E' stata probabilmente la strage più grave accaduta nel calcio moderno.
74 morti e mille feriti. La strage di Port Said in Egitto. Avvenuta il 1 febbraio del 2012. I cui strascichi sono continuati sino ad oggi.
Nel 2017, ad esempio, la Corte Suprema d'Egitto ha confermato la condanna a morte per dieci ultras, ritenuti esecutori materiali dei disordini. Ma quella strage è stata un tassello fondamentale per far scivolare il Paese in un regime militare che si consoliderà dopo i fatti del 30 giugno 2013, con la salita al potere di Al Sisi per quella che verrà definita come una delle dittature militari più temibili del mondo.
Anche se Paesi come l'Italia, la Francia, gli USA, mantengono rapporti economici, affari politici, positivo con quel regime. Nonostante tutte le denunce, tutte le violazioni dei diritti umani, nonostante quanto successo a Giulio Regeni, sequestrato il 25 gennaio del 2016 al Cairo il cui corpo, con evidenti segni di tortura, verrà fatto ritrovare il 3 febbraio del 2016. Tre anni di lotta, di picconate al muro dell'omertà egiziano con quella comunità che unisce paesi, città e persone in tutto il mondo per pretendere verità e giustizia per Giulio oltre che per tutti i Giulio e le Giulia d'Egitto.

La strage di Port Said è avvenuta nello stadio della città portuale di 600 mila abitanti, dove si giocava questa la partita di premier League fra el Ahly, e al Masry. Scontri violenti, accuse tra più fazioni, più parti coinvolte, il calcio diventato teatro di quella che verrà definita come una strage pianificata e funzionale a far scivolare il Paese verso una dittatura militare. Dopo la caduta di Mubarak, 30anni al governo egiziano, per mano di quella che doveva essere la rivoluzione egiziana del 2011, poi tradita, si alterneranno militari, come  Mohamed Hussein Tantawi, poi sarà il turno di Morsi, poi il militare Al Sisi, la parentesi di Adli Mansur poi nuovamente Al Sisi che arriverà al potere con il colpo di stato del luglio del 2013.
Ed a quanto pare proprio la strage di Port Said può essere considerata come un primo tassello fondamentale per far piombare il Paese in uno stato militarizzato, che continua a prorogare lo stato di sicurezza.
E purtroppo il calcio, suo malgrado, ne è stato un teatro, nonché vittima drammaticamente protagonista in tutto ciò.