Il rinnovamento del progetto tecnico bianconero con l’arrivo di Maurizio Sarri in estate è qualcosa che non si potrà mai obiettare: andava fatto. E forse è qualcosa che andava fatto anche prima. Perché a Torino vincere lo scudetto non basta più. In fondo per collezionare trofei nazionali (nonché eurodelusioni) andava benissimo anche Allegri, ma sono ormai un paio di decenni che, salvo qualche rara eccezione, il calcio ha definitivamente abbandonato l’ipertatticismo e moduli sparagnini per giocarsela con una mentalità offensiva. Che poi, le logiche di business che girano intorno a questo sport non possono di certo campare sugli 1 a 0 o giù di lì. Lo spettacolo farà sempre la differenza in un contesto globale, altrimenti si resta provinciali. Probabilmente il risultato conforta comunque il tifoso, ma l'appassionato cerca altro. Tuttavia, non sono solo le logiche di spettacolarizzazione di questo sport ad imporre un calcio più potabile, perché non è forse vero che fare una cosa bene aiuta a farla anche meglio? Sembra piuttosto banale, ma giocare con intensità nella metà campo avversaria alla ricerca della goleada (e magari della “manita”) è meglio che gestirla appena davanti la propria area di rigore, sperando di indovinare il contropiede o aggrappandosi alla giocata del singolo. In Italia poi, per le big di turno, eventualmente ci sarebbe anche il VAR a risolvere i problemi. Ma in Europa non basta, con buona pace di chi si esalta per il rilancio del 532 a 10 milioni l’anno e che, nonostante la rinnovata lotta per lo scudetto, nasce già come un progetto vecchio, buono per un titolo nazionale (forse ), o poco più. Ecco quindi che la Juve decide di affidarsi a Sarri per offrire un profondo lifting alla Vecchia Signora, in modo da donarle una passerella anche fuori dal contesto nazionale (leggasi provinciale). Eppure, chi si aspettava di vedere già nei primissimi mesi una splendida valchiria, dovrà pazientare ancora un po’. Grazie ai disastri del buon Paratici, questa Juve pare piuttosto una “milf”.

Eh già, scagiono del tutto (o quasi) il buon Maurizio che, per accompagnare la Juve in questo nuovo percorso, ha perfino cambiato look, meno rozzo e più appropriato allo stile bianconero. Al resto comunque doveva pensarci Paratici, e fin qui non si è dimostrato all’altezza del nuovo incarico - da plenipotenziario - cucitogli addosso da Agnelli. Alla Juve servivano investimenti mirati soprattutto nella metà campo, ovvero la zona nevralgica che fa “girare” la squadra. Dove l’eredità di Allegri, con la sua visione di calcio compassato e stitico, lascia tutt’oggi una Juve povera di dinamismo e di fosforo. Poi andavano ritoccate le fasce d’attacco (e no i terzini). Aggiungo che Sensi e Barella avrebbero fatto comodo, anche solo il secondo per staccare finalmente la spina a Matuidi. Ma poi se il sogno era una mezzala come Zaniolo (che può giocare con efficacia in tutti i ruoli tra la mediana e l’attacco), non ti fai sgamare da tutto il mondo lasciando un “pizzino” al ristorante. Immaginate voi quale generale svela le strategie d’attacco ai suoi avversari. Sarebbe da processare e degradare lo stesso giorno. E se è vero che il calcio, pur non essendo propriamente un gioco, non è nemmeno una guerra, perdoniamo a Paratici questa leggerezza da dilettanti. Magari al ristorante avrà esagerato col Barbera. Tuttavia, se la Roma saputo degli intenti bellicosi su Zaniolo si trincera in difesa, ecco che Ramsey da solo non basta. Perché oltre alla fragile tenuta fisica (anche se poi con la nazionale gioca 90 minuti e segna), viene considerato da Sarri troppo leggerino se schierato da mezzala vicino a Pjanic. Di conseguenza lo prova da trequartista alternandolo con Bernardeschi (giocatore incumpiuto). In ogni caso, nella mediana arriva anche Rabiot, anche lui come Ramsey a parametro zero (si fa per dire). Eppure, Rabiot cosa centra col gioco di Sarri lo sa solo Paratici; probabilmente sarebbe stato perfetto per il centrocampo di Allegri. Per il resto si prova a valorizzare Bentancur: e questa sì, è una buona notizia.

La gestione Emre Can invece è piuttosto discutibile. Passando all’attacco, le strategia bianconere, sia in entrata che in uscita, hanno prodotto più danni che benefici. Intanto, se hai intenzione di privarti di alcuni profili non più funzionali al nuovo progetto tecnico ma non ci riesci, e quindi sei pure costretto a pagargli “profumatamente” la tribuna (e la pensione), vuol dire che hai toppato da qualche parte. Inoltre, non si può negare che Dyabala e Higuain, per quanto una fortuna averceli ancora in rosa, dopo averli proposti a mezza Europa rappresentato comunque il ripiego di un progetto mal riuscito. Sono convinto che nelle intenzioni di Paratici (e di Sarri) ci fosse Chiesa, ma stavolta credo che il suo mancato acquisto sia imputabile solo al cambio di proprietà dei viola. Infatti, il giocatore pare avesse già un accordo con la Juve, e sarebbe stato perfetto per il tridente di Sarri. Anche se qualche tifoso juventino storce un po’ il naso sulla bontà delle qualità dell’attaccante della Fiorentina, probabilmente per mero pregiudizio. Chiesa attacca gli spazi, salta l’uomo e, soprattutto, vede la porta. Al contrario del funambolico D. Costa che difficilmente segna, e troppo spesso non vede nemmeno il campo (purtroppo). Forse nei pensieri del mister c’era un tridente composto proprio da D. Costa CR7 e Chiesa, con Ronaldo pronto a scalare a sinistra (ma solo all’occorrenza) per far spazio ad una punta, ovvero uno tra Higuain o Mandzukic. Perché averceli entrambi come riserva non avrebbe avuto senso.

Dybala invece non si sposa benissimo con i moduli che Sarri predilige. Col 433 o col trequartista bisogna lavorarci un tantino, sebbene stiamo parlando di un talento cristallino, purissimo. Perfetto invece come seconda punta o col 4231 a ridosso di un attaccante (ma Pjanic è intoccabile per Sarri). Per questo sono convinto che Dybala, benché rispetto al passato giochi meglio e più vicino la porta, resti comunque un diamante grezzo e, di conseguenza, Paratici avrebbe voluto ricavarne una sostanziosa plusvalenza. Se ne riparlerà evidentemente la prossima estate, proprio per quei dettami tecnici sopra indicati. Contrariamente a centrocampo e attacco, la difesa pareva essere a posto cosi già dal ritiro. Con Chiellini e Bonucci titolari, Rugani e Demiral come riserve, nonché De Sciglio e Emre Can come soluzioni d’emergenza, la zona centrale dava ampie garanzie. Sugli esterni, a destra con Cancelo e De Sciglio e a sinistra con Alex Sandro e Spinazzola, si potevano vantare giocatori dalle qualità tecniche differenti, da sfruttare a seconda del tipo di gara. Infine, con Szczesny tra i pali e Buffon come riserva, si andava a completare un reparto che forse non necessitava di alcun ritocco.

Invece Paratici ci ha messo mano con l’investimento più importante di tutta la sessione estiva: De Ligt. Mai e poi mai mi sentirei di bocciare la prima volta che, dopo tantissimi anni, la Juve riesce strappare un profilo giovane e internazionale ai top club d’Europa. Tuttavia avrei investito in altre zone del campo. A chi invece benedice l’arrivo dell’olandesino con l’infortunio del capitano, rispondo che non sono convinto che Demiral (nonostante mezza partita sbagliata) o Rugani avrebbero fatto poi così peggio di De Ligt in questi primi mesi. Forse sarebbe bastato cautelarsi con un profilo più esperto, nonché meno costoso, per eventuali emergenze. Inoltre, Paratici decide di ritoccare anche le fasce scambiando Cancelo per un De Sciglio brasiliano, Spinazzola per un Pellegrini da dare in beneficienza, sperando che non gli venga mai un raffreddore ad Alex Sandro. Detto questo, attendo con ansia di conoscere le strategie di Paratici già nel mercato di riparazione, perché di questo si tratta. Tra l’altro cosa nuova rispetto al recente passato, dove spesso a gennaio una Juve, sicura e al riparo da eventuali sorprese in campionato, pensava soprattutto a pianificare la prossima stagione. Perché se qualcosa per i bianconeri ancora non gira, non è certamente per colpa del mister. In fondo Sarri, tra plusvalenze, parametri zero e giocatori fuori progetto, prova a dare un’identità nuova alla Juve, nonostante la confusione generata proprio da Paratici.