I primi 30 minuti di Milan-Torino non avevano fatto presagire quale sarebbe stato l'andamento del match nei successivi 60, ma avrebbero dovuto farne intravvedere il rischio. Il Milan, infatti, era entrato in campo sciolto e in grado di creare con facilità la superiorità numerica sulla fascia sinistra, soprattutto con Hernandez e Rebic. I rossoneri avevano schierato un 4-3-1-2 in cui Bonaventura, non si sa se per scelta tattica di Pioli o perché desideroso di gloria, giocava molto vicino a Ibra e Rebic svolgendo un ruolo da incursore. Al 12' lo stesso Bonaventura, qualche minuto dopo essersi impapocchiato al centro dell'area, era intervenuto con convinzione a ribadire in porta un traversone di Rebic che forse Piatek avrebbe insaccato, se non fosse stato steso mentre si avventava sul pallone. Segnato il gol, il Milan, preso forse da un pericoloso senso di invincibilità. aveva continuato a saltellare come Mohammed Alì intorno all'avversario colpendolo a ripetizione, ma senza assestare il colpo decisivo. Ed è lapalissiano che, finché non si chiude il match... sì, c'è poco da fare, il match resta aperto.

Al 31' suonava il campanello d'allarme: Hernandez si beccava un'ammonizione per un fallo plateale nato dalla necessità di impedire una ripartenza del Toro. I rossoneri avrebbero giocato con uno dei migliori a rischio di espulsione e avevano mostrato, inoltre, di essere a rischio sulle ripartenze. Del resto, in precedenza, proprio dopo il gol, Pioli aveva richiamato Bonaventura, non si sa se per cambiargli la posizione o per richiamarlo a quella originaria di un 4-4-2 che Jack aveva trasformato in un 4-3-1-2. Di certo lo aveva fatto per dirgli di coprire maggiormente. Solo tre minuti dopo l'ammonizione di Hernandez, comunque, Bennacer perdeva un contrasto in attacco e perfino dall'inquadratura televisiva si vedeva che il Toro avrebbe avuto la possibilità di manovrare in ripartenza sfruttando la superiorità numerica. Infatti, senza neanche accelerare tanto e in maniera ordinata, il Torino saliva con 5 uomini contro 4, mentre dalle retrovie Bonaventura trotterellava tranquillo facendo finta di rientrare. Preso a metà strada, Romagnoli non poteva intervenire su Bremer che sgattaiolava sulla sinistra e batteva sul primo palo Donnarumma, non colpevole, ma non sicurissimo come in altre occasioni.

Izzo aveva provocato Ante Tonino Rebic fin dal 1' minuto e non certo nella speranza che restasse in campo per tutto l'incontro. Stuzzicato per l'ennesima volta, l'attaccante croato dava sfogo alla sua irritazione con una gomitata, molto decisa, di sinistro. Per fortuna di Rebic e del Milan il colpo non arrivava in faccia a Izzo, ma si spegneva sulla spalla del torinista senza danni per questi. Izzo, ovviamente, crollava al suolo come fulminato e ci rimaneva in attesa che l'arbitro completasse il lavoro con il sospirato e ricercato cartellino rosso per l'avversario. Ora, considerando che il tentativo in tali casi è parificato al colpo andato a segno, Rebic doveva essere espulso, nulla quaestio. Se consideriamo, però, che in ogni corso per arbitri si insegna che c'è una regola non scritta chiamata buon senso, un tentativo senza esito poteva essere derubricato come condotta scorretta. Tale era la decisione dell'equipe arbitrale (Pasqua + VAR) e Rebic ne usciva con un cartellino giallo. A fine partita Mazzarri ha pianto a lungo sull'episodio, attaccandosi proprio alla lettera del regolamento, ma si sa come è fatto il tecnico di Viareggio. Basta ignorarlo e lasciare che parli, quando si stanca poi si cheta. Il Milan reagiva con rabbia, creando un paio di occasioni da gol e segnando con Rebic, anche se il gol veniva annullato per un fallo di mano evidente di Piatek, volenteroso e affatto passivo. Chi andava in bambola per il knock-down era Pioli che chiedeva a Ibra di scaldarsi, senza sapere quando, come e al posto di chi sarebbe entrato.

Al rientro il campo nella ripresa Pioli, ancora in bambola per il knock-down del 34' e terrorizzato dai carellini gialli di Hernandez e Rebic, arretrava il baricentro della squadra. Il tecnico trasmetteva ai giocatori le sue incertezza, dal momento che proprio Hernandez e Rebic sembravano auto partite per errore col freno a mano tirato. Bonaventura era inguardabile, visto che correva poco, a vuoto e sbagliava in maniera grossolana. Il fatto, inoltre, che Ibra continuava a scaldarsi, faceva scendere il morale di Piatek sotto i tacchi, così che il polacco scompariva dalla scena finendo per nascondersi dietro ai difensori in attesa di una sostituzione che gli appariva inevitabile. Molto probabilmente Pioli, non senza logica, era tentato di sostituire Rebic ammonito, ma sapendo che Ibra e Piatek sono poco compatibili, si macerava in dubbi che un grande tecnico non dovrebbe avere, anzi non ha, mai. In questa maniera Pioli regalava a Mazzarri 20 minuti di partita che consentivano al tecnico granata di posizionare le proprie truppe per l'assalto. L'ingresso di Ibra al posto di Piatek, ormai incapace di intendere e volere dal punto di vista pedatorio, si rivelava inutile nel breve, in quanto il Torino ormai era pronto a sferrare il colpo, cosa che faceva con Bremer che siglava il raddoppio su un traversone con un taglio dalle retrovie. Qualcuno se lo era perso.

Pioli, in pieno marasma psicologico, teneva in campo lo spento Bonaventura fino al 32' quando finalmente realizzava di avere solo un quarto d'ora scarso più recupero per pareggiare. Il tecnico tornava finalmente in sé e inseriva la terza punta Leao al posto di Jack, nonché Chala al posto di uno stanchissimo Krunic. Tutti avanti, quindi, perché non c'era più niente da salvare. Il quarto d'ora finale era un assedio, ma bisognava aspettare il recupero, quando Chala chiamava a raccolta i suoi compagni per l'ultima carica. Era il 91' e il destro rabbioso del turco, deviato da un ginocchio granata, passava oltre un eccellente Sirigu. L'incubo era finito e sulle ali dell'entusiasmo diesel-Ibra, lento a carburare come a Brescia, irrompeva prepotente davanti alla porta sguarnita alzando troppo la palla a un metro dalla riga. Forse sarebbe stato troppo, visto l'andamento del match.

Pioli, ormai stabilmente in sé, toglieva lo stanco Rebic e inseriva di nuovo un incontrista, Kessie. Nel primo tempo supplementare i rossoneri rischiavano di crollare per una mischia furibonda di fronte a Donnarumma, ma a parte questo pericolo, continuavano a creare occasioni. Nel secondo dei supplementari finalmente, Chala se ne andava sulla sinistra in contropiede, evitava il fuorigioco e siglava di sinistro, il piede sbagliato, un gol con un diagonale all'incrocio. Ibra, piuttosto che somatizzare l'errore del 93°, si caricava al punto da chiudere la partita con una stocata di esterno destro su sponda di Leao, autore di un mini-match di grande classe. praticamente inafferrabile. In conclusione, Castillejo è stato inesauribile e Kjaer ha dimostrato che anche gli acquisti low-cost vanno bene, se sono fatti con cura. Resta lo strano nodo di Pioli da sciogliere. Il tecnico ha mostrato una volta di più perché, nonostante indubbia competenza tecnica, la sua carriera non sia mai decollata. La maniera con cui si è eclissato nella prima mezz'ora del secondo tempo è stata, in effetti, inquietante e deve dire grazie ai suoi giocatori se, nei minuti in cui si è eclissato, i danni non sono stati peggiori. Tutti dicono ora che ha avuto il coraggio di mettere fuori Piatek e Suso, ma la verità è che ha continuato a insistere su di essi fino a che non è arrivato Ibrahimovic a fare il casting o ad avallare il casting dell'allenatore. Quanto detto non toglie nulla alla sua cultura calcistica, ma è la capacità di stare sul pezzo e prendere decisioni nei momenti difficili che differenzia il buon professionista dal grande allenatore. Il cammino del Milan in coppa potrebbe fermarsi qui, visto che in semifinale c'è la Juventus prima in classifica, ma domani è un altro giorno, come sanno tutti.