C'è una strana, ma evidente, similitudine fra Stefano Pioli e la Superlega. Entrambi sono entità rimaste isolate nel mondo del calcio, prive di un seguito effettivo, ma che continuano a muoversi meccanicamente come gli zombi.

In senso stretto, gli zombi sono cadaveri rianimati nel corso di un rito voodoo. Nel senso più lato della cinematografia horror, invece, si tratta di morti che risorgono per un qualche influsso astrale o dopo essere defunti a causa di un qualche virus. In entrambi i casi, comunque, gli zombi sono fenomeni di sopravvivenza a sé stessi, in quanto restano trapassati a tutti gli effetti e si agitano di vita puramente meccanica.
Tanto Pioli che la Superlega sembrano non avere più senso, il primo come tecnico del Milan, la seconda come proposta con possibilità concrete di essere realizzata. Però esistono e vanno avanti.

Nei giorni scorsi, la Superlega ha incassato un successo legale in sé fondamentale. La giustizia dell'Unione Europea ha sancito, infatti, che la UEFA ha una posizione monopolistica dominante nel mondo del calcio, della quale abusa per impedire il nascere o svilupparsi di qualsiasi forma concorrenziale. E diciamolo che era ed è una cosa ovvia. Come potreste definire altrimenti un'organizzazione di diritto privato operante in più paesi che ha il monopolio del calcio e attua pubblicamente ritorsioni contro coloro che vanno per conto loro? Alla luce della normativa europea, il comportamento di una simile organizzazione non poteva e non può essere corretto. E se è vero che ci sono anche paesi extra-UE che aderiscono alla UEFA, la UEFA stessa sarebbe menomata gravemente se non potesse contare sui membri della UE.

Di fatto, almeno al momento, la Superlega è sì in vantaggio in una guerra legale, ma non sa che farsene di tale vantaggio. Due anni fa era diverso, perché aveva raccolto il sostegno di gran parte delle squadre europee con più tifosi, quindi con il bacino più ampio di utenza televisiva e marketing. Ma questo lasso di tempo è stato utilizzato dal cartello di Ceferin per isolare Real Madrid e Barça, le uniche rimaste a difendere il progetto. La stessa Juventus, pur non cambiando proprietà, ha cambiato il management con persone non legate al progetto della Superlega. Il Barcellona è entrato nel mirino del Fair Play finanziario, uno strumento che finora è stato applicato nei confronti dei nemici e interpretato nei confronti degli amici. E il Barcellona non è certo un amico di Ceferin.

Ora Florentino Perez ha aggiustato il progetto iniziale. Da club privato riservato ai soci fondatori, la Superlega dovrebbe trasformarsi in una competizione articolata in 3 serie con promozioni e retrocessioni, senza membri permanenti. E di certo la nuova proposta spezzerebbe le armi nelle mani di chi accusava la Superlega di fregarsene dei meriti sportivi. Di fatto, però, questo progetto si propone come una specie di doppione delle coppe attuali, organizzate in una manifestazione di punta, la Champions, più coppe minori.

Ceferin ha dimostrato un cinismo notevole, per quanto sconfessato dai giuristi, ma forse contava proprio sui tempi della giustizia per organizzarsi e rendere la prevedibile vittoria di Perez un ordigno disinnescato. Non essendo uno sprovveduto, ha utilizzato questi due anni per ridurre a più miti consigli tutti i possibili alleati del Florentino madrileno. In Italia, poi, ha imperversato come Attila, considerando l'eterno stato di coma debitorio dell'Inter, la debolezza della proprietà rossonera (con Cardinale che sta cercando i soldi per pagare Elliott) e i guai della Juventus legati alle fatturazioni, alle plusvalenze e alle irregolarità contabili. La stessa FIGC può sentirsi in diritto di minacciare i club italiani, come se la pronuncia della giustizia europea fosse stata una flatulenza. 

La battaglia non è finita, ma Ceferin non è messo affatto male, giustizia UE o no. Sempre al momento, la Superlega è un soggetto devitalizzato che si agita come gli zombi senza essere vivo. 

Lo è anche Pioli, come abbiamo detto, perché è sempre al suo posto e, con ogni probabilità, ci resterà fine del campionato... anzi anche oltre vedrete, ma senza riscuotere fiducia né all'esterno né all'interno. Ha perso mezza stagione e la qualificazione al prossimo mondiale per club incaponendosi in scelte tecniche e tattiche assurde. Voleva dimostrare che Rade Krunic è un fuoriclasse in grado di giocare ovunque e che meritava un congruo aumento di stupendio. E il suo staff ha collezionato un numero record di infortuni muscolari, quando al Real Madrid hanno fatto saltare teste importanti per un numero ben inferiore di guai.
Pioli è lì che gira per Milanello come gli zombi. Da settimane, infatti, molti giocatori mandano segnali: scatti di rabbia in pubblico, strette di mano negate, vaffa pubblici ecc. . Sono gesti sembrano indirizzati anche alla società perché provveda e non solo al tecnico.

Ma come siamo arrivati a questo punto? Nei 17 anni precedenti all'approdo in rossonero, Pioli aveva messo insieme un semplice terzo posto con la Lazio, per poi assommare una serie record di esoneri e dimissioni. Anche sulla panchina dell'Inter, poi, era stato una meteora che, nel giro di pochi mesi, aveva mostrato tutti i suoi limiti. Ricordate la fase iniziale di vittorie e quella successiva di tonfi? Maldini giocò il tutto per tutto sperando di risollevare il Milan di Giampaolo con un filotto immediato di successi da parte di un traghettatore senza pretese. La pausa per il Covid e i mesi successivi crearono confusione sul valore di questo allenatore, un equivoco che lo ha incollato alla panchina, anche più dello Scudetto del 2022.

Ma ora siamo alle soglie del 2024, perché nessuno ha il fegato di porre fine a questa agonia? In qualche maniera, come insegna il passato anche recente, Pioli potrebbe battere il Sassuolo e andare avanti in Coppa Italia, così come, uscendo dalla Champions, si è poi ritrovato ai play-off di Europa League. Prima o poi, tuttavia, come è stato evidente a Lecce e a Salerno, il Milan di questo tecnico passerà in vantaggio e verrà risucchiato dall'avversario che alza i ritmi. Oppure sbracherà in maniera vistosa come a gennaio 2023. Puntualmente, gli osservatori superficiali o i suoi amici parleranno di mancanza di concentrazione, intensità, affari vari e perdite di tempo.

E ripetiamo la domanda: perché nessuno pone fine a questa agonia? Semplice, perché Cardinale ha perso un finanziatore da 200 milioni e ha altre preoccupazioni. E' più interessato a cercare una pezza finanziaria che gli permetta di vendere il giocattolo (c'è Maldini con finanziatori arabi in agguato). Ma lo stesso Furlani spera che alla fine si arrivi nei primi 4 per non dover ammettere di aver preso una cantonata storica nel puntare su Pioli. Furlani, comunque, gioca col fuoco, perché in questa stagione non ci sono inchieste sulle rivali che possano spianare la corsa alla qualificazione in Champions.

Questa però è l'esistenza degli zombi, che si agitano di vita meccanica, ma non sono vivi, non hanno futuro, bensì solo un presente prolungato.

Fra Pioli e Superlega, peraltro, sembra più vitale la Superlega. Perez, infatti, è a capo della società più prestigiosa e con più tifosi nel mondo, alla cui presenza nelle coppe neppure Ceferin può rinunciare. Infatti, nel mirino della UEFA c'è il Barcellona, mentre il Real sembra godere dell'immunità dovuta agli dei, più che essere un nemico dei vertici. Pioli d'altro canto, pur non avendo più vitalità, potrebbe continuare ad agitarsi per millenni e a trovare le solite scuse come un disco rotto. E un disco rotto, in quanto a meccanicità, vale uno zombi.

Non c'è nessuno con la serenità, ma anche la personalità o, diciamolo, gli attributi virili per cambiare la gestione tecnica. Così Pioli arriverà a fine contratto dopo aver fatto perdere altri anni a una società gloriosa. I suoi amici diranno che ha fatto miracoli e così via. Altro giro, altra corsa, altra annata da agonia per i tifosi che non devono chiedere mai! I rossoneri, infatti, non devono chiedere mai.
Ma cosa avranno fatto i rossoneri per meritare questa punizione da Inferno dantesco? Sarebbe bello che qualcuno lo spiegasse.