Se vogliamo comprendere le scelte di Pioli per la partita di ieri, dobbiamo tornare indietro di un mesetto a quella serata ottobrina in cui il Milan fu sconfitto in Portogallo. Perse di misura sì, ma senza mai entrare realmente in partita.
Quando l'arbitro di Porto-Milan 1-0, il tedesco signor Brych, fischiò la fine, iniziò a farsi strada nella testa di Pioli un pensiero: con 0 punti dopo 3 partite, sconfitto da tutti gli avversari del girone, il Diavolo non poteva più considerare la qualificazione agli ottavi di Champions come l'obiettivo principale. Almeno per il momento, il torneo europeo doveva essere relegato in secondo piano, anche perché, se pure i rossoneri non erano ancora matematicamente fuori, potevano essere considerati tali di fatto. Diciamolo, se non fosse accaduto qualcosa strada facendo, il Milan poteva già considerarsi eliminato.

Questo stato d'animo di Pioli lo si era intuito due settimane fa a San Siro nel ritorno contro lo stesso Porto. Raggiunto il pareggio, infatti, i rossoneri non erano apparsi tanto preoccupati di non riuscire vincere, quando di perdere e arrivare al derby con la poco lusinghiera patente di eliminati in Champions con un turno di anticipo. Il derby è una partita umorale, sul cui andamento incidono molto le vicende dei giorni che lo precedono per l'immediato. Una sconfitta imprevista, in sostanza, come un infortunio importante o una polemica inattesa possono spegnere gli entusiasmi di un contendente e accendere quelli dell'altro.
Ieri sera, l'annuncio delle formazioni ufficiali ha confermato che la vittoria non era l'obiettivo numero 1 del Diavolo.
Si è capito, innanzitutto, che Pioli temeva di tornare da Madrid con Ibra, Bennacer e Leao acciaccati. Nei mesi scorsi, i primi due hanno avuto parecchie vicissitudini muscolari, mentre Leao si sta rivelando uno dei punti di forza dei rossoneri. Tutti in panca, quindi, quantomeno finché il risultato di Liverpool non avesse chiarito quale importanza avrebbe potuto avere una vittoria. Se il Porto avesse vinto sulle rive del Mersey, i 3 punti di Madrid sarebbero serviti al massimo a portare dei soldi e a mantenere alto il prestigio.

La formazione del Milan denotava anche il timore di tornare a casa con la quarta sconfitta nel girone, uno score da autentici asini. In tal senso, Pioli contrapponeva un 4-5-1 al 3-5-2 di Simeone, che poi in partita tende a diventare un quasi... 3-7. Come si è visto anche ieri, infatti, Suarez e Griezmann sono sempre molto preoccupati di rendere densa la zona mediana, essendo giocatori molto mobili e duttili, che sanno comportarsi in maniera più che efficiente anche da mezze punte. In effetti, se i rossoneri fossero andati in inferiorità numerica al centro, l'Atletico sarebbe inevitabilmente avanzato per il principio dei vasi comunicanti, mettendo sotto stress la difesa e il portiere, una cosa molto rischiosa, perché avrebbe potuto moltiplicare le conseguenze di ogni errore.
L'Atletico non ha accelerato in forcing, perché il gioco di Simeone non è aggressivo come quello di Italiano. Simeone, tuttavia, ha cercato di sfruttare quelli che sono evidenti talloni di Achille dei rossoneri: l'impostazione dell'azione del basso dalla sinistra e la tendenza a tenere troppo la palla sulla propria trequarti difensiva. Hernandez è un esterno sinistro atipico che sale tagliando verso il centro. Basta attenderlo lì per togliergli ossigeno.  L'Atletico ha morso le caviglie dei giocatori in maglia rossonera proprio in quelle zone, costringendo il Diavolo a stringere i denti.
Dal momento che il centrocampo dell'Atletico, pur molto denso, non velocizzava l'azione oltre certi limiti. Krunic, un po' più a sinistra del solito per l'assenza di Leao, è stato in condizione di disputare il miglior match della stagione, sia come numero di palloni giocati che come qualità. Non è mai riuscito a spaccare il match come avrebbe potuto fare Leao, è vero, ma si è guadagnato la pagnottella, con l'aggiunta di qualche fetta di salame, per giunta.
La tattica di Pioli ha penalizzato Diaz. Lo spagnolo è stato costretto a giocare esclusivamente da regista offensivo, senza compiti di marcatura se non occasionali, ma molto lontano dalla porta. Le corse frenetiche del piccolo Brahim si rivelavano, così, sempre velleitarie e si arrestavano al massimo sulla trequarti, come certi fiumi torrentizi che, nella stagione calda, vedono l'acqua evaporare e si esauriscono prima di arrivare al mare. Lo stesso Hernandez, privo dell'appoggio di Leao sulla fascia, faceva fatica a sfondare, finendo per accentrarsi troppo anche rispetto alla sua tendenza a tagliare il campo in diagonale verso il centro. Più vispo ed efficace appariva il meno dotato Saelemaekers, che si alternava sui due diversi lati dello schieramento. Giroud, isolato in attacco, non ne ha presa una, ma nel complesso aveva il solo scopo di non far venire avanti i centrali dei Colchoneros.
Due grandi parate, una  di Tatarusanu e l'altra di  Oblak, sono state cassate dall'arbitro per irregolarità nell'azione. Nella fase calda del match, di cui si parlerà dopo, Bakayoko e De Paul hanno graziato gli estremi difensori battendo male a rete da buona posizione. Il vero brivido, tuttavia, lo abbiamo provato noi milanisti, quando Giroud, già ammonito nel primo tempo dopo una serie di sbracciate, ha commesso un fallo ingenuo, ma plateale, all'inizio della seconda frazione. Il signor Vincic, che l'anno scorso in Europa League era stato accusato di non aver espulso un giocatore dello United, ha applicato lo stesso metodo e si è rivelato comprensivo col centravanti rossonero.
E' rivelatore delle vere preoccupazioni di Pioli proprio il fatto che Giroud sia rimasto in campo già ammonito, nonostante ci fosse un Ibra scalpitante in panca. La decisione di impiegare lo svedese col contagocce è stata consapevole e rischiosa, anche se coerente con la tattica scelta che, tuttavia, è diventata obsoleta proprio contestualmente al fattaccio sfiorato da Giroud. A Liverpool, infatti, Thiago Alcantara aveva infilato un improbabile angolino, da grande distanza e fra centomila gambe. I Reds avevano, quindi, fatto saltare il banco ad Anfield Road, rovinando i piani di Conceição e segnalando a Pioli l'opportunità di un cambio di rotta.

Fino a quel momento, l'obiettivo qualificazione agli ottavi era rimasto sullo sfondo, come mera opportunità eventuale, da cogliere se si fosse presentata nel corso del match. Con il Porto sotto in Inghilterra, tuttavia, non si poteva più fare finta di nulla, per cui Pioli ha predisposto l'avanzata, anche se rimaneva deciso a risparmiare per altri minuti le forze e l'incolumità dei 3 big: Ibra, Bennacer e Leao.
Al 20' uscivano per rifiatare Kalulu e Tonali, sostituiti da Florenzi e Bakayoko. Usciva però anche Krunic per fare posto a Messias, in un evidente tentativo di dare più velocità al reparto avanzato. Ibra, dal canto suo, si stava scaldando, ma Pioli, sempre timoroso di perdere lo svedese per sovraccarico muscolare, nicchiava. Stava nicchiando troppo, tuttavia, perché la dea Eupalla decideva di dargli un pizzicotto facendo infortunare Giroud. In seguito a quell'infortunio, non c'era più motivo di attendere e l'avanzata delle truppe rossonere, ancora in fase di preparazione in vista del gran finale, è stata anticipata con l'ingresso della punta di diamante, Zlatan Ibrahimovic.
Come un esercito che avanza con ordine, senza fretta, occupando posizioni e creando teste di ponte, il Milan guadagnava metri, ignorando il cronometro. La sensazione, però, era che si stesse perdendo tempo prezioso e allora, poco dopo la mezz'ora, Pioli decideva di rischiare Bennacer, che riequlibrava la squadra, collegando molto meglio attacco e difesa rispetto a quello che stava facendo Diaz.

Abbiamo già detto dell'occasione di Bakayoko, troppo timido al tiro, come poco dopo lo sarebbe stato De Paul da posizione simile. La palla gol di Bakayoko, tuttavia, nasceva da un inserimento di Messias, che dava vita a un'incursione sulla sinistra e a un traversone rasoterra teso. Era lo squillo della carica, che accelerava l'avanzata.
Il brasiliano venuto da Crotone, sul quale aleggiava la diffidenza dei tifosi, dava vita a una partita personale con i Colchoneros, superando sempre l'uomo
, facendosi regolarmente atterrare e spingendo quindi l'Atletico sempre più indietro punizione dopo punizione.
A pochi minuti dalla fine era Kessie a inserirsi sulla fascia sinistra, come lo stesso Messias aveva fatto prima. La posizione defilata di Ibra disorientava la difesa spagnola, peraltro impreparata rispetto alla mobilità di Messias, che sorprendeva tutti. Il brasiliano si materializzava nella posizione di centravanti e lasciava di stucco il reparto arretrato madrileno. Il suo colpo di testa era una sentenza.
Nel finale Griezmann inventava l'occasione del pareggio madrileno, ma sul suo cross da destra Cunha era troppo al di qua del primo palo e per segnare avrebbe avuto bisogno di una torsione non agevole. Kjaer e Tatarusanu avevano, comunque, ridotto gli spazi disponibili.
Si attendeva ormai il tuffo in area di qualche giocatore dell'Atletico, che puntualmente arrivava quando Correa si esibiva in un volo carpiato. Vincic non abboccava. All'andata, Çakır aveva abituato troppo bene gli spagnoli, che questa volta sono rimasti con un palmo di naso.

Nelle interviste del dopo match, Simeone, nervosissimo per tutta la partita, è apparso visibilmente scarico e, come comprensibile, col morale sotto i tacchi. Ha, comunque, avuto l'intelligenza di abbozzare accettando il risultato del campo. Nei 2 confronti, visti i 180 minuti complessivi, il Milan sembra in credito. Va detto comunque che, nel match di San Siro, la responsabilità del risultato fu per un 50%  dell'inquietante Çakır, ma per il restante 50% lo fu della leggerezza di Kessie, espulso, e dei cambi avventati del Diavolo.
Il risultato di ieri è meritato al 100%, come era stata meritata sabato la sconfitta di Firenze.
I fattori che Pioli doveva  valutare nel preparare il match non erano univoci. Il Porto avrebbe potuto fare risultato contro il Liverpool già qualificato, vanificando qualsiasi vittoria milanista in Spagna. Lo schieramento dei Colchoneros, inoltre, era tale da rendere molto rischioso dare loro la superiorità numerica a centrocampo. La stessa vittoria di ieri potrebbe rivelarsi del tutto platonica, se fra un paio di settimane il Porto vanificasse un'eventuale impresa del Milan contro i Reds battendo l'Atletico. Visto infortunio occorso a Giroud, quindi, è stata una scelta razionale aver centellinato l'impiego di certi giocatori, nonché aver ritenuto più concrete le prospettive in campionato.
Certo, l'attendismo di Pioli è stato, come spesso accade, molto marcato e avrebbe potuto sancire l'eliminazione dei rossoneri già da ieri sera. Quando segni al minuto 87, sei andato molto vicino a mancare la vittoria. Tuttavia, le scelte del tecnico rossonero sono apparse razionali e logiche. Del resto, data la complessità del contesto in cui tali scelte sono state operate, qualsiasi altra opzione avrebbe avuto le sue controindicazioni.
Comunque vada, il Milan uscirà da questa Champions con dignità in un girone molto difficile e non è poco dal punto di vista dell'immagine. Inoltre, se i rossoneri dovessero  farcela, ne ricaverebbero un carico di entusiasmo di cui potrebbero giovarsi in campionato. E comunque Pioli ha sdoganato Messias di fronte ai tifosi, quasi tutti molto scettici. A mio avviso, se pure non era l'obiettivo principale per Maldini e Massara, il brasiliano non è mai stato un ripiego, come probabilmente è stato visto dalla famiglia Singer.

Per finire, inviterei la società a non trascurare i troppi infortuni. In passato si era parlato di sfortuna, ma considerando che in questo momento i guai sono tutti muscolari e i campi non sono ancora gelati, il lavoro dei preparatori e dello staff medico non può essere estraneo agli eventi. Ignorarlo sarebbe infantile e non aiuterebbe a crescere la società e la squadra, cosa che può avvenire solo affrontando e risolvendo i problemi.