altro, come Dybala, che rientra nella categoria dei “Belli ma logorati”. Se Dybala nel male ha subito infortuni solamente di tipo muscolare, Reus aggiunge ad essi anche rotture e lesioni dei crociati (ginocchio). La rottura del legamento crociato gli è costato uno stop durato ben 220 giorni, un’infiammazione all’osso pubico ben 176 giorni. Solamente prendendo i due infortuni più lunghi (fonte Transfermarkt) il tedesco è stato fuori dal rettangolo verde per più di un anno, ma sono venti circa gli infortuni che lo hanno fermato per due settimane.
Nonostante ciò, quando ha potuto, ha sempre dato il meglio di sé disegnando parabole splendenti e seminando il panico tra le difese germaniche. Il suo popolo lo ha sempre aspettato e lui ha ricambiato dimostrando una fedeltà sempre più rara nei tempi moderni rifiutando negli anni offerte da squadre estremamente blasonate. Oggi gli anni passano, ma nonostante tutti i dolori provati quando scende in campo e indossa la fascia di capitano il passato diventa aria vuota e il presente fuoco incandescente da vivere e divorarsi. La classe di quest’uomo è sempre stata accompagnata da un grande talento e personalità che gli hanno permesso di galleggiare ai vertici del calcio europeo nonostante la caterva di infortuni.

Marco, “Marcolinho” Reus e Paulo Dybala, avrete intuito, hanno in comune la classe infinita che si lega con la sfortuna persistente e insistente. Se il primo ha vissuto sempre in un ambiente dove è stato amato, casa sua, il secondo ha dovuto lasciare il luogo della consacrazione per trasferirsi nella capitale che per la prima volta lo ha visto stare al centro di un progetto, progetto dal quale però si deve estraniare saltuariamente causa infortuni.

Concludo con una “morale” come nelle più belle fiabe disneyane. Non smettiamo mai d’ammirare l’arte in qualsiasi forma essa si esprima. Non abbandoniamo mai coloro che vivono per l’incanto cercandolo in ogni angolo della propria vita e sfoggiandolo a noi umili osservatori.
Amiamo coloro che rendono il bello meraviglioso.